
– È il primo giorno di primavera, Annarita.
– È il primo giorno di primavera, Ferruccio.
E anche quest’anno il rito è compiuto. L’antica promessa pagana ha preso forma, riscaldando in loro la certezza di aver tenuto fede a qualcosa di soprannaturale.
Certo vi è stato qualche particolare fuori posto: le voci arrochite dal tempo, o dall’emozione di trovarsi finalmente di fronte; la forza e la pervasività di una canzone oggi ancor più viva nelle loro menti; l’esitazione (visibile nell’accento carico di sentimento appoggiato sul nome altrui) nel riconoscere la primigenia gerarchia di fede dopo decenni dedicati alle rispettive missioni di vita.
Nella canonica del paese che li ha cresciuti in una fanciullezza carica di ideali e promesse dirette al e dal futuro, riescono ora, trapassati gli anni, a guardarsi finalmente negli occhi.
Le mani di Ferruccio si rifugiano in quelle di Annarita, portando una primula e Annarita ha un piccolo cedimento al ginocchio destro. Ferruccio allunga la mano e l’avambraccio a sostegno del gomito di Annarita e lei veloce raggiunge con la mano libera la spalla di lui.
In un attimo si accorciano tutte le distanze. Non rimane che accennare un passo di valzer.
– Non mi hai detto cosa ci fai qui.
– Avevo espresso il desiderio di morire circondato dai canti dei nativi. Figurarsi! Sono stato strappato dalla Missione e riconsegnato al luogo di partenza. Ora sono un vecchio parroco che non potrà far troppi danni, dato il dolore per la privazione del sogno e l’età avanzata. E tu?
– Sto terminando la conta dei beni di famiglia al fine di lasciar l’eredità alle consorelle. Per convincermi della necessità del gesto, nell’ultimo decennio mi hanno spostata dall’educativo al gestionale. Una vecchia suora senza parenti non può che pensare alle giovani bisognose di mezzi e aiuti.
Si sorridono. I passi di danza continuano. La musica si consolida tra le menti. Lo sguardo complice fotografa un pensiero comune.
– È il primo giorno di primavera, Annarita.
– È il primo giorno di primavera, Ferruccio.