Sezione del quadro di Arnold Böcklin Die Toteninsel III (Alte Nationalgalerie, Berlin) (Immagine presa qui)
“…Esiste una foto raffigurante Hitler nel suo studio, in compagnia del Ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Michajlovič Molotov e del Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop, uomini di stato che avevano sottoscritto il patto di mutua non aggressione tra Germania Nazista ed Unione Sovietica: ebbene, sulla parete è visibile proprio l’Isola dei Morti.[7]…” [testo tratto da qui]
Ascoltiamo di continuo i morti, le loro voci registrate, leggiamo le loro poesie scritte. Vediamo i loro video immortalanti vite e opere. Sono morti, ci hanno lasciato una parte di loro e non c’è nulla di male nel chiamare la realtà con il proprio nome.
Oggi chiederò a un morto di aiutarmi con il tema PAURA E AMORE.
Paura e amore
Bill Hicks E’ solo un giro di giostra!
per approfondire e non dimenticare…
Il contenuto potrebbe non essere indicato ai minori e a chi non ama la satira su temi religiosi, sessuali e di genere. Buona visione agli altri.
Ti salvo la vita, piccola, ci penso io. Poi la tua vita diventa mia. Anche quelle dei tuoi discendenti.
Mi è tutto dovuto, con quel che ho speso!
Mammammerica vuole ch’io sia una portaerei nel Mediterraneo per tutte le sue guerre in differita. Mammammerica ha sempre ragione.
Mammammerica mi ama come si amano le colonie: possiamo pure crepare tutti.
Cosa dite? Non è il caso di fare sarcasmo? Sono un’adolescente che si crede furba e che non ha ancora compiuto il suo rito di passaggio, l’emancipazione?
E cosa dovrei mai fare?
Smettere di obbedire? Responsabilizzarmi? Diventare una nazione con il coraggio del ripudio della guerra? Dovrei rinunciare al guadagno da produzione d’armi? Dovrei disintossicarmi?? Dovrei diventare neutrale???
Non ho abbastanza autostima.
Mi crogiolerò nella paura, che basta e avanza.
David Bowie – I’m Afraid of Americans (Official Music Video) [4K Upgrade]
I’M AFRAID OF THE AMERICANS – HO PAURA DEGLI AMERICANI
(Music Bowie/Eno – Lyrics Bowie)
Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Low tech at the wheel Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Nobody needs anyone They don’t even just pretend Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America CHORUS I’m afraid of Americans I’m afraid of the world I’m afraid I can’t help it I’m afraid I can’t I’m afraid of Americans Johnny’s in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny wants a brain Johnny wants to suck on a Coke Johnny wants a woman Johnny wants to think of a joke Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh CHORUS I’m afraid of Americans Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Johnny looks up at the stars Johnny combs his hair And Johnny wants pussy in cars Johnny’s in America, uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh I’m afraid of Americans Johnny’s an American Johnny’s an American CHORUS Yeah, I’m afraid of Americans I’m afraid of the words I’m afraid I can’t help it I’m afraid I can’t I’m afraid of Americans God is in America God is in America God is in America, uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uhStinky weather, Fat shaky hands Dopey morning Doc, Grumpy gnomes Little wonder then, little wonder You little wonder, little wonder you Big screen dolls, tits and explosions Sleepytime, Bashful but nude Little wonder then, little wonder You little wonder, little wonder you I’m getting it Intergalactic, see me to be you It’s all in the tablets,
Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Bassa tecnologia al volante Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Nessuno ha bisogno di nessuno Non fanno neanche finta Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America RITORNELLO Ho paura degli Americani Ho paura del mondo Temo di non poterci far nulla Temo di non potere Ho paura degli Americani. Johnny è in America. Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny vuole un cervello Johnny vuole scolarsi una Coca Johnny vuole una donna Johnny vuole pensare ad uno scherzo Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh RITORNELLO Ho paura degli americani Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Johnny guarda in su verso le stelle Johnny si pettina i capelli E Johnny vuole la fica in macchina Johnny è in America, Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Ho paura degli Americani Johnny è Americano Johnny è Americano RITORNELLO Si, ho paura degli Americani Ho paura delle parole Temo di non poterci far niente Temo di non potere Ho paura degli Americani Dio è in America Dio è in America Dio è in America, Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh
Questo è un raccontino di Ivano f e ha provocato in me una serie di pensieri circonflessi. Non poteva essere altrimenti: è colpa di quel suo sguardo lucido, della rara abilità nel creare situazioni solo all’apparenza normali e solo all’apparenza surreali.
Ivano f è colpevole, Vostronorevoleonore, sì, di far pensare, avvicinando incautamente il mondo del possibile e dell’impossibile, o meglio, dell’impensabile, o meglio del “e chi le vuol pensare?”.
Entra in scena un povero guitto in jeans e maglietta blu della Pfike, forse l’unico sano disponibile. Non può avere più di vent’anni ed è magro magro, ha le guance scavate e la testa ricoperta di riccioli neri. Tiene in mano un foglio a quadretti. Fa due passi in avanti Mi hanno detto… e si ferma, si volta all’indietro e resta in ascolto, poi si rivolge di nuovo alla sala e dice Buonasera… No un momento non mi hanno detto buonasera, volevo dire… Avete capìto dài… Forse lei no rivolgendosi a un’anziana signora in prima fila ma spero tanto in voialtri.
Il teatro è pieno solo per metà, gli altri hanno giustamente approfittato di quella pausa in mezzo a sei ore di storielle edificanti per sgranchirsi le gambe. Gli spettatori rimasti si scambiano opinioni, si lamentano di qualcosa o sono al telefono con le babysitter. In pochi danno un’occhiata al palco, e sono occhiate poco rispettose verso quel tale, che sembra uno stagista buttato nella mischia in mancanza d’altro.
Il ragazzo avanza verso il centro del palco e intanto dice Mi hanno detto di leggervi una cosa e… chi sono io per oppormi? Nessuno! grida un tale dalle ultime file. Grazie, grazie davvero, troppo zelo, nessuno sono, stavo per dirlo eh. In realtà non è che mi hanno detto, me l’ha detto Giuseppe che come sapete… ah non lo sapete, giusto, anche lui è… e con un gesto invita a intervenire il tale di prima, che si fa trovare pronto: Nessuno! L’hai detto tu eh. Dato che non sapete niente vi dico io che Giusè ha una figlia… ma qui si va per le lunghe quasi quasi mi faccio portare una sedia. Mariooo! grida Sì sì lo so che state pensando “ah questi giovani d’oggi sempre stanchi” ma dovreste provare a essere giovani oggi, intanto, poi in realtà io non sono “igiovanidoggi”, c’avrò i miei difetti ma sono roba tutta mia. Mariooo! Quanto ci mette ogni volta oh. Ah, eccolo. Dài dài!
Dalla sinistra entra in scena un tizio sulla sessantina in giacca e cravatta. Tiene la sedia con due mani davanti a sé e avanza a piccoli passi incerti, come temendo che con un’andatura più spedita possa lacerare i pantaloni. Finalmente posiziona la sedia sopra alla stellina dipinta sul palco, poi rimane per un po’ in piedi lì accanto, a fissare la sala che nel frattempo si è riempita quasi del tutto. Il taglio cadente dei suoi occhi scuri ha un che di rettilesco, e si esibisce in un inquietante mezzo sorriso sbilenco. Dài Mario basta, non sono qui per te, me li spaventi. Mario si gira e si incammina con la stessa flemma di poco prima. Non correre Mario, pensa a me. È spericolato, mi fa venire il batticuore. qualche timida risata Un applauso per Mario! ma niente di tutto questo Ah è così? Peggio per voi, non sembra ma Mario è un permalosone. Si siede.
Ooh finalmente. Allora. Per colpa di Mario non mi sono ancora presentato. Io sono Davide, è facile da ricordare, Davide contro Golia, avete presente? Beh lui almeno aveva la fionda io ho solo questo foglio e non lo so mica se basterà ma fate una prova fra due mesi e vediamo cosa vi ricordate di questa serata… Dicevo che Giusè ha una figlia molto carina, Francesca, che io chiamo la France, e non vi dico come la chiamo in altri momenti… Scherzo Giusè! Non sapete cosa sto rischiando, è un bestione permaloso. Pure lui! Pure lui sì, immaginate il mio ambiente lavorativo, la sedia mi serve anche per difendermi… Insomma la France ha scritto questa… poesia? questi versi, meglio, e il suo babbo ci tiene tanto a farveli sentire, che tenero. Comincia così: “Fu sera ma tardava la mattina” e io mi sarei fermato qui, ha il suo perché e allora perché, appunto, perché ostinarsi a proseguire? Ma sentitempo’. “tardava la mattina” e l’abbiamo detto “a svelare la tiepida luce, avvolta intorno alle cose” e come la chiude? “rugiada memore dell’Alto” Ma ragazza mia esci un po’ la sera, vedi qualcuno, fatti una vita e vedrai che non le scrivi più cose così. Ma in fondo io non ci capisco niente di poesia, e posso forse rifiutarmi di leggere questa cosa? Noooo! da almeno metà dei presenti. Grazie del sostegno eh, sono commosso. Allora andiamo avanti. “Tardava la mattina” Ancora! È chiaro che sapeva di avere un pubblico di una certa età… “Tardava la mattina incatenata, ma un canto morbido e gioioso” Morbido! “parlava ai cuori di chi c’era, quando si credeva alle mattine” E ok, sei in qualche modo arrivata fino a qui, però ora basta, no? Forse è un po’ colpa mia, avrebbe avuto meno tempo per questo se le avessi dato tutto quello che mi chiedeva ma gente,ve lo dico sinceramente, un po’ mi faceva paura, era insaziabile… Sto scherzandoooo! Giusè, hai capito? È solo uno scherzo. fa l’occhiolino al pubblico, che si concede qualche risata Allora, Giusè conosce bene sua figlia eppure anche scherzando gli ho messo in testa qualche dubbio. Immaginate quanti dubbi si possono mettere in testa riguardo a degli sconosciuti, immaginate che qualcuno vi dica che io sono un pericoloso sovversivo, che qualcuno mi paga per fare quello che faccio. In effetti non sarebbe male essere pagato ogni tanto. qualche risata
Ma il nostro tempo è quasi finito e allora arriviamo fino in fondo. “Ghignavano le grigie nubi, tese e gonfie come rospi, e piovvero non capendo, e svanirono piovendo” punto e fine. Mi sembra tutto poco concreto, poco carnoso, e non abbastanza alto, una cosa a metà strada come se ne trovano ovunque diciamo, ma se l’ho letta è perché dimostra che la France ha occhi per vedere, orecchie per sentire, e un cuore per giudicare, e tanto mi basta. Anche se sembra un po’ forzato, manieristico… Questa l’ho imparata oggi, suona bene vero? Insomma si capisce cosa vuole dirvi, lo so che siete intelligenti ma siete anche abbastanza svegli? Lei non credo guardando la signora anziana ma su di voi potrei anche scommettere. Forse vi hanno convinto a stare seduti, vi hanno detto che il soffitto è basso e che se vi alzate in piedi sbatterete la testa, ma non vorreste provare a vedere se è davvero così? Mariooo! Sei pronto per il finale? È una settimana che lo proviamo ma è un po’ duro di comprendonio qualche risata. Davide comincia a piegare il foglio da cui ha letto. Le parole sono importanti, certo, ma forse non è importante che siano le parole esatte, forse è più importante il loro senso, quello che mostrano, gli ingranaggi che mettono in movimento nella testa. Non ci vedremo un’altra volta ma fra due mesi, fra due anni qualcuno… non lei magari facendo l’occhiolino alla solita signora anziana ma qualcuno almeno si ricorderà non delle parole precise da citare, ma che è sempre possibile guardare le cose con onestà, coi propri occhi, col proprio cuore, e trovare da sé le parole, le proprie parole. E ora il tanto atteso finale! Mario entra in scena, seguìto da due poliziotti. Davide ha trasformato il foglio in un aeroplano di carta e lo lancia verso il pubblico: non fa molta strada, si ferma a due metri dalla prima fila. Mario compie un passo in quella direzione ma una signora si alza e va a raccogliere l’aereo. I due si fissano per almeno un minuto, poi Mario si volta e fa un cenno con la testa a Davide, che si alza in piedi, e allora anche tutto il pubblico si alza in piedi. Sul volto di Davide compare il sorriso stanco di chi ha appena concluso una giornata di lavoro duro e appagante, ma quando i poliziotti lo portano via nessuno si muove. La signora dispiega l’aereo di carta ma per quanto se lo rivolti fra le mani la sostanza non cambia: il foglio è immacolato.
Entra in scena un povero guitto in jeans e maglietta blu della Pfike, forse l’unico sano disponibile. […]
Giuseppe Verdi – La forza del destino – ‘Pace, pace mio Dio’ aria (Anna Netrebko; The Royal Opera)
SCENA VI
Presso la grotta di Leonora. Valle tra rupi inaccessibili, attraversata da un ruscello. Nel fondo a sinistra dello spettatore è una grotta con porta praticabile, e sopra una campana che si potrà suonare dall’interno. La scena si oscura lentamente; la luna apparisce splendidissima. Donna Leonora, pallida, sfigurata, esce dalla grotta, agitatissima. Leonora
LEONORA Pace, pace, mio Dio! Cruda sventura M’astringe, ahimé, a languir; Come il dì primo Da tant’anni dura Profondo il mio soffrir. L’amai, gli è ver! Ma di beltà e valore Cotanto Iddio l’ornò. Che l’amo ancor. Né togliermi dal core L’immagin sua saprò. Fatalità! Fatalità! Fatalità! Un delitto disgiunti n’ha quaggiù! Alvaro, io t’amo. E su nel cielo è scritto: Non ti vedrò mai più! Oh Dio, Dio, fa ch’io muoia; Che la calma può darmi morte sol. Invan la pace qui sperò quest’alma In preda a tanto duol. Va ad un sasso ove sono alcune provvigioni deposte dal Padre Guardiano Misero pane, a prolungarmi vieni La sconsolata vita … Ma chi giunge? Chi profanare ardisce il sacro loco? Maledizione! Maledizione! Maledizione!
Non so, è tutto talmente rumoroso, stupido e dogmatico… io non odio e non temo quest’uomo.
Io non odio in genere.
Un’ora in compagnia di Fedor è certo meglio di un’ora in compagnia di televisivi aizzatori.
Fatevi un regalo: buon ascolto!
(Nel frattempo ringrazio WordPress.)
Il sogno di un uomo ridicolo – di Fëdor Michajlovič Dostoevskij –
@SinusRoris propone un approfondimento da leccarsi i baffi (e qui si compie il balzo nella cronaca! Per chi non ne fosse al corrente propongo di cercare in rete le parole Paolo Nori università censura).
– È il primo giorno di primavera, Annarita. – È il primo giorno di primavera, Ferruccio.
E anche quest’anno il rito è compiuto. L’antica promessa pagana ha preso forma, riscaldando in loro la certezza di aver tenuto fede a qualcosa di soprannaturale.
Certo vi è stato qualche particolare fuori posto: le voci arrochite dal tempo, o dall’emozione di trovarsi finalmente di fronte; la forza e la pervasività di una canzone oggi ancor più viva nelle loro menti; l’esitazione (visibile nell’accento carico di sentimento appoggiato sul nome altrui) nel riconoscere la primigenia gerarchia di fede dopo decenni dedicati alle rispettive missioni di vita.
Nella canonica del paese che li ha cresciuti in una fanciullezza carica di ideali e promesse dirette al e dal futuro, riescono ora, trapassati gli anni, a guardarsi finalmente negli occhi.
Le mani di Ferruccio si rifugiano in quelle di Annarita, portando una primula e Annarita ha un piccolo cedimento al ginocchio destro. Ferruccio allunga la mano e l’avambraccio a sostegno del gomito di Annarita e lei veloce raggiunge con la mano libera la spalla di lui.
In un attimo si accorciano tutte le distanze. Non rimane che accennare un passo di valzer.
– Non mi hai detto cosa ci fai qui. – Avevo espresso il desiderio di morire circondato dai canti dei nativi. Figurarsi! Sono stato strappato dalla Missione e riconsegnato al luogo di partenza. Ora sono un vecchio parroco che non potrà far troppi danni, dato il dolore per la privazione del sogno e l’età avanzata. E tu? – Sto terminando la conta dei beni di famiglia al fine di lasciar l’eredità alle consorelle. Per convincermi della necessità del gesto, nell’ultimo decennio mi hanno spostata dall’educativo al gestionale. Una vecchia suora senza parenti non può che pensare alle giovani bisognose di mezzi e aiuti.
Si sorridono. I passi di danza continuano. La musica si consolida tra le menti. Lo sguardo complice fotografa un pensiero comune.
– È il primo giorno di primavera, Annarita. – È il primo giorno di primavera, Ferruccio.
I Dik Dik – Il Primo Giorno Di Primavera (ORIGINAL 1969)
Mentre vi auguro una progressiva e crescente lontananza dai video, propongo a tutti coloro che abbiano deciso di piantar patate di porre l’attenzione su nuove e inaspettate evenienze… (Allegrooooo, occhiooooo!)
Ero lì, per caso, pensando agli affari miei ed è successo: l’occhio è caduto dove il dente ha doluto (ok, ok, io e la banca viviamo un momento condito con qualche dissapore, ma non ho iniziato io!).
Cioè, ero proprio lì, in piedi, guardando un muro a occhi persi e a un tratto il muro ha preso forma, anzi, forme. E questa è la prima.
Non importa da dove provenissero gli amici. Non importa dove andranno oggi.
Diciamo che dopodomani partiranno per raggiungere altri continenti e che questa mattina, nel caso, raggiungerò l’amica sensibile ai solfiti per farle passare il mal di testa dovuto al vino.
Oh, benedetto il vino! In vino veritas e quanto basta.
Ma si può ancora bere vino in compagnia di amici in questa Italia post-covid, post-guerra (perché la guerra ce la dimenticheremo in fretta, così come è stato per la ex Jugoslavia del resto; l’Ucraina ci farà un baffetto, al netto dell’impoverimento generale dovuto alla chiusura dei gasdotti), post-certificatosanitario (per andare a pisciare in un locale pubblico… ma davvero, dico, sembra normale a tutti pisciare solo tramite un certificato nominale di buona-sana e robusta costituzione?)?
Amen.
Ciò che ci siamo detti tutti quanti, volatilizzati i modi da buone maniere, resterà a vincolarci per il resto dei nostri giorni. Oh, sì. Evviva i vincoli tra amici!
Ma com’è possibile?
È possibile e tanto basta.
Nei periodi di estremo bisogno e di estrema chiarezza le forze si uniscono, le intelligenze si alleano, la positività si allinea. È una sensazione bellissima: la auguro a tutti.
Respirate amicizia, affidatevi e fatevi carico. Riscoprite chi vi vuole bene senza usarvi come metro di paragone per star meglio nel suo triste miglio. Apritevi agli altri, cazzo! O non si può? Allora state chiusi nei vostri cantucci, sterili, intimi, sufficienti a rassicurarvi fino a un aldilà tiepido, morbido e accogliente (perché così sarà per tutti, belli e brutti).
Questo testo è un omaggio alla voluttà e alla serietà che si porta appresso.
Questo testo è un inno alle personalità che si mettono in discussione e alle vite che si corrono incontro, rinunciando a qualcosa per approdare a visioni nuove e piene di energia e sorpresa.
Care mie e cari miei, l’amicizia travalica: certificati, leggiuole, tessuti protettivi alla bocca, divisioni create ad arte, bombardamenti pro o contro, sostanze inoculate o meno.
Spiace dirlo a chi ha deciso di morire prima della morte biologica, ma l’amicizia è così: una fottuta anarchica di merda!
Viva l’amicizia!
(E chi l’avrebbe mai detto, proprio io, proprio qui, proprio adesso. Ma chi cazzo se ne frega!)
P.S. : esaltare l’amicizia sarà motivo sufficiente di censura? Yeppppp!
Ho trovato un articolo che ben sintetizza il cambiamento che ho chiamato Era dell’Autorizzazione Perpetua (Ondivaga Capricciosa Umorale Sadica Vendicativa)!
“È noto come la Commissione Europea avesse progettato sin dal gennaio 2018 l’implementazione di un pass sanitario per i cittadini UE (vaccination passport for EU citizens). L’intento dichiarato concerneva la mobilità tra paesi dell’UE e la “road map” che era stata proposta aveva il 2022 come data di implementazione definitiva.
Il fatto che questo progetto fosse inteso soltanto come limitazione agli spostamenti tra paesi non deve trarre in inganno circa la radicalità del progetto. Infatti è da tempo che le normative europee non contemplano alcuna distinzione netta tra la mobilità interna a ciascuno stato dell’UE e la mobilità tra stati, e dunque un passaporto vaccinale che potesse porre limitazioni alla mobilità tra stati implica di principio una legittimazione generale a porre limitazioni ad ogni mobilità territoriale, a qualunque livello.
È anche interessante notare che la proposta del 2018, una volta resa pubblica e commentabile dalla cittadinanza venne subissata da una debordante quantità di critiche, al punto che i commenti pubblici sulla pagina dedicata nel sito della Commissione Europea vennero bloccati nel marzo 2018.
Dopo questa accoglienza il progetto sembrava sospeso.
Ora, assumiamo ragionevolmente che la Commissione Europea ignorasse l’emergere futuro della pandemia di Sars-Cov-2. La domanda interessante da porre sotto queste condizioni è: quale era la ratio originaria di tale passaporto vaccinale? Questa domanda si impone perché:
1) nella legislazione UE un blocco alla libera mobilità è una cosa assai seria, implicando di diritto un’esclusione generalizzata ad accedere a luoghi e possibilità di lavoro;
2) non c’erano state nella storia europea degli ultimi cento anni eventi epidemici di peso tale da lasciar prevedere serie necessità di contenimento.
Dunque, perché spingere tale proposta, al tempo stesso ricca di implicazioni e priva di forti motivazioni sanitarie?
Per tentare una risposta dobbiamo chiederci quali sono le caratteristiche intrinseche di un tale passaporto, a prescindere dalla specifica, eventuale, emergenza sanitaria.
Un passaporto sanitario così concepito ha caratteristiche specifiche, del tutto diverse da qualunque altra “licenza” ordinaria.
Se desidero guidare un’automobile, o portare una pistola, farò una domanda per ottenere una patente di guida o un porto d’armi. Guidare o portare un’arma sono “poteri ulteriori” che acquisisco rispetto alle persone che mi stanno attorno, e tali poteri possono mettermi nelle condizioni di esercitare una minaccia verso il prossimo. Le relative licenze vengono perciò erogate a seguito di una serie di esami volti ad assicurare l’idoneità, la capacità e l’equilibrio di chi potrà in seguito circolare su un’automobile o con una pistola. Se desidero ottenere una facoltà supplementare mi sottopongo ad un esame che rassicura la collettività intorno alla mia capacità di gestirla.
Un passaporto vaccinale invece opera in modo inverso: anche se io non chiedo né pretendo nulla, esso mi sottrae alcuni diritti primari di cittadinanza, come i diritti di movimento o accesso, fino a quando io non abbia dimostrato di meritarli. Questo è il primo punto che deve essere sottolineato: qui siamo in presenza di una sottrazione di diritti generali della cittadinanza, e non di una richiesta personale di accesso ad ulteriori facoltà (come per le “licenze” di cui sopra).
In stretta connessione col primo punto sta il secondo: il passaporto vaccinale crea un’inversione dell’onere della prova. La situazione è tale che io ho accesso ai miei diritti di cittadinanza solo se dimostro di esserne degno, mentre nelle condizioni antecedenti io avevo intatti i miei diritti fino a quando non fossi stato dimostrato indegno di essi. Quest’inversione dell’onere della prova rappresenta un cambiamento di paradigma gravido di implicazioni: ora sta a me dimostrare di essere normale e di poter vivere in modo normale; e se per qualche motivo non sono in grado di dimostrarlo (foss’anche per un malfunzionamento tecnico), immediatamente ciò mi mette in una condizione di grave deprivazione (spostamenti, istruzione, salario, lavoro).
C’è infine una terza caratteristica decisiva: un passaporto vaccinale è concepito come testimonianza di una condizione intesa come durevole. La condizione di normalità (la non patologicità) è ora qualcosa che deve essere provato da ciascun soggetto in pianta stabile, a tempo illimitato.
È importante notare come la condizione emergenziale (reale o presunta) è stata sì richiamata per introdurre questo lasciapassare, ma non è stata più richiamata per definirne i limiti. La sua introduzione non è stata accompagnata da alcuna definizione delle condizioni sotto cui esso sarebbe stato tolto.
Anzi, nonostante ripetute sollecitazioni i governi che hanno adottato questa soluzione si sono sistematicamente rifiutati di chiarire sotto quali condizioni il lasciapassare sarebbe venuto meno in quanto superfluo.
In questi giorni si parla di “durata illimitata” per chi ha fatto la terza dose, e il punto importante di questa proposta non sta naturalmente nel numero delle dosi ritenute imperscrutabilmente bastevoli dai nostri esperti da avanspettacolo, ma nell’idea che comunque il meccanismo implementato rimarrà in vigore senza limite temporale. Quand’anche le condizioni specifiche per il conferimento del lasciapassare verde venissero allentate, tale allentamento sarebbe sempre revocabile, proprio in quanto è l’istituzione del lasciapassare in quanto tale a rimanere in vigore.
Veniamo così alla questione finale, quella determinante.
Non sappiamo quali fossero le intenzioni originarie per l’introduzione di questo lasciapassare nella proposta del 2018, ma abbiamo tutti gli elementi per capire che, quali che siano state tali intenzioni, tale dispositivo consente di esercitare un nuovo radicale livello di controllo sulla popolazione.
Immaginiamo due scenari.
Nel primo scenario tutta la popolazione accoglie senza fare resistenza questo dispositivo.
Se questo accadesse chi governa avrebbe mano libera per effettuarne ulteriori “upgrade”, estendendo le funzioni di un sistema così ben accetto. A questo punto qualunque “virtù” che venisse efficacemente rappresentata come “di interesse pubblico” potrebbe divenire una nuova condizione da dover provare su base individuale per avere accesso alle condizioni di cittadinanza normale.
Nel secondo scenario una parte della popolazione fa resistenza a questo dispositivo. Ciò permette a chi governa di presentare i “resistenti” come problema fondamentale del paese, come origine e causa dei malfunzionamenti e delle inefficienze che lo assillano. Se solo questi nostri concittadini fossero virtuosi e non renitenti, i problemi non sussisterebbero. Questa mossa sposta la responsabilità dalle spalle di chi governa a quelle di una sezione della società, concentrando l’attenzione pubblica su di un conflitto interno alla società.”
La luna questa sera ha un sorriso sghembo. Nasce e un po’ se ne vergogna. La vedo da qui, con il cielo che scurisce e l’imbarazzante assenza di stelle. È ancora più brillante.
Oggi posso solo regalare la visione all’Amica che so a occhi vuoti. Posso solo sperare che il chiarore la rapisca per qualche istante e si rifletta in quelle iridi perfette.
Otto Dix – La guerra durante un attacco di gas (immagine da qui)
Uff, mi è venuto a trovare il solito intervistatore. Ci ha già provato una prima volta, una seconda e la vanità mi ha fatto accettare anche il terzo incontro.
L’intervista è stata rilasciata in un fossato. Non chiedetemi, ma è sempre un buon posto, nella modernità (o post-modernità), per dissuadere un giornalista fighetto.
Intervistatore: «Che ci fa qui?»
endorsum: «Lo chiedo io a lei, che ci fa qui?»
Intervistatore: «Cerco notizie per il mio pubblico.»
endorsum: «Oh che notiziona ha trovato! Si sposti un attimo, devo piazzare i miei sacchi di sabbia.»
Intervistatore: «Ma cosa sta facendo?»
endorsum: «Cosa le sembra?»
Intervistatore: «Una trincea!»
endorsum: «Bravo, bravo, ha studiato.»
Intervistatore: «Ma è folle! Non sarà mica in guerra!»
endorsum: «Ah, non siamo in guerra, vero, mi devo essere distratta, sono solo due anni che ci riempiono di retorica militare. Ha visto che c’è uno con la penna sul cappello e che non se lo toglie nemmeno per dormire? E le assicuro che sta ricoprendo un ruolo civile.»
Intervistatore: «Ma la retorica è retorica, la guerra non è proprio una guerra vera. Sì, si usano parole d’ordine, provvedimenti da legge marziale, ma il nemico mica si vede.»
endorsum: «Non lo vede lei, scusi eh.»
Intervistatore: «Non si vede!»
endorsum: «Io lo vedo benissimo, anzi, li vedo benissimo.»
Intervistatore: «Ma, mi scusi, sorge un dubbio, contro chi è in guerra?»
endorsum: «I super ricchi, ovvio.»
Intervistatore: «Eh? E che le hanno mai fatto?»
endorsum: «Giù! Abbassi la testa! Mi considerano una mucca, ecco cosa stanno facendo. Resti giù!»
Intervistatore: «Eh?»
endorsum: «Oddio, devo spiegarle tutto? Ok. Mi considerano una docile mucca da latte da riempire di antibiotici. Lo sa che fine fanno le mucche? Costate e scarpe. Non fa per me.»
Intervistatore: «Ma… è una visione quantomeno originale. Certo non la macelleranno.»
endorsum: «Non al momento, ma stanno iniziando a dire che se respiro e defeco inquino. Se respiro e defeco c’è il riscaldamento globale. Quale crede che sia la soluzione?»
Intervistatore: «Bistecche e scarpe?»
endorsum: «Oh! Inizia a capire, ma prima mi devono spennare. Per spennarmi però devo volontariamente essere una pecora impaurita da un lupo.»
Intervistatore: «Quanti animali! Sembra…»
endorsum: «Mucca, pecora e gallina, sì la Chimera della vecchia fattoria.»
Intervistatore: «Che fantasiosa!»
endorsum: «Fantasiosa sarà sua sorella, giù la testa! Ecco un’altra decretazione d’urgenza! Con questa ordinano che chi non si vuole far mungere è interdetta dal diritto di malga estiva.»
Intervistatore: «Ma non sono i super ricchi a fare le decretazioni d’urgenza!»
endorsum: «Mh, indubbiamente la questione è interessante. Strano che lei non ci arrivi da solo: non hanno tempo per queste cose, devono far spese, passeggiare, guardare, desiderare e afferrare a basso prezzo, tipo il Danieli. Lei quando fa spese cosa si compra?»
Mi sono presa una pausa riflessiva. Il motivo è presto detto: la realtà mi turba e fatico un bel po’ a essere allegra e scanzonata. Non posso fingere che questo sia ancora il migliore dei mondi possibili.
Vorrei riprendere in mano tutti gli argomenti divertenti che ho messo sul tavolo nei mesi passati, ma prima devo necessariamente dire la mia.
Quindi iniziamo con una metafora che si presta a molte interpretazioni; a ciascuno la propria.
Buon ascolto! (L’esecuzione è super!)
IL TOPO NEL FORMAGGIO di IVAN GRAZIANI
Tu, stai lì fermo, stai lì fermo a guardia del bordello. Io, io vado su, bisogna pure divertirsi un po′. E dimmi, adesso hai fame? C’è lì pronto un carro di letame. E i grandi sentimenti sono brodo per i porci, il topo è nel formaggio. E poi che accidenti hai, non ti va la bella vita? Adesso, adesso, bisogna divorare adesso. Tu, stai lì inchiodato, inchiodato a guardia del sagrato. Io, io vado su, bisogna pure divertirsi un po′. E dimmi, dimmi, dimmi hai paura? La strada non ti sembra più sicura?
Parole appese a un gancio come quarti di vitello l’agnello è stato sgozzato, ma no, ma no, non era innocente. Conosceva la bella vita! Adesso, adesso, adesso, adesso, bisogna divorarlo adesso!
Il topo nel formaggio – IVAN GRAZIANI
Il topo nel formaggio – IVAN GRAZIANI
LA SCRITTA IN SOVRIMPRESSIONE SCOMPARIRÀ AL MINUTO 1.
Va bene il Natale, ma perché non anche il nuovo anno?
Ho trovato questo bellissimo alberello ultracorpale da @didiluce ed è talmente affascinante da risuonare come un azzurro augurio di serenità e nuove e belle cose. Mi si potrà dire: “gli auguri degli ultracorpi sono destinati a loro soltanto”. Vero, ma fa niente, mettiamoli insieme ai nostri e via a tutta dritta!
L’alberello quest’anno l’ho creato con due differenti immagini (l’ #ultracorpo in alto a sinistra ha detto che va bene così 😎) forse perché non ho avuto né tempo né ispirazioni migliore, ma forse, ancora più vero, è che lo spirito natalizio, che si esprime una volta all’anno, lo vorrei vedere sui visi e nelle azioni di ognuno tutti i giorni dell’anno.
Evaporata ha scritto un romanzo: UNA FORMULA PER LA LIBERTÀ. A me l’incipit ha messo fame… (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
Manuel Chiacchiararelli incarna la possibilità di cambiare vita, partendo da un viaggio non solo simbolico. WANDERING ITALIA -un viaggio per riprendersi la vita allungando la lista. (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
Trattoforte non poteva che mettere in fumetto la sua splendida storia d’amore. Indicatissimo per le personalità romantiche (ok, anche io sono romantica). ATTIMI PUCCIOSI. (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
2 – Balli!
OK, SÌ, OK 🙂
FATELO! UN CENTRO COMMERCIALE QUALSIASI E OSATEEEEEE!
UN… UN… COS’È? UNA SCUOLA? UNA SCUOLA! OSATEEEEEE!
3 – Canti!
4 – Passatempo!
Direttamente da LA BORSETTA DELLE DONNE ecco splendide decorazioni da costruire, donare e usare! Per le istruzioni cliccate qui.
DECORAZIONE DELLE FOGLIE: CANDELA IN BARATTOLO (immagine presa qui)
Mi è arrivato oggi a fine mattinata, ho iniziato subito a leggerlo e in poco più di 2 ore l’ho finito.
Finalmente questa è Paola, nel libro c’è tutta la sua vita, anche se ha voluto omettere, secondo me giustamente, alcune vicende molto crude e crudeli che non avrebbero aggiunto nulla di importante ma solo addolorato.
Questo è il racconto di una vita e del suo riscatto, questo sì che è un libro chiaro, scritto divinamente, in maniera fluida e comprensibile, che può davvero essere un libro di natura didattica perché può aiutare tanti bambini e ragazzini che si trovano in situazioni simili anche solo emotivamente.
Dico la verità, la biografia che hanno fatto anni fa non mi ha mai convinto fino in fondo, non ci ho trovato la vera Paola, se non in pochi passi, ma una favola molto romanzata e a tratti penso davvero esagerata.
Qui invece c’è davvero lei, la Paola che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare, con la sua fantasia e i suoi mostri con cui ha imparato a convivere e non a nascondere come invece fa la maggior parte di noi.
Trasformare il brutto, il doloroso e il crudele in un mondo in cui vivere e crescere e riscattarsi, questo è il messaggio del libro, questo è quello che è stata la sua vita, raccontata con armonia, con delicatezza, con cura ma senza astio e senza dolore come può fare solo chi è riuscito a fare i conti con il passato e a prendere consapevolezza di se stessa e della propria rinascita.
Un bellissimo libro che può essere un ottimo regalo di natale perché vero, senza romanzamenti inutili, chiaro e che ti lascia sereno e positivo con un ottimo messaggio, quello di non giudicare mai senza conoscere e di saper andare oltre tutto ciò che è convenzionale.
Il secondo libro in proposta è volutamente diverso, per non sovrapporre argomentazioni e interessi. Si tratta di un libro che qui non vi aspettereste mai, ma io seguo il suo blog e qualche volta ho messo in pratica i suoi ottimi consigli.
Sono felicissima di comunicarvi che potete trovare (oppure ordinare) in tutte le librerie della Liguria e su ordinazione nelle librerie di tutta Italia il mio libro “Tra basilico e peperoncino” De Ferrari editore.
Sapevate che postalmarket e vestro esistono ancora? Fino a ieri ero convinta che questi preistorici sistemi di soddisfacimento onanistico avessero lasciato il globo insieme alla pubertà dei più. Mi sbagliavo ovviamente.
Posty (diminutivo di comodo) campeggia impudico in almeno una edicola del centro di Brescia, credo sia per gli amanti di riedizioni del modernariato, ma non ho osato comprarlo, a causa di un’antico pudore tattile: quante sorprese di varia natura in quelle pagine!
Vestry non so, non l’ho cercato, ma un amico mi ha segnalato il sito, notando il mio entusiasmo incredulo.
Ecco, non so se li comprerete. Forse sì, forse no. A voi.
Questa non è una spazzola per lavarsi la schiena, è un RASOIO ALLUNGABILE con forma esplicita! Capirete quanto mi sia sentita trasportata in un luogo della memoria… Ma approfondiamo gli usi di un tale fantastico oggetto.
Certo, come ho potuto non pensarci? Problemi di schiena, di pancia, insomma, il maschio che si vuole depilare le gambe potrebbe anche avere qualche segno del tempo che passa.
dell’Eracle di Euripide diretto da Emma Dante – crediti fotografici: Tommaso Le Pera (immagine da qui)
Le Feste si avvicinano. Non posso non riproporre uno strumento fondamentale.
Buona lettura!
Giornata di preparazione alle Feste: la tragedia greca
Buongiorno. Grazie d’essere convenuti così numerosi.
– (coro) Buongiorno!
Siamo qui riuniti per affrontare uno dei più annosi problemi dello svolgersi delle festività. La comparsa della tragedia greca. Chi di voi la conosce?
– Io!
– Anch’io!
Bene bene. Chiediamo allora ai nostri due amici coraggiosi: che sembianze ha?
– Mia madre tra il primo secondo e il secondo secondo.
– Mio fratello allo scartamento dei regali.
Bene bene. Abbiamo così anche nome e cognome di questa tragedia. Ci sarà utile. Ora chiedo a chi non si è ancora pronunciato: pensavate fosse un’astrazione rappresenta da una forma teatrale? Non rispondete a me, prendete il secchio alla vostra destra e fate ciò che la nuova consapevolezza vi chiede. Avete 15 minuti per tornare puliti e profumati. (Rumor di sboccature.)
15 minuti dopo.
Ora siamo tutti allineati. In pochi hanno assistito a una rappresentazione scenica del mito: male! Avreste risparmiato i soldi dell’incontro! Purtuttavia, bene! Contribuirete alle lezioni di rap di mio figlio. Torniamo ai nostri coraggiosi. Quando la tragedia greca si presenta, provoca note reazioni a catena?
– Sì! Tutti si lamentano di sazietà, malori, sonnolenza e diventano a loro modo protagonisti!
Perfetto, da comparse a protagonisti…
– Tutti consolano mio fratello e guardano male chi quell’anno è il prescelto per l’accusa del regalo sbagliato!
Interessante sfoggio di potenza! Chiunque senta la necessità di liberarsi ancora fisicamente lo faccia. Chi di liberarsi urlando, inizi. (Rumor di corse ai bagni e ululati accompagnati da colorite parolacce.)
Eccoci di nuovo tutti insieme. Come state?
– (coro) Meglio! Bene! Così e così!
Bene bene. È il momento dell’istruzione salvifica. Prima però scrivete su un foglietto la vostra istruzione salvifica e mettetela nel bussolotto. Avete 5 minuti.
5 minuti dopo.
Ognuno peschi un foglietto dal bussolotto e lo consideri il suo Salvafeste. Chi ha un dubbio alzi la mano. Sì, perfetto, chiedi pure.
– Qui c’è scritto “trova una scusa plausibile e presentati senza regali”, ma è inaccettabile!
No, romperai l’abitudine distraendo fortemente il/la creatore/creatrice della tragedia. Qualcun altro? Dimmi pure.
– Qui c’è scritto: “non parlare, rutta”!
– Qui c’è scritto: “prima dello scatenamento dell’evento tragico prendi chi è seduto accanto a te e ballate un tango sensuale”!
– Qui c’è scritto…
Fermi, fermi ho capito. Quanto avete speso per l’incontro di oggi?
– (coro) 350 euro!
Bene bene, allora ora, salutandoci ripeterò per l’ultima volta: ROMPETE L’ABITUDINE E DISTRAETE! Grazie a tutti! Auguri! Ci vediamo a gennaio per la Giornata purga- festività!
Oggi ripropongo il nuovo gioco: inserirò un incipit e la fine di un testo (brevissimo, breve, medio, lungo, lunghissimo, boh, non lo decido mica io); chi sa dire cosa è successo in mezzo?
(Non è indispensabile scrivere un racconto fatto e finito, è sufficiente la trama.)
Buon divertimento!
INCIPIT – “Siediti qui, dai, non farmi il muso. Lo sai, non ho motivo di mentire ancora, semplicemente non posso più. Tra due ore sarà tutto chiaro. Preferisco approfittare di questa opportunità e comunicarti di persona che…”
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FINE – Marco si piegò in due e iniziò a singhiozzare. Lacrime calde caddero sulle ginocchia chiare. Poi rialzò il busto lentamente con il volto congestionato dal pianto, mescolò lo sguardo al cielo e iniziò una risata potente. Infinita.
endorsum
INCIPIT – “Siediti qui, dai, non farmi il muso. Lo sai, non ho motivo di mentire ancora, semplicemente non posso più. Tra due ore sarà tutto chiaro. Preferisco approfittare di questa opportunità e comunicarti di persona che…”
Kikkakonekka – Preferisco approfittare di questa opportunità e comunicarti di persona che la tua amica, quella cui fai il filo da 3 mesi, non ti degna di attenzione per un motivo molto particolare: lei è un maschietto, è un travestito. Hai capito?
Alessandro Gianesini – Siamo in un igloo: un inuit sta parlando col suo cucciolo di orso bianco e gli spiega che inizia la bella stagione.Non so cosa succeda di preciso nel mezzo, ma lui è avulso dall’abbronzatura!
Centoquarantadue – Non posso più mentire: tra due ore si autodistruggerà la mia scheda-madre. Non sono una donna, sono un robot, perfettamente somigliante a un essere umano, ma non ho emozioni. Per questo non posso e non potrò mai ricambiare i tuoi sentimenti. Mi dispiace che sia andata così, ho cercato più volte di dirtelo, ma non era facile.
inerro.land –Che sono pronto per la quarantaduesima dose, ma non ti nego che inizio a nutrire un vago sospetto… Ma, orsù, qui o si fa la dose o si muore!
Tony Pastel – Lei gli dice che non è la ragazzina che lui credeva, ma ha 80 anni e altrettante operazioni di chirurgia plastica, da ragazza faceva la ballerina nell’avanspettacolo, e per dimostrarglielo inizia a raccontargli una serie di barzellette sporche che ricorda ancora benissimo. Lui all’inizio si trattiene perché è un intellettuale di sinistra ma poi finisce per piegarsi in due dalle risate.
silvia – Se mi preoccupo per te e spesso ti rimprovero per come ti comporti, non è perché sono gelosa come credi tu, anche se è vero che ti amo….ma in un altro modo. Sono tua sorella, la tua sorellastra a dire il vero e nostro padre ci ha convocato in ospedale proprio per questo, per dirti la verità.
Raffa – Tra due ore avrà inizio l’invasione. Non potevo dirtelo: loro sentono tutto e mi avrebbero uccisa. La Terra sta per essere invasa e sottomessa dagli abitanti di Saturno, il mio pianeta. Quando mi hanno mandata in esplorazione non credevo che avrei finito per innamorarmi. Capisci ora perché insistevo che ti facessi iniettare il siero? Se accetterai di sottometterti e fare l’iniezione anche tu come tutti gli altri, avrai salva la vita, e potrai vedermi nel mio vero aspetto. Altrimenti per te non c’è futuro.
alemarcotti – Che se siamo su questa giostra è solo merito mio! Muovi il sederone e scegli il tuo cavallo!
FINE – Marco si piegò in due e iniziò a singhiozzare. Lacrime calde caddero sulle ginocchia chiare. Poi rialzò il busto lentamente con il volto congestionato dal pianto, mescolò lo sguardo al cielo e iniziò una risata potente. Infinita.
In questa giornata un po’ così, tra impegni di lavoro e voglia di qualcosa di buono, ho pensato di rendere omaggio ad Adriano pubblicando un suo pezzo immortale ( 😛 ).
“Ci siamo entrati comodamente in sei!!! Purtroppo Mignolo Cucciolo non possiamo portarlo.” – I sei nani a proposito della 600 multipla.
“Ci siamo entrati comodamente in sette!!! Poi la Stradale ci ha fatto una multa esagerata.” – Mignolo Cucciolo con sensi di colpa evidenti e motivati.
“Una macchina davvero robusta! Ci carico molti scatoloni grandi. Sul portapacchi una volta ne ho messi dieci!!!” – Un rappresentante di ovatta sul suo modello 600T fiammante.
La Fiat 600 Multipla è un apparato meccanico semovente costruito dal 1956 al 1966 dalla casa torinese FIAT in circa 170.000 esemplari, quasi tutti estinti, nonostante il feroce accanimento terapeutico di una masnada di meccanici depravati. Di fatto può essere considerata l’antesignana del moderno concetto di monovolume, ma all’epoca fu classificata come furgone che può trasportare degli esseri viventi dentro. Da questo concetto derivò la versione 600T (prodotto dal 1962 al 1964) destinata al “carico di merci ma senza esagerare“. Il nome venne poi ripreso dalla FIAT parecchi anni più tardi. La nuova Multipla offriva di serie ancora sei posti, era più brutta dell’antenata, ma ottenne lo stesso inspiegabile successo come taxi e come cassonetto per la raccolta differenziata.
La progettazione.
La progettazione fu affidata all’élite ingegneristica del Lingotto. Chiusi per tre mesi in una stanza alimentati con acqua e coda alla vaccinara, gli ingegneri elaborarono il disegno finale della vettura, non prima però di aver parlato con l’Arcangelo Gabriele e il fantasma di Rudolf Diesel. Dei sedici iniziali: tre si suicidarono col gas di scarico di una Bianchina, cinque riportarono danni permanenti all’apparato gastroenterico e quattro furono ricoverati alla clinica “Nostra Signora dello Sbrocco” a Superga. I superstiti ci misero due settimane per smettere di parlare in Swahili, poi presentarono ai vertici aziendali il progetto.
La plancia comandi era volutamente sontuosa. Lo scopo era di offrire un veicolo economico ma con allestimenti di gran lusso. Oltre alle due spie acqua e benzina, vennero messi persino gli indicatori delle frecce (sulla destra erano tutti d’accordo, per la sinistra ci fu un accanito dibattito che coinvolse le parti sociali). Gli altri punti cardine erano stati preventivamente fissati, subirono però lievi ritocchi per esigenze di natura tecnica.
Abitabilità. Doveva ospitare sei persone e le relative valigie, sarebbe stato il suo punto di forza. Dopo tre ore di acceso dibattito, fu scartata l’ipotesi di dotare il veicolo di una sega per tagliare le gambe ai passeggeri. L’idea geniale fu diminuire l’angolo tra seduta e spalliera dei sedili. Il passeggero poteva poggiare la testa comodamente sulle ginocchia e, ulteriore vantaggio, avrebbe potuto praticare autoerotismo orale senza difficoltà.
Sportività. La sua particolare forma a pompa di canotto, la rendeva appetibile agli amanti del mare. La versione cabriolet, una volta fuso il motore, poteva essere riutilizzata come biga attaccandoci un paio di cavalli e usata per le scampagnate.
Ecologia. Negli anni ’60 il problema inquinamento era sentito quanto oggi e, proprio come avviene nei nostri giorni, se ne fregarono assolutamente. Il capitolo fu depennato quasi interamente in 2 minuti e 37 secondi netti. L’unica conferma ci fu per la similpelle dei sedili (già utilizzata nella Fiat 500 dell’epoca), ritenuta non inquinante perché degradava in non meno di 400 anni.
Resistenza. Non potendo ancora effettuare i crash test, fu usato uno stratagemma. Uno degli ingegneri, sorteggiato tramite l’elaborazione delle ultime 50 estrazioni del lotto dalle quali risultò statisticamente il numero meno ricorrente compreso tra 1 a 16 (forse bastava “Ambarabaciccicoccò” o altra conta), fu dotato di un caschetto in alluminio che riproduceva il frontale della futura auto, fu alloggiato in una carriola e lanciato a spinta verso la parete. Quando il soggetto-cavia iniziò ad invocare Iside, si decise di abbandonare il test e prevedere sul davanti dell’auto due pratici e innovativi arieti in acciaio.
Il mercato l’aspettava da tempo.
Le preventive ricerche di mercato avevano valutato attentamente le esigenze di un buon numero di intervistati. I primi quattro avevano dichiarato: “Piuttosto che portare anche la suocera in vacanza mi taglio un piede“, gli altri due, invece, erano perplessi sull’impiego commerciale della vettura: “Se ha il motore di una 600 ci carico ‘sta minchia!!!“. A volte però bisogna credere nei propri sogni, anche se visionari. La macchina fu costruita lo stesso e porca zozza la vendettero!!! In effetti, il successo fu determinato dalla capacità tutta italiana di inventare l’incredibile per il proprio tornaconto. Alcuni usi particolarmente fantasiosi:
Anti-multa. La forma innovativa, che rendeva impossibile stabilire il davanti dal dietro e quindi il senso di marcia, impediva anche ai Carabinieri molto intelligenti di poter fare la multa.
Anti-pirata. Il questore di Napoli, stanco delle continue segnalazioni di corse clandestine con auto modificate, mise delle agenti travestite da suore su una 600 multipla e le fece girare per la città. La temibile accoppiata suora-600 scoraggiò anche i soggetti più ostinati.
Mezzo da rapina. I criminali non ci misero troppo tempo a realizzare che usando quel mezzo non sarebbero mai stati presi. “Chi potrebbe mai essere così idiota da farlo?“, questo era il fallace postulato della polizia sul quale i rapinatori basarono il loro successo.
Anti-rimorchio. Per non essere infastidite dal pappagallo di turno, le donne giravano liberamente con quel mezzo. Se capitava quello particolarmente cocciuto, bastava dire: “Ho comprato questa macchina perché ci porto i miei cinque figli“. Di norma il soggetto si dileguava accampando scuse del tipo: “Che belli i bambini!!! Ora mi spiace ma devo andare a studiare, domani ho l’esame delle urine“.
I modelli più venduti.
La FIAT puntava molto sul concetto, a quei tempi quasi rivoluzionario, di una autovettura destinata alle teste di al tempo libero, al camping e ai vari hobby, ovviamente senza perdere di vista l’impiego commerciale e come silos per lo sterco. Tra i modelli più richiesti:
Vaticano. Utilizzato molto come Papa-mobile e dal clero in generale, fu dismessa dopo l’attentato a Giovanni XXIII. Un bimbominkia, armato di fionda, lasciò partire un bullone che oltrepasso il monoblocco e finì per colpire il Pontefice nel culo. Dal giorno dello sfortunato episodio, i metal detector venivano disattivati al passaggio del Papa buono.
Spiffero. La celebre versione cabrio, tanto amata da pneumologi e produttori di sciroppi per la tosse. In caso di rottura del motore, l’interno diventava arredamento da giardino e la parte restante poteva essere usata come biga, legnaia o pitale.
Vagabondo. Vettura destinata agli spiriti indipendenti, amanti degli on the road e delle droghe pesanti. Questo modello aveva due soli posti, il resto era adibito a serra per la marijuana (fornita di serie) e, dopo il consumo, a scopatoio.
Cozza de mare. Un passo falso nell’inesauribile ricerca stilistica che caratterizza la casa torinese. Il disegno fu affidato a Sergio Pininfarina che elaborò il modello Spiffero, rendendolo più accattivante ed aerodinamico. Più tardi, arrivò la condanna del designer per plagio. Il giudice considerò fondata l’accusa della Piaggio di aver copiato il suo modello di punta Apecar.
Furgò. Orgoglio del settore veicoli commerciali, la capacità di carico era impressionante, proprio come la forma del veicolo. L’unica accortezza da usare, era di non fare le curve con velocità superiore ai 25 km/h, soprattutto in presenza di una scarpata. Tra i documenti da firmare durante l’acquisto, veniva proposta anche una assicurazione sulla vita o, in alternativa, un testamento.
Majala. Il modello preferito da agenti di commercio e stupratori seriali. Tra gli optional disponibili: gatto a nove code, calendario Playboy, Arbre Magique al profumo di topa, vibratore a pedali e una prostituta nigeriana (solo sulla versione Lusso).
I modelli speciali.
Sulla scia del boom economico, la FIAT concluse accordi vantaggiosi con la pubblica amministrazione. Erano anni di rinnovamento e i mezzi in dotazione, alcuni prototipi regalati nel 1873 da Karl Benz alla Regina Maria Vittoria di Savoia, cominciavano a dare segni di cedimento. I soldi per la ricostruzione del dopoguerra erano arrivati e, anche se stiamo ancora appena pagando gli interessi, dovevamo spenderli. La casa torinese presentò alcuni modelli:
Tassinaro. Con i suoi sei posti era il mezzo ideale per quel compito. A richiesta, il mezzo poteva essere dotato di un dispositivo sofisticato in grado di rilevare la presenza di turisti stranieri e far girare il tassametro al triplo della velocità. Andò a ruba.
Madama. Il crescente aumento della criminalità portò la polizia a dotarsi di mezzi adeguati. Il motore standard subì qualche ritocco e la madama poteva raggiungere i 190 km/h. Non venne però adeguato l’impianto frenante e, durante gli inseguimenti, capitava che la pattuglia superasse i malfattori e si schiantasse cinque isolati più avanti.
Ce la posso fà. Questo mezzo per trasporto malandati, aveva al suo interno tutto l’occorrente per salvare una vita umana, tranne un dottore che sapesse farlo perché non c’entrava.
Troppo tardi. Il veicolo viaggiava in alternativa al precedente, ma spesso lo seguiva pazientemente.
A volte ritornano.
Dopo oltre 50 anni, la Suzuki ha capito che l’umanità è finalmente pronta per le accattivanti forme della 600 multipla. Alcuni dirigenti nipponici, capitanati da Miskianto Kolamoto, si sono recati alla clinica “Grigi & Sereni (per quel poco che resta)” di Torino, dove hanno incontrato l’Ing. Alcide Imburrati Potta, l’unico superstite ancora vivente dei progettisti di allora. Dopo un esaustivo dialogo tecnico, si è passati alla firma di una liberatoria sull’uso dei disegni scartati nel 1956.
– Kolamoto: “Quindi lei partecipò alla stesura delle specifiche?” – Potta: “Ma tu, sei mio nipote o mio figlio?” – Kolamoto: “Perché cambiaste del tutto l’avantreno?” – Potta: “Michele, perché mi guardi con gli occhi stretti stretti? Hai finito i compiti?” – Kolamoto: “Ma che caz… Ingegnere, dovrebbe gentilmente firmare la liberatoria.” – Potta: “Aaah… è la pagella? Sei stato promosso? Bravo bravo!” – Kolamoto: “Ecco firmi qui!!! Grazie ingegnere.” – Potta: “Ciao Michele, domani porta una mela alla maestra!” – Kolamoto: “Sì, stia tranquillo… Arigato!” – Potta: “Rigatoni? Ma io volevo la lasagna… Suoraaaaa!!!“
Mentre preparo l’articolo dedicato agli ultracorpi, lascio qui degli oggetti che mi piacciono molto. Se ne adocchiate uno da regalare, o da regalarvi, fate che non sia il porta auricolari… no no, non dico altro, se no me lo soffiate.
Ho amici positivi da trent’anni all’HIV, quando ci vediamo c’è sempre il rituale scambio di baci e abbracci, stiamo bene insieme, loro vengono a mangiare da me e io da loro.
Sono sanissima e ho fatto il vaccino anticovid, quindi sono munita di super green pass; altri miei amici, persone tranquille, pacifiche, oneste, che hanno famiglia e lavorano non intendono vaccinarsi quindi non possiamo più frequentare insieme certi luoghi pubblici.
E allora si va a casa di uno o dell’altro, si mangia e si beve serenamente senza sputare odio o rancore addosso a nessuno.
Con queste splendide parole di Nadia, vi lascio meditare sulla semplicità delle cose belle e sulla bellezza delle cose vere e sulla verità delle cose sentite e sul sentimento. Soprattutto sul sentimento. Quando il sentimento è a fuoco, le soluzioni si trovano. (Grazie Nadia.)
Ringrazio le ragazze VIA Gra per aver esemplificato in modo così lucido l’argomento. Oggi continueremo da un secondo loro video e dalla canzone per indagare le prime esperienze che di una musa fanno una Musa.
In Come nasce una Musa abbiamo visto la genesi, ora ci occuperemo della crescita.
Le tre splendide Muse sono andate incontro al marinaio baffuto con fiducia ed entusiasmo, piene di curiosità e qualche resistenza. In questa fase il marinaio finalmente si connota e scopriamo un iconico Artista polimusico.
Mi piace ciò che oggi trovo scritto su Banter Republic. Pubblico prima la traduzione (sapete che viaggio a traduttori on-line); a seguire c’è il testo originale.
Viviamo in una società in cui le persone sono più offese dalle parolacce e dal dito medio di quanto non lo siano dalla fame, dalla guerra e dalla distruzione dell’ambiente. L’ordine del giorno è che le persone sono costantemente nervose dopo aver precedentemente seguito il permesso di vivere bugie. Una sovrapposizione nel disagio deriva in gran parte da un eccesso di comfort. Non sentirti a tuo agio a vivere una bugia.
Chiamano il bene il male e il male il bene. C’è chi si offende così facilmente da perdere la capacità di discernere sempre qualsiasi verità, e questo spesso deriva da una sorta di frenesia per mezzo del proprio pregiudizio mascherato. Tutto ciò che è importante è la verità. La verità non si preoccupa di essere messa in discussione. A una bugia non piace essere sfidata. Sappi questo, una bugia ripetuta mille volte è ancora una bugia.
Una situazione reale smaschererà sempre un falso amico. Se inciampi sui gradini della terrazza e il tuo amico non inizia a ridere così tanto che l’acqua esce dai suoi occhi, è ancora il tuo amico? Voglio dire che dopo ti porterà all’ospedale, ma non prima di essersi fatto una bella risata. Vorrei che le persone fossero come i soldi, così potrei esporele alla luce per vedere quali sono vere. Alcuni di voi sono banconote false. Utili come i soldi del monopoli.
Sono un comico, e dovrei indignare e far ridere la gente. Parte del far ridere la gente è scuotere il loro pensiero. Ecco perché esiste Banter Republic. Non credo di aver mai intenzione di provocare indignazione, ma non mi dispiace essere provocatorio nei contenuti. Sono a favore del dibattito intellettuale, ma a volte diventa un po’ estenuante. Discutere con una persona che ha rinunciato all’uso della ragione è come somministrare medicine ai morti. Sono cerebralmente morti.
Penso che la gente dovrebbe essere arrabbiata per cose che sono degne di rabbia. Non è la bugia che mi infastidisce, è l’insulto alla mia intelligenza che trovo offensivo. Perché mi hai detto che il tuo telefono era morto, ma che ti piacevano anche i tweet su Twitter? Internet è il veicolo che stiamo guidando per condividere le nostre immagini, indignazione e idee in tutto il mondo. Le persone non cambiano, rivelano chi sono. Per tutto questo tempo, non sapevo che fossi un pollo, ma eccoci qui. Qualcuno riscaldi il forno!
L’idea che alcuni hanno della libertà di parola è che sono liberi di dire quello che vogliono ma se qualcuno risponde, è un oltraggio. Detesto l’idea che si debba essere brutalmente onesti per dimostrare che si è veri. Non c’è assolutamente bisogno di mettere giù qualcuno per segnare un cheat point, a meno che non se lo meriti assolutamente. In tal caso, vi suggerisco di fare uno sforzo in più per distruggere ciò che resta della loro autostima e cancellare la loro fiducia per sempre. Grande fumo!
Pensare è il lavoro più difficile che ci sia, il che è probabilmente il motivo per cui così pochi ci si impegnano. Pensa! Perché sei davvero arrabbiato con me? È per quello che ho fatto o per quello che ho detto? O stai solo presupponendo e ora hai pensato troppo e sei diventato paranoico? Non farmi così paura che non posso più essere onesto con te, tesoro. Qualunque sia il caso, sappi questo. Non ti sto insultando.
We live in a society where people are more offended by swear words and middle fingers than they are by farmine, warfare and the destruction of the environment. The order of the day is people are constantly nerve-stricken after previously following the permission to live lies. An overlap into discomfort largely comes from an excess of comfort. Don’t get comfortable living a lie.
They call good evil and evil good. There are those who are so easily offended that they lose their ability to ever discern any truth, and this is often derived from a sort of frenzy by way of their own masked prejudice. All that’s important is truth. Truth doesn’t mind being questioned. A lie does not like being challenged. Know this, a lie repeated a thousand times is still a lie.
A real situation will always expose a fake friend. If you trip up the terrace steps and your friend doesn’t start laughing so much water is coming out of their eyes, are they even your friend? I mean they’ll take you to the hospital afterwards but not before having a good laugh. I wish people were like money so I could hold them to the light to see which ones are real. Some of you are fake dollar bills. As useful as monopoly money.
I’m a comic, and I’m supposed to outrage and make people laugh. Part of making people laugh is to shake up their thinking. That’s why Banter Republic exists. I don’t think I ever intend to provoke outrage, but I don’t mind being provocative in content. I’m all for an intellectual debate but sometimes it gets a bit exhausting. To argue with a person who has renounced the use of reason is like administering medicine to the dead. They’re brain dead.
I think people should be angry at things that are worthy of anger. It’s not the lie that bothers me, it’s the insult to my intelligence that I find offensive. Why would you tell me that your phone died but you were also somehow liking tweets on Twitter? The Internet is the vehicle we’re driving to share our visuals, outrage, and ideas around the world. People don’t change, they reveal who they are. All this time, I didn’t know you were a chicken, but here we are. Somebody heat up the oven!
Some people’s idea of free speech is that they are free to say whatever they like but if anyone says anything back, that is an outrage. I detest the idea that you have to be brutally honest to show that you are real. There’s absolutely no need to put anyone down to score a cheat point unless they absolutely deserve it. In which case, I suggest you put in extra effort to destroy what’s left of their self esteem and obliterate their confidence forever. Big smoke!
Thinking is the hardest work there is, which is probably the reason why so few engage in it. Think! Why are you really angry at me? Is it what I did or what I said? Or are you just assuming and now you’ve overthought yourself into paranoia? Don’t make me so scared I can’t be honest with you anymore sweetheart. Whatever the case, know this. I’m not insulting you.
Domenica-domenica-domenica, siamo già qui. Se l’idea di uscire per compere, primi freddi da neve, ordinanze comunali vi provoca un po’ di contrarietà, ecco un modo alternativo per trascorrere del tempo in seria leggerezza.
Abbiamo già giocato con le 6 parole, ma voglio proporle in diverse salse.
1° versione: le 6 parole a getto.
Sono quelle che arrivano senza un vero perché. Fotografano il qui e ora.
Che dire, ci sono cascata come una pera cotta, queste parole adesso frullano prendendo tempo. Un male non è.
4° versione: le 6 parole così!
Arte nobile. Grande storia. Tanto rispetto, ma non mi può sfuggire un risvolto domestico: chi decide di sperimentare la tecnica in casa ha già vinto una battaglia, qualsiasi sia il grafema rappresentato. Scrivere a carponi 6 parole con un pennello intriso di colore è comunque un’esperienza da provare! (Accetto cesti natalizi come segno di ringraziamento.)
Buona domenica!
Le mie 6 parole sono state scritte ascoltando questa musica.
“Six Words” di ELBOW – (sei parole)
I’m falling in love with you (Mi sto innamorando di te) I’m falling in love with you (Mi sto innamorando di te) Six words released like birds (Sei parole rilasciate come uccelli) Into the brightening ether (Nell’etere luminoso) And oh to read those words returned (E oh per leggere quelle parole ricambiate) I’m fuzzy, I’ve stumbled onto (Sono confuso, sono inciampato su) Some heavenly escalator (Una scala mobile celeste) And oh to read those words returned (E oh, leggere quelle parole ricambiate) The sky’s gonna open up (Il cielo si aprirà) And I’ll be flooded out to open water (E io sarò sommerso dall’acqua aperta) Six lanes of homeward hearts (Sei corsie di cuori verso casa) Glint into the evening sun (Scintillano nel sole della sera) Weary kids in bottle green (Bambini stanchi in verde bottiglia) Same gait as the ancient scholars (La stessa andatura degli antichi studiosi) Only falling gives you wings like these (Solo la caduta ti dà ali come queste) Last wink of the sinking sun means (L’ultimo ammiccamento del sole che sprofonda significa) I get to see you later (Posso vederti più tardi) You bring my hand to my heart (Tu porti la mia mano al mio cuore) You fling all my plans to the wind (Butti al vento tutti i miei piani) You wrote me a better part (Mi hai scritto una parte migliore) Just in time to wind the clocks to the start (Giusto in tempo per caricare gli orologi alla partenza) I’m part of everything again (Sono di nuovo parte di tutto) Look who loves me (Guarda chi mi ama) Look who loves me, I know (Guarda chi mi ama, lo so) I know the view from up on top of the world (Conosco la vista dalla cima del mondo) Now I know your songbird soul (Ora conosco la tua anima di uccello canterino) You bring my hand to my heart (Tu porti la mia mano al mio cuore) (rip…) Traduzione con https://www.deepl.com/translator
“rehaBáthory: niente è come sembra” è un piccolo saggio sulla riabilitazione di Erszébet Báthory, controverso personaggio strappato alla cronaca storica per essere consegnato, damnatio memoriae, al folklore e alla letteratura di genere horror-vampiresco senza diritto di difendersi, murata viva e costretta in sostanza al silenzio eterno. La contessa sanguinaria è, infatti, il nome col quale la protagonista del libro è ricordata e raccontata: assassina seriale, torturatrice, cannibale, vampira, licantropa, strega e perversa. Moltissime altre sono state le pesanti colpe, recuperate dagli anfratti più oscuri e dagli abissi più spaventosi della psiche collettiva, ipnotizzata dalla propaganda cattolica, a lei attribuite come manovra strategica per estrometterla dalle sue enormi ricchezze e risorse economiche e politiche e per costruire la più eclatante farsa giudiziaria della storia.
Il mio lavoro, sulla scia dei recenti studi di due storici ungheresi citati nello scritto, e basato sui libri di Kimberly L. Craft, mira a riscattare la figura mettendo in risalto le molteplici contraddizioni tra quel poco di storia che emerge dallo scarsissimo ma significativo materiale originale degli archivi della famiglia Báthory- Nadasdy e lo svolgimento dei due procedimenti legali pieni di gravi violazioni, decisive manipolazioni dell’opinione pubblica del tempo e lo stile di vita della Contessa, ricostruito attraverso una cinquantina di lettere personali tradotte dalla Craft in inglese dall’ungherese (un paio della quali da me tradotte in italiano e inserite nel corpo del testo). Alla fine del saggio, al lettore saranno state date nuove coordinate storiche e culturali per farsi un’idea più oggettiva di come possono essere andati realmente i fatti; è comunque lasciata aperta la possibilità di scegliere da che parte stare.
Il libro è in versione ebook (Print Replica) e versione cartacea (Print On Demand).
Ricordate che Barbie doveva fare un lingerie party, come le aveva suggerito la sua nuova vicina di casa?
Eccola pronta a organizzare tutto!
Ha chiamato il suo fidato amico Guillaume, nonché maestro di stile (non tutti possono portare dei pantaloni rosa salmone come lui), per un briefing davanti a una tazza di tè!
Barbie: caro Guillaume, menomale che ci sei tu ad aiutarmi… non so come farei senza di te a farmi da PR per la festa! Hai segnato tutto quello che serve?
Barbie: ah, un’ultima cosa… ci sarà da controllare che gli invitati abbiano il pink pass all’ingresso, ci puoi pensare tu? Io sarò sotto stress in quel momento!
Barbie: ecco cosa succede a passare il tempo solo sui siti d’incontri… si trascura la vita reale! Ma come, non sai cos’è il pink pass? Lo sanno tutti ormai!
Guillaume: è un documento da esibire all’entrata dei luoghi di vita mondana, che attesta che tu abbia fatto almeno due interventi di chirurgia estetica! E tra un po’ scatterà il terzo!
Barbie: Era ora che ci pensassero… non se ne poteva più di vedere certe facce in giro! E certa cellulite! Finalmente il ministero della bellezza ha fatto una scelta per il bene pubblico!
Guillaume: io invece lo avrò a giorni… essendo giovane e bello in modo assurdo, finora mi ero solo fatto una punturina alza-zigomi, sai… ma ci tengo a essere in regola per presenziare a tutti i party possibili, quindi dopodomani mi farò una bella brazilian butt lift… che non guasta mai, con la mia magrezza! Quindi per la festa avrò anch’io il mio bel pass!
Guillaume: giammai, la bellezza è un dovere civico, per me e soprattutto per gli altri! E spero che impongano presto il pass anche per bar, ristoranti, negozi, banche, mezzi pubblici, tutto! Ogni volta che esco per fare Starbucks+sushino/colazione+pranzo, appena sveglio incontro certi elementi!
Midge: sì, beh, è vero, ma… a parte il fatto che l’effetto ormai è svanito, chi li ritrova più quei documenti? E poi… se io non volessi far sapere al mondo che mi sono rifatta? Non sono forse fatti miei?
Guillaume: ma ora non c’è più niente di cui vergognarsi, tesoro! La chirurgia estetica è stata sdoganata!
Oggi è un giorno triste. Adriano ha chiuso il blog. Era stufo e stufo e stufo. Bon direte voi, ma io son triste e ho sentito di dover fare una cosa importante per ricordare questo giorno.
Ho così deciso di istituire la:
GIORNATA MONDIALE DELLA CHIUSURA DEL BLOG, il 2 dicembre!
Come ho già detto altrove, a me le giornate mondiali non piacciono molto, alzano il polverone, fanno girare qualche cifra interessante, mettono in evidenza un problema, dettano ai Media l’argomento da trattare, alcune personalità di caratura istituzionale affermano impegno e il giorno seguente è la giornata mondiale degli animali da cortile.
Ma per Adriano uno strappo è d’obbligo e così, in questo giorno commemorativo, vorrei ricordarlo con la nostra prima collaborazione, di un esatto anno fa… (lacrimuccia)
Orfani ti diciamo: adottac… (no, scusate, era un altro appello) CI MANCHI!
Trovaticisi sul sentiero del fastidio fisico nei confronti di questa nobile istituzione, abbiamo deciso di rendere almeno piacevole la percorrenza.
Buona lettura!
P.S.: le giornate mondiali nominate sono tutte realmente esistenti, tranne due: quali?
Da quando esiste il mondo, lo scorrere del tempo è stato sempre scandito dalle giornate. Queste, di giorno in giorno, di epoche in epoche, di lustri e lustrini vari, hanno segnato la vita di qualunque essere presente sul pianeta, anche dei sassi. Esse sono sempre passate uguali e placide, ma negli ultimi anni si è sentito il bisogno quasi fisiologico di prendere alcune di queste e di renderle speciali per ricordare fatti, avvenimenti, curiosità, nomi, città e cose da far conoscere a tutto il mondo. Sono nate così le giornate mondiali.
Enrichetta, detta Richy, pianta nella neve la tavola fucsia da snowboard e con i denti strappa la fascetta con velcro del guanto, spoglia la mano e con dita irrigidite dallo sbalzo termico tira la zip della tasca fluorescente sul petto: estrae il cellulare. Chi caspita la disturba prima di una discesa? L’ONU. Richy risponde alla telefonata e sì, da adesso è in missione per conto dell’ONU.
Richy ascolta la voce misteriosa che parla dall’altra parte del telefono con una inaspettata parlantina, e sta lì lì per tirarle un accidente coi controfiocchi che ecco la voce la blocca subito dicendole che non può dire nulla poiché oggi è la Giornata Mondiale della prosopopea e quindi deve sentire e basta. Richy ingoia il rospo chiedendosi quando sarà la Giornata Mondiale delle maledizioni al telefono, e dopo aver salutato mestamente la voce dell’ONU con un: “Obbedisco!”, si rimette il cellulare nella tasca fluorescente a norma di legge, chiude la zip con tutto il guanto e, noncurante di quanto stava succedendo, ridotta ormai a un blocco di ghiaccio con le gambe, si avvia a scendere la pista come meglio può, pronta per avventurarsi in quello che è un ricco calendario di giornate da rispettare.
Obbedienza. Si obbedisce per timore, per indolenza spirituale, per mancanza di iniziativa, per economia energetica, per profondissima credenza. Aggiungerne si può, ma si obbedisce. Obbedendo, Richy avrebbe creato nuove parole d’ordine per altre innumerevoli obbedienze sane-sante-savie, ma quali? La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese. La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese e il profumo di vin brulé nell’aria. La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese e il profumo di vin brulé nell’aria e: una visione biblica. Dal fumo sprigionato dal vin brulé si ode una voce come di tuono dal tono solenne.
“Richy!” esclama la voce. “Chi è?” esclama Richy stupita. “Io” “Io chi?” “António!” “Da Padova?” “Macchè, da Lisbona!” “Oh scusate, adesso non posso, tengo la pentola sul fuoco, lasciate pure il depliant sotto la porta.” “Io non ho bisogno di depliant, sono il tuo capo!” “Uuuh signore, scusate tanto, avete detto Antonio ho pensato al santo. Cosa posso fare per lei?” “Hai letto le 15 tavole che ti ho mandato?” “Sì.” “E?” “Sono carine, fanno proprio un bel figurone in salotto.” “Devi rispettarle e farle rispettare tutte!!!” “Tutte?” “Sì.” “Anche quella della migrazione dei pesci?” “Sopratutto quella.” “Ammazza che culo!” “Vai e diffondi nel mondo col sorriso!” “Sia fatta la sua volont… ehm… ok.”
E come è venuta, la voce sparisce, tra risate alcoliche e di chiodi di garofano.
Oh che investitura! Ma che bello. E che onore. Che responsabilità. Che eccetera eccetera! Tra il bere, i profumi, gli ordini e la nuova fantastica avventura creativa, Richy si sente eccitata e frenetica, in cerca di carta e penna ove scrivere di getto… cosa? L’ispirazione, si sa, nasce dove l’occhio cade e l’occhio cade, si sa, mosso dal desiderio e il desiderio di Richy, si sa, è concentrato sulle splendide tavole: Giornata mondiale dello snowboard! Fantastico, ecco l’abbrivio! Si volta verso il computer e un pensiero urgente l’assale: Giornata mondiale del backup! Un sospiro di sollievo, come se ideandola si fosse materializzato l’evento. Magico. Chissà se funziona anche con le lingue straniere: Dia internacional del Tango! Ah, che ispirazione seducente, tanto seducente, troppo: Giornata mondiale delle zone umide, e Giornata mondiale dell’orgasmo! Doppietta!
L’aver pensato alla Giornata mondiale dell’orgasmo le fa tornare alla mente quelli avuti prima di lasciarsi col suo fidanzato, e dal ricordo di tanti momenti felici pensa alla Giornata mondiale dell’uccello migratore. Ma lo spremersi le meningi manda in crisi Richy, anche perché riempire 15 tavole non è uno scherzo. Con lo sguardo della disperazione, alza per un attimo la faccia e vede il frigo. Una certa fame inizia a prenderla sentendo brontolare lo stomaco come se fosse un temporale. Ricordandosi che ha ancora della pizza avanzata dalla sera prima, le viene il colpo di genio: Giornata internazionale della pizza italiana, che insieme a quella delle torte ci sta proprio bene. “Cavoli, perché non ci ho pensato prima?” e scrive e mangia. “Che vada al diavolo la dieta!” esclama con tono solenne. Nel mentre che mette il tutto nero su bianco, l’occhio le cade su una rivista che stava guardando con la pagina aperta sull’evoluzione dell’uomo, e quale occasione migliore di questa nel comporre una lista che verrà ricordata dall’umanità intera? “Chissà cosa avrebbe pensato Darwin di questa nostra evoluzione… Ci sono! Facciamo il Darwin Day così per ricordarmi di tutto questo.” In realtà pensa anche ad altri tipi di evoluzioni ma meglio non scriverle. Gli occhi a questo punto cominciano a diventare sempre più pesanti fino a quando non si addormenta sul tavolo. Nasce così al suo risveglio la Giornata mondiale del sonno.
“Antò.” “…” “Antòòòò! Ho fatto.” “Sto giocando a frisbee. L’hai inserita la Giornata mondiale del frisbee?” “No.” “Non importa, mi piace che resti uno sport di nicchia. Dimmi dunque.” “Ho finito.” “Vediamo, sì, buon lavoro, ma manca ancora una giornata fondamentale. Vai ai Bagni di Trevi e…” “La Fontana di Trevi.” “Non è la stessa cosa con quel bel piscinozzo?” “No.” “Allora ti ordino di immergerti, fare due bracciate, pescare qualche monetina e avrai l’ispirazione ultima e fondamentale. Corri!” “Adesso?” “Adesso!”
Richy obbedisce anche se con molte perplessità. E se non avesse trovato le monetine? E se i vigili l’avessero trovata nuotando e fatto un mazzo tanto? E se i trentatrè trentini non entrano a Trento? Una volta arrivata a destinazione, si immerge furtiva nella fontana alla ricerca delle Monetine della Sacra Ispirazione Ultima (MSIU). Nuotando con la stessa grazia e agilità dei pesci migratori che vanno incontro al proprio destino, Richy tenta di compiere il suo ultimo incarico con le sacre monetine, e avendone trovate solo qualche migliaio, i dubbi aumentarono ancora di più. In compenso, però, pensava a come spenderle. Dopo aver raggiunto per un attimo la pace interiore immaginando l’armadio pieno come un outlet, un cartello la riporta alla dura realtà: le monetine se le deve scordare. “Aaaaaaa mannaggia i pescetti!” esclama con un certo disappunto. Piena di tristezza per aver fallito la missione che le era stata affidata, sta per scavalcare il muretto della fontana quando all’improvviso vede una monetina più scintillante delle altre. In quel preciso momento è come folgorata sulla Piazza di Trevi ed è lì, finalmente, che trova la sua ultima e definitiva ispirazione per la giornata mondiale mancante all’appello: quella della carbonara.
Ora che anche i suoi amici si stanno rapidamente adeguando, i suoi vicini di casa e i suoi compagni d’asilo iniziano a usare il linguaggio standard e lo salutano come si usa fare nel mondo corrotto degli adulti, «ao Daio», ora che tutti dicono «azie», «acqua», «casa», ora che chiamano le tate per nome e qualcuno si azzarda a formulare frasi tipo «ki è», «voio ciuccio» e persino la sua più cara amica, Olivia, per provocarlo è venuta davanti a lui e si è messa a cantare «gio gio tondo cacca il mondo», ora più che mai lui è deciso a battersi per preservare dall’oblio una delle lingue più rare e interessanti del mondo conosciuto, la lingua Daria. È, come dice il nome, una lingua aerea, fatta di suoni, consistente di poche parole rigorosamente bisillabe, accompagnata da gesti, sorrisi e ammiccamenti. Ci vuole molta competenza per parlare la lingua Daria, non è facile come una lingua codificata da secoli come l’italiano o il francese. La lingua Daria richiede fantasia, improvvisazione, modulazione dei toni, intonazione ascendente o discendente, grandi doti mimiche. Non gliela porteranno via. Non lo omologheranno. Non diventerà un servo dei padroni. Lui combatterà finché avrà fiato. Viva la lingua Daria, viva la libertà!
trovo che il tuo team di ricerca musalogica abbia, adesso più che mai, bisogno di una cellula specifica per aiutare le Muse in difficoltà.
Certo, già c’è un gruppo di esperti che si occupa di prestare sostegno psicologico alle sedotte e abbandonate, alle rifiutate, alle dimenticate, alle sacrificate.
Non parlo solo a nome mio, ci mancherebbe! Ma esiste un’altra categoria, un’intera razza, sconosciuta ai più. Ed è quella della Musa Negata, cui viene strappato letteralmente l’impulso poetico, la lirica più aulica, salvo appropriarsene con noncurante piglio d’ingratitudine, relegando la poverella tra quattro display luminosi, vittima innocente (e che sia innocente è fuori di dubbio!) di ingiusto autismo selettivo.
Ringraziamo Nina&Sabine per averci ricordato l’esistenza della MUSANEGATA.
Musa Negata
Come giustamente afferma, alla Musa Negata “viene strappato letteralmente l’impulso poetico, la lirica più aulica“, infatti ella non è riconosciuta in quanto Musa.
L’esperienza non è rara, anche se ogni Musa in cuor suo tende a dimenticarsene con minore o maggior fatica, essa coincide con una forma di annullamento. L’Artista rifiuta di corrisponderci nel nostro desiderio di essergli Musa.
La prima motivata reazione è certamente un: come osa? La seconda è: ma siamo matti? La terza è: vediamo se… La quarta è certamente il solito sonoro: ma vaffanculo!
Tra la prima e la quarta reazione possono trascorrere dai 20 minuti ai 20 anni, in base al carattere.
Lo amo già. È stato più forte di me. Dapprima gli ho resistito, ma poi è stata fatta e così sono diventata una grandissima fan di una nuova figura mitologica: il Ticinese a Milano.
Spiego. IlTicinese a Milano è un diversamente italiano che per vari motivi stanzia provvisoriamente sul territorio del nostro bel Paese.
Uso diversamente italiano poiché il termine straniero sarà presto rimosso dal vocabolario-politicamente-corretto. La tendenza si muove in questo senso e lo si evince dalla massiccia sostituzione del lemma.
Qualche esempio. Lo straniero è connotato come:
clandestino (quando dimostra di non avere i requisiti per entrare nella UE);
immigrato (quando, quando, quando? Il concetto di migrazione parla di uno spostamento; con le sue varianti immigrazione ed emigrazione chiede che si specifichino i luoghi di partenza e approdo);
forza lavoro (magari a buon mercato);
nuovo italiano (se di seconda generazione e in attesa del conferimento della cittadinanza, perciò, fino a quel momento, sostanzialmente apolide);
contribuente (eh sì, anche lo straniero paga le tasse e le pensioni di chi ne fruisce… lo straniero passa, stanzia e paga);
turista (per soli due mesi, ma di pacchia per chi lo accoglie);
investitore (altra figura mitologica).
Ma torniamo al Ticinese a Milano, perché appassionarsene?
1) Perché ne sono affascinata. Ogni volta che dal macro passo al micro mi appassiono alle storie personali. 2) Perché mi serve. Lui, il Ticinese a Milano, mi aiuta a capire qualcosa che non è di facile comprensione e lo fa come solo uno svizzero può, ponendo domande precise e pretendendo risposte precise.
LE IPOTESI L’introduzione della certificazione verde rinforzata dal 6 dicembre solleva parecchie domande sulla compatibilità con il pass europeo, il trattamento dei dati sensibili e le modalità di controllo – La normativa europea è chiara, ma il paradosso potrebbe essere dietro l’angolo – L’app Verifica C19 verso l’aggiornamento
Il via libera al super green pass da parte del Consiglio dei ministri sta creando confusione tra i turisti che intendono recarsi in Italia dopo il 6 dicembre. Il nuovo decreto, infatti, fa acqua da più parti, soprattutto per quanto riguarda la compatibilità tra la certificazione verde rinforzata e il pass europeo, il trattamento dei dati sensibili le modalità di controllo.
Italiani no, turisti sì? Anche il quotidiano italiano «Il Sole 24Ore» si è interrogato sul nodo della compatibilità e sul possibile paradosso che potrebbe verificarsi con l’introduzione della certificazione verde rinforzata. In buona sostanza, lo scenario che si potrebbe palesare sarebbe quello in cui il cittadino italiano, non vaccinato o guarito, potrebbe sì vedersi chiudere le porte in faccia di un ristorante o un di cinema, ma la stessa sorte non toccherebbe a un turista svizzero oppure a uno francese perché esonerati da qualsiasi restrizione alla libera circolazione. Una matassa da sbrogliare non di poco conto per il Governo capitanato da Mario Draghi visto anche l’avvicinarsi del periodo natalizio. La normativa europea in materia di certificazione sanitaria non lascia spazio a libere interpretazioni e stabilisce che il pass UE – ottenibile con certificato di vaccinazione, guarigione o con tampone negativo – venga accettato da tutti gli Stati membri. Inoltre, si legge sul sito dell’UE, «gli Stati membri dovranno astenersi dall’imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato Covid digitale dell’UE, a meno che esse non siano necessarie e proporzionate per tutela della salute pubblica» e, in tal caso, gli Stati devono «informare la Commissione e tutti gli altri membri e giustificare tale decisione». Fonti di governo riferiscono tuttavia che, per i turisti stranieri, varranno le medesime regole che dovranno rispettare gli italiani. Tradotto: chi non è vaccinato potrà sì entrare in Italia e soggiornare in albergo con il tampone, ma non potrà andare al cinema, a teatro e nemmeno a mangiare nei ristoranti al chiuso.
Risposte in questo senso non sono ancora arrivate dal Governo italiano, proviamo quindi a sollevare qualche domanda sul procedimento di verifica che dovrebbe avvenire per quanto riguarda il super green pass e i certificati sanitari adottati dagli altri Stati membri UE. Premessa: ricordiamo che dal 6 dicembre fino al 15 gennaio i vaccinati o i guariti potranno accedere a ristoranti, locali, eventi e manifestazioni culturali e sportive, mentre con il tampone negativo ci si potrà unicamente recare al lavoro e utilizzare i mezzi pubblici. Detto questo, ipotizziamo che un ticinese munito di tampone negativo si rechi in treno a Milano il 7 dicembre e, dopo essere arrivato in stazione Centrale, decida di prendere la metropolitana incappando in un controllo. L’app di verifica del controllore è diversa da quella del ristoratore? Teoricamente, dovrebbe dare luce verde sulla metropolitana e luce rossa all’entrata del ristorante. La domanda in questo caso allora è lecita: l’applicazione come fa a distinguere dove si trova il ticinese? Al momento non ci sono risposte chiare sul procedimento.
La questione della privacy Il problema della compatibilità tra il super green pass e il pass europeo è collegato inevitabilmente alla questione della tutela dei dati sensibili. Le criticità non sono di poco conto, visto che in Italia nessuno avrebbe diritto – a parte le autorità – di chiedere se una persona è vaccinata o meno. Ecco, il problema nasce proprio qui. Pare evidente, dal punto di vista tecnico, che con due tipi di permesso (super green pass e green pass base, ndr) occorrerà distinguere anche il documento che comprova l’avvenuta vaccinazione o il tampone. I ristoratori, ad esempio, dovranno avere la possibilità di distinguere chi può entrare e chi no. Parecchi grattacapi, quindi, per il Garante della privacy.
A tal proposito, appare chiaro che non ci sarà una nuova applicazione per eseguire i controlli. Verifica C19, oramai consolidata fra gli esercenti, sarà «semplicemente» aggiornata. I dettagli sono ancora da definire, ma secondo fonti di governo all’interno della stessa app vi saranno due funzioni distinte: la verifica del super green pass e quella del green pass di base. L’esercente, promettono sempre le fonti governative, non verrebbe a conoscenza dello stato vaccinale del cliente: la privacy, insomma, verrebbe salvaguardata. Ma, appunto, per il momento siamo ancora nel campo delle ipotesi. Pasquale Stanzione, il garante, ha ribadito più volte che vanno assolutamente evitate «discriminazioni in base alle scelte vaccinali» oltre alla necessità di garantire sempre «la riservatezza» in merito alle «scelte da ciascuno compiute in ordine alla profilassi vaccinale»
Controlli sui mezzi pubblici? «Impossibile» L’obbligo del green pass base sui mezzi pubblici si prospetta come un flop clamoroso. I dubbi sulla reale fattibilità aumentano ora dopo ora e i controlli sembrano fare acqua da tutte le parti, senza contare il caos e i rallentamenti nelle corse. Secondo diversi media italiani, tra le ipotesi al vaglio del Governo ci sarebbero l’utilizzo dell’esercito e l’allungamento dei turni del personale, anche se l’idea ventilata sta facendo storcere il naso ai sindacati. Al Ministero dell’Interno, però, l’unica cosa chiara di questa disposizione pare essere l’impossibilità di controllare ogni persona che sale su un treno regionale o prende la metropolitana. L’Azienda dei Trasporti Milanesi, da noi contattata, fa sapere che attualmente non è giunta nessuna comunicazione da parte del Governo, nonostante stia circolando la bozza di un documento (non ancora firmato dalle autorità) in cui non si esclude la possibilità di limitare ai soli treni regionali l’obbligo del green pass.
È domenica finalmente! La settimana è andata e ha lasciato quel delizioso carico di tensioni accumulate. Ah!
No, non ve la caverete con un bel mal di testa programmato, no no, nemmeno la sofferenza riuscirà a salvarvi, no no, l’accumulo sta arrivaaaaando!
Bene, dopo questa introduzione terrorifica, affronterò il delicato tema della necessità di scarico della tensione.
Uno dei modi per scaricare la tensione senza creare danni irreparabili è la sublimazione del conflitto.
Senza perdermi in ulteriori approfondimenti in merito, ecco una possibile soluzione: la micro guerra inscenata, ovvero gli scacchi.
Giocare a scacchi fa bene, permette di distruggere l’avversario senza toccarlo e senza che possa davvero prendersela. O solo un po’, che possa prendersela solo un po’, ma in modo propositivo, se si mette a studiare tutte le chiusure più veloci e feroci per vincere a sua volta.
Giocare a scacchi di domenica è un buon modo per trascorrerla e per disinnescare altre partite.
Quali:
1) La partita con la morte.
Metafora questa di ben altra partita, cioè quella che segue.
2) La partita in casa.
Stabilito che la giornata potrebbe anche risolversi in conflitto, a tutte le Signore e a tutti i Signori ricordo che:
I Cavalli sono la cavalleria, gli Alfieri sono gli arcieri, le Torri sono l’artiglieria e la Regina è il mago.
Jacob Aagaard
Se proprio-proprio-proprio la situazione è diventata critica, propongo di sublimare ulteriormente il conflitto con un’ultima risolutiva sfida!
Quando ho creato questa rubrica, immaginavo che gli argomenti suggeriti dai lettori sarebbero stati cose del tipo: “i fiori”, “le formiche”, “la pizza”. Cose del genere. Semplici, lineari.
Ma i lettori de LaChimicaDelleLettere non si accontentano di argomenti terra-terra. A chiarire inequivocabilmente questo concetto ecco che endorsum oggi chiede delucidazioni sulle 5 cose che ancora non sai sulla Parrucca di Robert Redford negli ultimi film.
1) Scienza o Magia? Come fa Robert Redford ad avere una sì bella chioma fluente e colorata, alla veneranda età di ottantacinque anni? Quale prodigioso farmaco dona lucentezza e salute alla sua capigliatura? O forse, come dicono le male lingue, è il miracoloso risultato di un patto col diavolo? Niente di tutto ciò: Bobby indossa una parrucca made in Italy (Brambilloni Peli e Affini di Buccinasco, Milano). Il costoso manufatto (15,000 dollari) riproduce minuziosamente la pettinatura che l’attore aveva all’apice del suo sex-appeal.
2) Quarant’anni insieme. Questa parrucca, che risponde al nome di Fernand, accompagna Robert Redford da 40 anni esatti: una vita insieme. L’attore se la fece regalare per il quarantacinquesimo compleanno dalla sua carissima amica Jane Fonda. E’ inevitabile che questa lunga frequentazione con il mondo del cinema abbia influenzato la formazione della parrucca: ad oggi Fernand ha recitato in ben cinque film, con ruoli secondari, e in una serie TV (come coprotagonista). Voci di corridoio danno Fernand come prossimo giudice di X-Factor UK.
3) Una storia italiana. Come avete letto prima, Fernand è una creatura nata dall’ingegno italico e tutti noi, vedendo quell’elegante pelame sulla testa di cotanto attore, dovremmo sentirci orgogliosi di essere italiani. Dovremmo alzarci in piedi, mano sul cuore, a cantare a squarciagola il nostro Inno Nazionale. Non importa se ci troviamo al cinema. A proposito di cinema: a Cinecittà Sorrentino ha iniziato le riprese del suo nuovo film, liberamente ispirato alla vita della parrucca di Redford. Nel ruolo di Fernand un favoloso Pierfrancesco Favino che, per entrare nel ruolo, ha smesso di radersi a Febbraio.
4) Imbarazzo Social. Può apparire strano, ma la parrucca di Robert Redford ha più follower dell’attore su qualunque social. Certo può essere legato al fatto che il vecchio Bob ha altri cazzi a cui pensare, ma fa impressione vederlo così subissato da un, seppur bello, ciuffo di peli. So che adesso vorreste conoscere il nickname di Fernand, ma non me la sento di divulgarlo perché posta quasi esclusivamente selfie in cui compare completamente nudo.
5) Questo pazzo pazzo Fernand: siccome Robert Redford non si risparmia mai sul set, Fernand ha assunto, dall’anno scorso, una propria controfigura: “Non ho intenzione di farmi male: quel vecchio fuori di testa non sta mai fermo!” ha dichiarato al New York Times. La sua controfigura Fluffy, un gatto persiano di quattro anni, si è già messa “in mostra” sui tabloid inglesi per aver vomitato ad un ricevimento del duca di Hamilton, subito dopo aver scandalizzato i presenti con una barzelletta decisamente scabrosa.
Apprendere o morte! Questo è il nostro motto! Prossima settimana, grazie al prode Tony Pastel parleremo delle 5 cose che ancora non sai sul lancio del riso agli sposi.
E voi? Di cosa vorreste leggere in questa rubrica? Fatemelo sapere nei commenti! Ciao!
Quando ho creato questa rubrica, immaginavo che gli argomenti suggeriti dai lettori sarebbero stati cose del tipo: “i fiori”, “le formiche”, “la pizza”. Cose del genere. Semplici, lineari.
Ma i lettori de LaChimicaDelleLettere non si accontentano di argomenti terra-terra. A chiarire inequivocabilmente questo concetto ecco cheendorsum oggi chiede delucidazioni sulle5 cose che ancora non sai sulla Parrucca di Robert Redford negli ultimi film.
1) Scienza o Magia?Come fa Robert Redford ad avere una sì bella chioma fluente e colorata, alla veneranda età di ottantacinque anni? Quale prodigioso farmaco dona lucentezza e salute alla sua capigliatura? O forse, come dicono le male lingue, è il miracoloso risultato di un patto col diavolo? Niente di tutto ciò: Bobby indossa una parrucca made in Italy (Brambilloni Peli e Affini di Buccinasco, Milano). Il costoso manufatto (15,000 dollari) riproduce minuziosamente la pettinatura che l’attore aveva all’apice del suo sex-appeal.
@didiluce ha scattato attimi che trovo di un’infinita serena intimità. La ringrazio per avermeli concessi. Ringrazio anche il Muso per il rischio preso! Ho provato ad aggiungere il testo.
Buona visione e buona lettura!
Dei
Ti ricordi quando il mondo tra le mani era perfetto? Ancora piccolo, ma grandioso e alla nostra portata. Sfera che rifletteva sogni, vi si nutriva, e noi pure. Beati, lì, rapiti, a giocare agli Dei.
E poi noi. Sai. Ci siamo visti strani, per la prima volta. Senza capire abbiamo mescolato tutto, anche i nostri profili. E non c’è stata gioia più grande. E il mondo ha inclinato l’asse.
“I figli sono gioie, felicità ecc. ma anche maligni amplificatori biologici che si infettano con virus per loro quasi innocui, li replicano potenziandoli logaritmicamente e infine li trasmettono con atroci conseguenze per l’organismo di un adulto”.
Roberto Burioni via Twitter
Leggere cose di questo tipo fa male al fegato. I bambini hanno già il feroce senso di colpa di poter infettare genitori e nonni, glie lo insegnano a scuola (e non solo) che sono potenziali assassini delle persone alle quali vogliono bene.
Riporto questo articolo di psychiatryonline.it, visto che non ci si rende conto dei limiti è bene metterne qualcuno.
Il prof. Roberto Burioni, il virologo che durante la pandemia ha occupato grande spazio nelle trasmissioni televisive, senza apportare un grande contributo né alla conoscenza scientifica né alla nostra informazione, ha lanciato, tramite Twitter, un’ammonizione contro il “maligno” che minaccia la nostra esistenza. Il contenuto è espressione di una mentalità diffusa che attribuisce funzione pedagogica all’induzione della paura: “I figli sono gioie, felicità ecc. ma anche maligni amplificatori biologici che si infettano con virus per loro quasi innocui, li replicano potenziandoli logaritmicamente e infine li trasmettono con atroci conseguenze per l’organismo di un adulto”.
Il messaggio è testimonianza di un vissuto persecutorio che attecchendo nel nostro mondo interno, fa della paura il regolatore normativo di un assetto mentale e affettivo chiuso in se stesso. Il rischio dell’infezione in caso di pandemia si affronta con una serie di precauzioni (anche drastiche) che motivate da una sana percezione del pericolo non devono essere tuttavia dettate dalla paura (l’indispensabile stato d’allerta che di per sé non offre alcuna via d’uscita), ma dalla ragionevole valutazione dei rischio e delle soluzioni possibili (quelle di emergenza e quelle di più lunga prospettiva).
Al netto di tutti i gravi errori del passato (a partire dalla mancanza di dispositivi di prevenzione seri e funzionanti e dalla crisi della salute pubblica in quasi tutto il mondo) che, restando irrisolti, continuano a minare i nostri sforzi di uscire dallo stato di necessità, senza cadere in un altro, l’umanità non manca certo di strumenti per fronteggiare il problema sanitario. La pandemia non ci spazzerà via sul piano biologico. In gran parte grazie ai vaccini (al di là della logica di speculazione che sottende la loro produzione). Un problema ben più importante è la nostra tenuta psichica. Su questo piano rischiamo di subire effetti molto negativi di lunga durata: uno stato depressivo persistente e una percezione paranoica della nostra relazione con gli altri. Non è questo lo stato d’animo migliore per progettare il nostro futuro.
Investire sulla paura (facendo leva su quella fisiologicamente esistente per intensificarla) per educare i cittadini ai giusti comportamenti di fronte a un pericolo, è sempre controproducente. L’eccesso di paura, producendo destabilizzazione psichica e angoscia, facilita reazioni impulsive e incoerenti o sfocia in un diniego del pericolo. Inoltre, la paura induce obbedienza e scoraggia il senso di responsabilità. Pensare che di fronte a una minaccia grave, una massa di individui obbedienti possa funzionare meglio di una comunità di cittadini responsabili (consapevoli dei loro interessi comuni), fa parte di una mentalità militare. Questa mentalità non solo non va bene per venire a capo dei problemi legati alla precarietà del nostro sistema sociale; ha dimenticato anche la lezione della sconfitta dei Persiani da parte degli ateniesi a Maratona.
I fautori della fobia come mezzo di persuasione non si rendono conto di esserne abitati silenziosamente e di agire non per uscire dall’esposizione a un pericolo, ma per rendere lo stato di paura permanente e usarlo come fattore di stabilizzazione interna. Questo è un circuito perverso in cui l’eccesso destabilizzante della paura viene attutito con un assetto fobico che estroverte la destabilizzazione, convertendola in minaccia che viene da fuori. L’irrigidimento difensivo della propria posizione nel mondo, che crea una falsa sicurezza, sposta imprevedibilmente la percezione del pericolo da un oggetto a un altro, senza che ce ne sia coscienti. Crea diffidenza ostile anche nei confronti di ciò che si ha di più caro. I bambini saranno vaccinati solo su indicazione della scienza e non perché posseduti dal demonio. Contro i virus non abbiamo bisogno di esorcisti.
(l’italico in grassetto è mio, scusate l’intromissione – endorsum)
Se il tuo pediatra non lo conosce, traducilo per lui.
Un Amico (che ringrazio molto!) mi ha indicato questo documento. Lo ritengo importante poiché indica ai pediatri come curare i casi di miocardite e pericardite dopo la vaccinazione mRNA COVID-19 nei bambini.
Non si fa retorica, è una procedura dedicata alle persone competenti (i pediatri) per affrontare al meglio la nuova realtà.
Compito di un genitore è accertarsi che queste nozioni siano in possesso del medico curante, affinché possa svolgere al meglio il suo lavoro.
Il testo è in inglese ed è facilmente traducibile con traduttori gratuiti in linea, se il medico non ha confidenza con l’inglese.
Autore: The Hospital for Sick Children (“SickKids”)
“This document aims to provide interim guidance based on consensus opinion for clinicians who will be assessing pediatric patients who develop myocarditis or pericarditis after mRNA COVID-19 vaccination and should not replace best clinical judgment. This document will be revised as further information on this condition is gained. The management and clinical decision algorithm can be found at the end of this document.”
Al TechLab il lavoro non finisce mai, e a volte possono succedere cose incredibili.
L’altro giorno, ad esempio, rovistando nello scatolone degli aggeggi in cerca di una crimpatrice, spunta fuori all’improvviso un essere inquietante.
e anche parlante!
Dice di chiamarsi Signor Calzino e quindi anche noi lo chiameremo così.
Il Signor Calzino è un essere abbastanza strano e altamente logorroico, non sta zitto un attimo, e sospettiamo che sia proprio quella la sua arma segreta, sfinire con le chiacchiere come la peggiore delle pettegole nostrane.
Abbiamo anche scoperto che gli piacciono le patate, e su questo ci troviamo tutti abbastanza in sintonia visto che abbiamo la stessa passione…
Tra una chiacchiera e una patata, il Signor Calzino sarà la nostra arma per scovare i suoi simili, e se ce lo giochiamo bene diventerà il nostro alleato. L’unica difficoltà sarà nel riuscire a farlo stare zitto il tempo necessario per non farsi scoprire da nessuno, ma abbiamo fiducia di riuscirci.
Ho trovato questo articolo di Luisa Zambrotta ideale per la rubrica. La voce di Anne Sexton è autorevole e senza ipocrisia. Le considerazioni di Luisa sono cristalline.
Ringrazio Luisa per avermi permesso di ripubblicarlo.
Buona lettura
(Come sempre nei testi di Luisa, alla parte in inglese segue quella in italiano.)
American poet Anne Sexton (see here) was born on 9 November 1928
Housewife
Some women marry houses. It’s another kind of skin; it has a heart, a mouth, a liver and bowel movements. The walls are permanent and pink. See how she sits on her knees all day, faithfully washing herself down. Men enter by force, drawn back like Jonah into their fleshy mothers. A woman is her mother. That’s the main thing.
“Housewife” by Anne Sexton a merciless denunciation of the role in which the society of men has confined women Pondering over the traditional role of women in society, Sexton believes that a married woman is married to her husband and her house, and maybe obliged to break with her past to face a new life entirely devoted to her family. While women “marry houses,” they also become the house in some sense. Its various parts correspond to the organs of their bodies. A woman is imprisoned in flesh-toned walls, among which she kneels as she scrubs the floor, simultaneously “washing herself down.” Both woman and house are often considered the property of the husband and thus she must be entirely submissive to his wishes. Seen as an object of possession , she is expected to please her husbands and attend to her domestic duties. The sexual imagery portrayed in these lines is aggressive and the words “enter by force” suggest that rape may be forced upon her. Like Jonah, the Old Testament prophet swallowed by a whale, the male householder penetrates a woman-centred home like an incestuous son returning to his mother’s womb. The speaker stresses the oneness of women, in particular of mother and daughter, saying that women are their mothers so they have difficulty separating their own selves from the other. This also suggests that men usually marry women who have similar qualities as their mothers as a way to ensure that they will be cared for as she did.
Il 9 novembre 1928 nasceva la poetessa americana Anne Sexton (vedi qui)
Casalinga
Alcune donne sposano la casa. È un altro tipo di pelle; ha un cuore, una bocca, un fegato e movimenti intestinali. Le pareti sono permanenti e rosa. Guarda come sta in ginocchio tutto il giorno, a strofinar se stessa per fedeltà. Gli uomini entrano con la forza, risucchiati come Giona in questa madre di carne. Una donna è madre di se stessa. Questo è ciò che conta
(trad. L.Z.)
“Housewife/Casalinga” di Anne Sexton è la spietata denuncia del ruolo in cui la società degli uomini ha relegato le donne. Riflettendo sul ruolo tradizionale delle donne nella società, la Sexton ritiene che una donna sposata è sposata con suo marito e la sua casa, e forse obbligata a rompere con il passato per affrontare una nuova vita dedicata alla famiglia. Mentre le donne “sposano la casa”, in un certo senso diventano loro stesse una casa le cui varie parti corrispondono agli organi del loro corpo. La donna è imprigionata in muri color carne, tra cui si mette carponi mentre pulisce il pavimento e simultaneamente lavando se stessa per fedeltà. Donna e casa sono spesso considerate proprietà del marito per cui lei deve essere completamente sottomessa ai suoi desideri: vista come un oggetto di possesso, ci si aspetta che compiaccia il marito e compia i suoi doveri domestici. L’immaginario sessuale rappresentato in queste righe è aggressivo e le parole “entra con la forza” suggeriscono l’imposizione di uno stupro. Come Giona, il profeta dell’Antico Testamento inghiottito da una balena, il capofamiglia maschio penetra in una casa imperniata sulla donna come un figlio incestuoso che torna nel grembo della madre. Viene anche sottolineata l’unità delle donne, in particolare di madre e figlia, dicendo che le donne sono le loro madri, quindi hanno difficoltà a separarsi una dall’altra. Ciò suggerisce inoltre che gli uomini di solito sposano donne che hanno qualità simili a quelle della madre per assicurarsi di venire accuditi come faceva lei.
Esistono le coincidenze? Vi racconto questa e poi valutate voi.
Questa puntata della rubrica, nelle mie intenzioni, doveva essere un po’ speciale in quanto oggi festeggio, con mia moglie, tre anni di matrimonio. Ebbene: quale argomento ci va a proporre per oggi la nostra endorsum? Le 5 cose che ancora non sai sul TAGLIO DELLA TORTA NUZIALE. Incredibile, non trovate?.
1) Un rito antico. Se vi siete sposati almeno una volta, avete avuto già l’esperienza extracorporea più sconvolgente che l’Essere Umano possa provare: il servizio fotografico. Un tizio vi sequestra, mentre il banchetto si intasa di ospiti affamati, e vi porta in culo al mondo, per una estenuante serie di scatti di cui vi vergognerete per l’eternità. Quando vi riconsegna alla folla, vi tocca il pranzo pantagruelico, che voi stessi avete ordito, e infine il Taglio della Torta. Voi volete solo morire, gli ospiti ancora vivi vogliono solo tornare a casa, ma rimane quell’ultima maledetta foto. Perché dura così più a lungo delle altre? Succede perché ritrarre il taglio della torta è un rito che risale al 500 quando, al pittore che dipingeva la scena, poteva essere asportato il membro, nel caso in cui il quadro non fosse stato di gradimento degli sposi. Per questo retaggio genitale, ancora oggi, il fotografo ci mette così tanto.
2) Implicazioni legali. E’ noto che uno dei principali motivi di annullamento di matrimonio, da parte della Sacra Rota, è proprio il mancato taglio della torta nuziale. Non tutti però sanno che le parole “torta nuziale” appaiono per ben quattordici volte nella Costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Dal 1985 in Texas, Arkansas e Idaho (USA) è sufficiente il taglio della torta nuziale per contrarre il matrimonio, mentre in Virginia (USA) questa pratica consente di avere il 70% di sconto per l’acquisto di un fucile mitragliatore semiautomatico.
3) Insoliti ingredienti. Basta andare in una qualsiasi biblioteca gastronomica, noleggiare il Libro Nuziale Delle Torte di Stephan Saint Honoré, per rimanere stupefatti di quanti e quali ingredienti sono stati usati per confezionare le torte nuziali dal 1612 a oggi. A me, tra tutte, è rimasta impressa la Trota Nuziale, a base di pesce di acqua dolce, fatta confezionare da un campione di pesca fluviale e da suo marito, un saltatore con l’asta, intollerante al glicine.
4) Torte Criminali. Nel 1898 a Londra regnava il caos: un misterioso criminale, da tre anni, riusciva immancabilmente a far sparire il coltello da torta, o in alternativa la torta stessa, in ogni matrimonio della Capitale. Decine di migliaia di nozze andarono in fumo a causa di questi contrattempi che scatenavano inevitabilmente divorzi precoci, liti furibonde ai banchetti, risse e addirittura omicidi. Sebbene Scotland Yard abbia impiegato ogni sua energia per catturare “Jack l’Asportatore“, non ci riuscì mai.
5) Il Segreto per una Taglio della Torta Nuziale Perfetto. Esiste una formula matematica, lunga ben sette righe, che descrive accuratamente il punto perfetto in cui incidere la torta nuziale, l’angolo di taglio e il numero di fette da tagliare. Tra le variabili considerate dall’inventore di questa equazione, il fisico nucleare olandese Marcus Van Haffenkol, si annoverano: il peso complessivo dei presenti in sala, il numero dei denti naturali degli adulti maggiori di 35 anni, il gruppo sanguigno della sposa, l’intenzione di voto dello sposo alle più vicine elezioni comunali. Il Professor Van Haffenkol ancora oggi lavora alla sua formula per perfezionarla, nell’Istituto di Salute Mentale di Utrecht.
Grazie cari lettrici e cari lettori per essere passati anche oggi di qua. Ricordate di commentare, se vi va, con quel che vi va e SOPRATTUTTO con l’argomento che vorreste vedere in questa rubrica.