

X ha un mondo intorno
Turm è una torre di pietra a pochi metri dall’acqua.
Ha un respiro baritonale e radici (umide di sepolture). Prima dell’aggiunta di altre forme in pianta, setaccia angosce al suo costruttore (e le monda).
Goetheanum è un grande cerchio sbocciato al sole.
Ha sfere che cantano e radici (solide sulla pirite). Prima di svanire nell’atmosfera densa, accoglie l’arte del suo costruttore (liberandola).
Certe distanze non hanno fiato. Altre hanno vento.
Da troppo tempo non pubblico pezzi intorno a X.
Rimedio subito.
La porta dello studio è aperta. L’uomo di fiducia, passando sosta.
Dentro, il suo capo ha dita incrociate sul cranio e insegue cieco vecchie immagini incastrate al soffitto. Si volta verso l’interlocutore silenzioso e, con occhi appannati dal bianco e nero, informa:
«Dell’attesa so tutto.»
Dalla soglia giunge uno sguardo morbido di comprensione. Poi si abbassa e sposta.
Chiusa la porta, i due si scambiano convenevoli.
In salone.
Sulle scale.
In corridoio.
Solo nello studio il padrone di casa riesce ad avere la meglio sull’uomo di fiducia e lo proietta in aria. La caduta di schiena ha un suono poco compìto.
Sei caduto male. Ci fermiamo?
Sì.
Dove hai il cambio?
Nella borsa, giù, in salone.
Vado a prendertela io.
Quando la stempiatura si mostrò incipiente, decise di non combattere la battaglia. Vinse la guerra di rasoio.
Non ci volle molto per abituarsi all’immagine riflessa.
(Due minuti e 35 secondi.)
Stefano, tu sei un giornalista di razza.
Non esagerare.
Dico davvero! Hai fiuto, intuito, la rara capacità di collegare i fatti e una grande conoscenza. Io sono solo piacente.
Non esagerare.
Dico davvero! Un bell’aspetto aiuta, sono in TV, non dico che sia male, ma per diventare qualcuno servono le tue doti. Tu farai strada, sono sincero. Uno della tua levatura è sempre un boccone prelibato e ambitissimo.
Non esagerare.
Dico davvero!
Ok, allora continua.
Un bel tipo. Sveglio. Non potrebbe essere altrimenti, l’ha invitato in trasmissione.
Stefano si lascia offrire un caffè dal collega. Gli studia le unghie curate, il taglio sartoriale dell’abito e finalmente riesce a dare un nome all’insieme: puttone ormonizzato.
Corti e morbidi ricci biondi. Occhi azzurri. Sorriso perfetto.
Elena osserva il puttone ormonizzato seduto di fronte a lei. Irritata dallo sguardo sicuro, cerca di andare a patti con la realtà: in effetti è sexy.
Com’è l’appartamento?
Buono.
Ma ti piace?
Sì.
L’ho reputato adatto, vicino. Resti a cena?
Resto a cena.
Il suo Capo, l’amico, un fratello?
È da anni ormai che lo assiste e ogni volta che vede quella testa perfettamente nuda si sente in un luogo sicuro.
Ci sono generazioni protagoniste, quelle a rimorchio e quelle da fottere.
L’uomo di fiducia appartiene a quest’ultime e incarna la discreta dolenza di chi ha creduto al nulla e sa che la crisi sarà risolta da persone nuove. Il suo sguardo accarezza la gioventù, considerandola eroica.
Se Giordano Bruno avesse l’udito, si staccherebbe dal basamento per fuggire in altra piazza.
Stefano, sentendosi, non fatica ad attribuirgli l’intento.
Stefano! Razza di stronzo! Come stai?
Sai che non amo quella parola. Sto bene.
Allora? Quando mi offri da bere per la promozione?
Fai tu.
Ok, io ne ho 3 o 4 da festeggiare! Signorina, due bianchi!
Si è preparato un discorso fluido e coerente. Nelle pause ha spostato più volte il ciuffo scuro dalla fronte, ostentando amor proprio sotto lo sguardo della bella dirimpettaia compagna di viaggio. Ha segnato alcune parole chiave su un blocchetto per aiutarsi nell’esposizione in caso d’interruzione. Una pausa al W.C. per controllar l’aspetto.
Stefano è pronto ad affrontare il compagno di università. O a intrattenersi in mostra di sé per la prossima ora.
Voglio due autopompe e un’ambulanza.
Sì Contessa.
S’irrompe come definito.
Sì Contessa. Come vanno i dolori?
Non osare rivolgerti a me alludendo all’età. Non ti voglio in loco. Sostituisciti.
Tieni. C’è tutto.
Fammi leggere.
Posso andare adesso?
Un attimo. Vai.
Lasciati dire che la tua ospitalità fa schifo.
Lasciati dire, Kuno: chi cazzo se ne frega.
Stefano è ancora sconvolto.
L’unione con lo sciopero destabilizza i sensi.
Ma lui ha parlato: dopo aver masticato impotenza, digerito astio e ruttato, non dissimile da un colossale intestino, della poliglia ha fatto spruzzo.
Tra i resti, il suo vaticinio.
Nell’euforia dell’incontro, Stefano ha perduto il controllo solo un istante.
Che gli ha svuotato le tasche.
Stefano va incontro allo sciopero come a una sposa arrivata all’altare in anticipo. Lo sciopero lo attende sospettandolo uno sposo sbadato o indeciso. Confusi dall’aria di parole d’ordine urlate a un megafono, si congiungono.
Scarpe. Belle. Bellissime.
Elena è passata a trovarle almeno 15 volte. Deglutendo a ogni visione.
Scarpe da innamorata.
Deciderne l’acquisto è un’ammissione.