È così, non so. Splendidi petali, eterei, apparentemente fragili, qui, per me, per un fine, un di cui importante, un perché. Qui, al tatto, al pensiero altrove, al dono. Tra le dita.
Bloggo.
Non bloggo.
Bloggo.
Non bloggo.
Bloggo.
Non bloggo.
Questo fiore dice che non bloggo. Con tutto il suo candore.
Chi sono io per oppormi al volere scaramantico di un fiore? Un fiore che offre petali di cristallo per concedermi una scelta a cuor sereno?
Come posso ignorare la generosità e il sacrificio?
Perché dovrei impormi a fronte di una decisione già annunciata dall’Universo?
Quanto costerà al mio essere incorporeo e all’essere corpor-ppos-bbzz-crrrrrr-clengh-tap-PUBBLICA-click!
Sezione del quadro di Arnold Böcklin Die Toteninsel III (Alte Nationalgalerie, Berlin) (Immagine presa qui)
“…Esiste una foto raffigurante Hitler nel suo studio, in compagnia del Ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Michajlovič Molotov e del Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop, uomini di stato che avevano sottoscritto il patto di mutua non aggressione tra Germania Nazista ed Unione Sovietica: ebbene, sulla parete è visibile proprio l’Isola dei Morti.[7]…” [testo tratto da qui]
Ascoltiamo di continuo i morti, le loro voci registrate, leggiamo le loro poesie scritte. Vediamo i loro video immortalanti vite e opere. Sono morti, ci hanno lasciato una parte di loro e non c’è nulla di male nel chiamare la realtà con il proprio nome.
Oggi chiederò a un morto di aiutarmi con il tema PAURA E AMORE.
Paura e amore
Bill Hicks E’ solo un giro di giostra!
per approfondire e non dimenticare…
Il contenuto potrebbe non essere indicato ai minori e a chi non ama la satira su temi religiosi, sessuali e di genere. Buona visione agli altri.
Ti salvo la vita, piccola, ci penso io. Poi la tua vita diventa mia. Anche quelle dei tuoi discendenti.
Mi è tutto dovuto, con quel che ho speso!
Mammammerica vuole ch’io sia una portaerei nel Mediterraneo per tutte le sue guerre in differita. Mammammerica ha sempre ragione.
Mammammerica mi ama come si amano le colonie: possiamo pure crepare tutti.
Cosa dite? Non è il caso di fare sarcasmo? Sono un’adolescente che si crede furba e che non ha ancora compiuto il suo rito di passaggio, l’emancipazione?
E cosa dovrei mai fare?
Smettere di obbedire? Responsabilizzarmi? Diventare una nazione con il coraggio del ripudio della guerra? Dovrei rinunciare al guadagno da produzione d’armi? Dovrei disintossicarmi?? Dovrei diventare neutrale???
Non ho abbastanza autostima.
Mi crogiolerò nella paura, che basta e avanza.
David Bowie – I’m Afraid of Americans (Official Music Video) [4K Upgrade]
I’M AFRAID OF THE AMERICANS – HO PAURA DEGLI AMERICANI
(Music Bowie/Eno – Lyrics Bowie)
Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Low tech at the wheel Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Nobody needs anyone They don’t even just pretend Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America CHORUS I’m afraid of Americans I’m afraid of the world I’m afraid I can’t help it I’m afraid I can’t I’m afraid of Americans Johnny’s in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny wants a brain Johnny wants to suck on a Coke Johnny wants a woman Johnny wants to think of a joke Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh CHORUS I’m afraid of Americans Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny’s in America Johnny looks up at the stars Johnny combs his hair And Johnny wants pussy in cars Johnny’s in America, uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh I’m afraid of Americans Johnny’s an American Johnny’s an American CHORUS Yeah, I’m afraid of Americans I’m afraid of the words I’m afraid I can’t help it I’m afraid I can’t I’m afraid of Americans God is in America God is in America God is in America, uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uhStinky weather, Fat shaky hands Dopey morning Doc, Grumpy gnomes Little wonder then, little wonder You little wonder, little wonder you Big screen dolls, tits and explosions Sleepytime, Bashful but nude Little wonder then, little wonder You little wonder, little wonder you I’m getting it Intergalactic, see me to be you It’s all in the tablets,
Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Bassa tecnologia al volante Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Nessuno ha bisogno di nessuno Non fanno neanche finta Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America RITORNELLO Ho paura degli Americani Ho paura del mondo Temo di non poterci far nulla Temo di non potere Ho paura degli Americani. Johnny è in America. Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny vuole un cervello Johnny vuole scolarsi una Coca Johnny vuole una donna Johnny vuole pensare ad uno scherzo Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh RITORNELLO Ho paura degli americani Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Johnny è in America Johnny guarda in su verso le stelle Johnny si pettina i capelli E Johnny vuole la fica in macchina Johnny è in America, Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh Ho paura degli Americani Johnny è Americano Johnny è Americano RITORNELLO Si, ho paura degli Americani Ho paura delle parole Temo di non poterci far niente Temo di non potere Ho paura degli Americani Dio è in America Dio è in America Dio è in America, Uh-uh-uh uh, uh, uh-uh uh-uh-uh
Giuseppe Verdi – La forza del destino – ‘Pace, pace mio Dio’ aria (Anna Netrebko; The Royal Opera)
SCENA VI
Presso la grotta di Leonora. Valle tra rupi inaccessibili, attraversata da un ruscello. Nel fondo a sinistra dello spettatore è una grotta con porta praticabile, e sopra una campana che si potrà suonare dall’interno. La scena si oscura lentamente; la luna apparisce splendidissima. Donna Leonora, pallida, sfigurata, esce dalla grotta, agitatissima. Leonora
LEONORA Pace, pace, mio Dio! Cruda sventura M’astringe, ahimé, a languir; Come il dì primo Da tant’anni dura Profondo il mio soffrir. L’amai, gli è ver! Ma di beltà e valore Cotanto Iddio l’ornò. Che l’amo ancor. Né togliermi dal core L’immagin sua saprò. Fatalità! Fatalità! Fatalità! Un delitto disgiunti n’ha quaggiù! Alvaro, io t’amo. E su nel cielo è scritto: Non ti vedrò mai più! Oh Dio, Dio, fa ch’io muoia; Che la calma può darmi morte sol. Invan la pace qui sperò quest’alma In preda a tanto duol. Va ad un sasso ove sono alcune provvigioni deposte dal Padre Guardiano Misero pane, a prolungarmi vieni La sconsolata vita … Ma chi giunge? Chi profanare ardisce il sacro loco? Maledizione! Maledizione! Maledizione!
Non so, è tutto talmente rumoroso, stupido e dogmatico… io non odio e non temo quest’uomo.
Io non odio in genere.
Un’ora in compagnia di Fedor è certo meglio di un’ora in compagnia di televisivi aizzatori.
Fatevi un regalo: buon ascolto!
(Nel frattempo ringrazio WordPress.)
Il sogno di un uomo ridicolo – di Fëdor Michajlovič Dostoevskij –
@SinusRoris propone un approfondimento da leccarsi i baffi (e qui si compie il balzo nella cronaca! Per chi non ne fosse al corrente propongo di cercare in rete le parole Paolo Nori università censura).
– È il primo giorno di primavera, Annarita. – È il primo giorno di primavera, Ferruccio.
E anche quest’anno il rito è compiuto. L’antica promessa pagana ha preso forma, riscaldando in loro la certezza di aver tenuto fede a qualcosa di soprannaturale.
Certo vi è stato qualche particolare fuori posto: le voci arrochite dal tempo, o dall’emozione di trovarsi finalmente di fronte; la forza e la pervasività di una canzone oggi ancor più viva nelle loro menti; l’esitazione (visibile nell’accento carico di sentimento appoggiato sul nome altrui) nel riconoscere la primigenia gerarchia di fede dopo decenni dedicati alle rispettive missioni di vita.
Nella canonica del paese che li ha cresciuti in una fanciullezza carica di ideali e promesse dirette al e dal futuro, riescono ora, trapassati gli anni, a guardarsi finalmente negli occhi.
Le mani di Ferruccio si rifugiano in quelle di Annarita, portando una primula e Annarita ha un piccolo cedimento al ginocchio destro. Ferruccio allunga la mano e l’avambraccio a sostegno del gomito di Annarita e lei veloce raggiunge con la mano libera la spalla di lui.
In un attimo si accorciano tutte le distanze. Non rimane che accennare un passo di valzer.
– Non mi hai detto cosa ci fai qui. – Avevo espresso il desiderio di morire circondato dai canti dei nativi. Figurarsi! Sono stato strappato dalla Missione e riconsegnato al luogo di partenza. Ora sono un vecchio parroco che non potrà far troppi danni, dato il dolore per la privazione del sogno e l’età avanzata. E tu? – Sto terminando la conta dei beni di famiglia al fine di lasciar l’eredità alle consorelle. Per convincermi della necessità del gesto, nell’ultimo decennio mi hanno spostata dall’educativo al gestionale. Una vecchia suora senza parenti non può che pensare alle giovani bisognose di mezzi e aiuti.
Si sorridono. I passi di danza continuano. La musica si consolida tra le menti. Lo sguardo complice fotografa un pensiero comune.
– È il primo giorno di primavera, Annarita. – È il primo giorno di primavera, Ferruccio.
I Dik Dik – Il Primo Giorno Di Primavera (ORIGINAL 1969)
Ho trovato un articolo che ben sintetizza il cambiamento che ho chiamato Era dell’Autorizzazione Perpetua (Ondivaga Capricciosa Umorale Sadica Vendicativa)!
“È noto come la Commissione Europea avesse progettato sin dal gennaio 2018 l’implementazione di un pass sanitario per i cittadini UE (vaccination passport for EU citizens). L’intento dichiarato concerneva la mobilità tra paesi dell’UE e la “road map” che era stata proposta aveva il 2022 come data di implementazione definitiva.
Il fatto che questo progetto fosse inteso soltanto come limitazione agli spostamenti tra paesi non deve trarre in inganno circa la radicalità del progetto. Infatti è da tempo che le normative europee non contemplano alcuna distinzione netta tra la mobilità interna a ciascuno stato dell’UE e la mobilità tra stati, e dunque un passaporto vaccinale che potesse porre limitazioni alla mobilità tra stati implica di principio una legittimazione generale a porre limitazioni ad ogni mobilità territoriale, a qualunque livello.
È anche interessante notare che la proposta del 2018, una volta resa pubblica e commentabile dalla cittadinanza venne subissata da una debordante quantità di critiche, al punto che i commenti pubblici sulla pagina dedicata nel sito della Commissione Europea vennero bloccati nel marzo 2018.
Dopo questa accoglienza il progetto sembrava sospeso.
Ora, assumiamo ragionevolmente che la Commissione Europea ignorasse l’emergere futuro della pandemia di Sars-Cov-2. La domanda interessante da porre sotto queste condizioni è: quale era la ratio originaria di tale passaporto vaccinale? Questa domanda si impone perché:
1) nella legislazione UE un blocco alla libera mobilità è una cosa assai seria, implicando di diritto un’esclusione generalizzata ad accedere a luoghi e possibilità di lavoro;
2) non c’erano state nella storia europea degli ultimi cento anni eventi epidemici di peso tale da lasciar prevedere serie necessità di contenimento.
Dunque, perché spingere tale proposta, al tempo stesso ricca di implicazioni e priva di forti motivazioni sanitarie?
Per tentare una risposta dobbiamo chiederci quali sono le caratteristiche intrinseche di un tale passaporto, a prescindere dalla specifica, eventuale, emergenza sanitaria.
Un passaporto sanitario così concepito ha caratteristiche specifiche, del tutto diverse da qualunque altra “licenza” ordinaria.
Se desidero guidare un’automobile, o portare una pistola, farò una domanda per ottenere una patente di guida o un porto d’armi. Guidare o portare un’arma sono “poteri ulteriori” che acquisisco rispetto alle persone che mi stanno attorno, e tali poteri possono mettermi nelle condizioni di esercitare una minaccia verso il prossimo. Le relative licenze vengono perciò erogate a seguito di una serie di esami volti ad assicurare l’idoneità, la capacità e l’equilibrio di chi potrà in seguito circolare su un’automobile o con una pistola. Se desidero ottenere una facoltà supplementare mi sottopongo ad un esame che rassicura la collettività intorno alla mia capacità di gestirla.
Un passaporto vaccinale invece opera in modo inverso: anche se io non chiedo né pretendo nulla, esso mi sottrae alcuni diritti primari di cittadinanza, come i diritti di movimento o accesso, fino a quando io non abbia dimostrato di meritarli. Questo è il primo punto che deve essere sottolineato: qui siamo in presenza di una sottrazione di diritti generali della cittadinanza, e non di una richiesta personale di accesso ad ulteriori facoltà (come per le “licenze” di cui sopra).
In stretta connessione col primo punto sta il secondo: il passaporto vaccinale crea un’inversione dell’onere della prova. La situazione è tale che io ho accesso ai miei diritti di cittadinanza solo se dimostro di esserne degno, mentre nelle condizioni antecedenti io avevo intatti i miei diritti fino a quando non fossi stato dimostrato indegno di essi. Quest’inversione dell’onere della prova rappresenta un cambiamento di paradigma gravido di implicazioni: ora sta a me dimostrare di essere normale e di poter vivere in modo normale; e se per qualche motivo non sono in grado di dimostrarlo (foss’anche per un malfunzionamento tecnico), immediatamente ciò mi mette in una condizione di grave deprivazione (spostamenti, istruzione, salario, lavoro).
C’è infine una terza caratteristica decisiva: un passaporto vaccinale è concepito come testimonianza di una condizione intesa come durevole. La condizione di normalità (la non patologicità) è ora qualcosa che deve essere provato da ciascun soggetto in pianta stabile, a tempo illimitato.
È importante notare come la condizione emergenziale (reale o presunta) è stata sì richiamata per introdurre questo lasciapassare, ma non è stata più richiamata per definirne i limiti. La sua introduzione non è stata accompagnata da alcuna definizione delle condizioni sotto cui esso sarebbe stato tolto.
Anzi, nonostante ripetute sollecitazioni i governi che hanno adottato questa soluzione si sono sistematicamente rifiutati di chiarire sotto quali condizioni il lasciapassare sarebbe venuto meno in quanto superfluo.
In questi giorni si parla di “durata illimitata” per chi ha fatto la terza dose, e il punto importante di questa proposta non sta naturalmente nel numero delle dosi ritenute imperscrutabilmente bastevoli dai nostri esperti da avanspettacolo, ma nell’idea che comunque il meccanismo implementato rimarrà in vigore senza limite temporale. Quand’anche le condizioni specifiche per il conferimento del lasciapassare verde venissero allentate, tale allentamento sarebbe sempre revocabile, proprio in quanto è l’istituzione del lasciapassare in quanto tale a rimanere in vigore.
Veniamo così alla questione finale, quella determinante.
Non sappiamo quali fossero le intenzioni originarie per l’introduzione di questo lasciapassare nella proposta del 2018, ma abbiamo tutti gli elementi per capire che, quali che siano state tali intenzioni, tale dispositivo consente di esercitare un nuovo radicale livello di controllo sulla popolazione.
Immaginiamo due scenari.
Nel primo scenario tutta la popolazione accoglie senza fare resistenza questo dispositivo.
Se questo accadesse chi governa avrebbe mano libera per effettuarne ulteriori “upgrade”, estendendo le funzioni di un sistema così ben accetto. A questo punto qualunque “virtù” che venisse efficacemente rappresentata come “di interesse pubblico” potrebbe divenire una nuova condizione da dover provare su base individuale per avere accesso alle condizioni di cittadinanza normale.
Nel secondo scenario una parte della popolazione fa resistenza a questo dispositivo. Ciò permette a chi governa di presentare i “resistenti” come problema fondamentale del paese, come origine e causa dei malfunzionamenti e delle inefficienze che lo assillano. Se solo questi nostri concittadini fossero virtuosi e non renitenti, i problemi non sussisterebbero. Questa mossa sposta la responsabilità dalle spalle di chi governa a quelle di una sezione della società, concentrando l’attenzione pubblica su di un conflitto interno alla società.”
Mi sono presa una pausa riflessiva. Il motivo è presto detto: la realtà mi turba e fatico un bel po’ a essere allegra e scanzonata. Non posso fingere che questo sia ancora il migliore dei mondi possibili.
Vorrei riprendere in mano tutti gli argomenti divertenti che ho messo sul tavolo nei mesi passati, ma prima devo necessariamente dire la mia.
Quindi iniziamo con una metafora che si presta a molte interpretazioni; a ciascuno la propria.
Buon ascolto! (L’esecuzione è super!)
IL TOPO NEL FORMAGGIO di IVAN GRAZIANI
Tu, stai lì fermo, stai lì fermo a guardia del bordello. Io, io vado su, bisogna pure divertirsi un po′. E dimmi, adesso hai fame? C’è lì pronto un carro di letame. E i grandi sentimenti sono brodo per i porci, il topo è nel formaggio. E poi che accidenti hai, non ti va la bella vita? Adesso, adesso, bisogna divorare adesso. Tu, stai lì inchiodato, inchiodato a guardia del sagrato. Io, io vado su, bisogna pure divertirsi un po′. E dimmi, dimmi, dimmi hai paura? La strada non ti sembra più sicura?
Parole appese a un gancio come quarti di vitello l’agnello è stato sgozzato, ma no, ma no, non era innocente. Conosceva la bella vita! Adesso, adesso, adesso, adesso, bisogna divorarlo adesso!
Il topo nel formaggio – IVAN GRAZIANI
Il topo nel formaggio – IVAN GRAZIANI
LA SCRITTA IN SOVRIMPRESSIONE SCOMPARIRÀ AL MINUTO 1.
Evaporata ha scritto un romanzo: UNA FORMULA PER LA LIBERTÀ. A me l’incipit ha messo fame… (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
Manuel Chiacchiararelli incarna la possibilità di cambiare vita, partendo da un viaggio non solo simbolico. WANDERING ITALIA -un viaggio per riprendersi la vita allungando la lista. (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
Trattoforte non poteva che mettere in fumetto la sua splendida storia d’amore. Indicatissimo per le personalità romantiche (ok, anche io sono romantica). ATTIMI PUCCIOSI. (leggete l’incipit premendo il FREE PREVIEW in basso a destra.)
2 – Balli!
OK, SÌ, OK 🙂
FATELO! UN CENTRO COMMERCIALE QUALSIASI E OSATEEEEEE!
UN… UN… COS’È? UNA SCUOLA? UNA SCUOLA! OSATEEEEEE!
3 – Canti!
4 – Passatempo!
Direttamente da LA BORSETTA DELLE DONNE ecco splendide decorazioni da costruire, donare e usare! Per le istruzioni cliccate qui.
DECORAZIONE DELLE FOGLIE: CANDELA IN BARATTOLO (immagine presa qui)
Sapevate che postalmarket e vestro esistono ancora? Fino a ieri ero convinta che questi preistorici sistemi di soddisfacimento onanistico avessero lasciato il globo insieme alla pubertà dei più. Mi sbagliavo ovviamente.
Posty (diminutivo di comodo) campeggia impudico in almeno una edicola del centro di Brescia, credo sia per gli amanti di riedizioni del modernariato, ma non ho osato comprarlo, a causa di un’antico pudore tattile: quante sorprese di varia natura in quelle pagine!
Vestry non so, non l’ho cercato, ma un amico mi ha segnalato il sito, notando il mio entusiasmo incredulo.
Ecco, non so se li comprerete. Forse sì, forse no. A voi.
Questa non è una spazzola per lavarsi la schiena, è un RASOIO ALLUNGABILE con forma esplicita! Capirete quanto mi sia sentita trasportata in un luogo della memoria… Ma approfondiamo gli usi di un tale fantastico oggetto.
Certo, come ho potuto non pensarci? Problemi di schiena, di pancia, insomma, il maschio che si vuole depilare le gambe potrebbe anche avere qualche segno del tempo che passa.
Oggi è un giorno triste. Adriano ha chiuso il blog. Era stufo e stufo e stufo. Bon direte voi, ma io son triste e ho sentito di dover fare una cosa importante per ricordare questo giorno.
Ho così deciso di istituire la:
GIORNATA MONDIALE DELLA CHIUSURA DEL BLOG, il 2 dicembre!
Come ho già detto altrove, a me le giornate mondiali non piacciono molto, alzano il polverone, fanno girare qualche cifra interessante, mettono in evidenza un problema, dettano ai Media l’argomento da trattare, alcune personalità di caratura istituzionale affermano impegno e il giorno seguente è la giornata mondiale degli animali da cortile.
Ma per Adriano uno strappo è d’obbligo e così, in questo giorno commemorativo, vorrei ricordarlo con la nostra prima collaborazione, di un esatto anno fa… (lacrimuccia)
Orfani ti diciamo: adottac… (no, scusate, era un altro appello) CI MANCHI!
Trovaticisi sul sentiero del fastidio fisico nei confronti di questa nobile istituzione, abbiamo deciso di rendere almeno piacevole la percorrenza.
Buona lettura!
P.S.: le giornate mondiali nominate sono tutte realmente esistenti, tranne due: quali?
Da quando esiste il mondo, lo scorrere del tempo è stato sempre scandito dalle giornate. Queste, di giorno in giorno, di epoche in epoche, di lustri e lustrini vari, hanno segnato la vita di qualunque essere presente sul pianeta, anche dei sassi. Esse sono sempre passate uguali e placide, ma negli ultimi anni si è sentito il bisogno quasi fisiologico di prendere alcune di queste e di renderle speciali per ricordare fatti, avvenimenti, curiosità, nomi, città e cose da far conoscere a tutto il mondo. Sono nate così le giornate mondiali.
Enrichetta, detta Richy, pianta nella neve la tavola fucsia da snowboard e con i denti strappa la fascetta con velcro del guanto, spoglia la mano e con dita irrigidite dallo sbalzo termico tira la zip della tasca fluorescente sul petto: estrae il cellulare. Chi caspita la disturba prima di una discesa? L’ONU. Richy risponde alla telefonata e sì, da adesso è in missione per conto dell’ONU.
Richy ascolta la voce misteriosa che parla dall’altra parte del telefono con una inaspettata parlantina, e sta lì lì per tirarle un accidente coi controfiocchi che ecco la voce la blocca subito dicendole che non può dire nulla poiché oggi è la Giornata Mondiale della prosopopea e quindi deve sentire e basta. Richy ingoia il rospo chiedendosi quando sarà la Giornata Mondiale delle maledizioni al telefono, e dopo aver salutato mestamente la voce dell’ONU con un: “Obbedisco!”, si rimette il cellulare nella tasca fluorescente a norma di legge, chiude la zip con tutto il guanto e, noncurante di quanto stava succedendo, ridotta ormai a un blocco di ghiaccio con le gambe, si avvia a scendere la pista come meglio può, pronta per avventurarsi in quello che è un ricco calendario di giornate da rispettare.
Obbedienza. Si obbedisce per timore, per indolenza spirituale, per mancanza di iniziativa, per economia energetica, per profondissima credenza. Aggiungerne si può, ma si obbedisce. Obbedendo, Richy avrebbe creato nuove parole d’ordine per altre innumerevoli obbedienze sane-sante-savie, ma quali? La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese. La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese e il profumo di vin brulé nell’aria. La parete del salotto decorata con le 15 tavole appese e il profumo di vin brulé nell’aria e: una visione biblica. Dal fumo sprigionato dal vin brulé si ode una voce come di tuono dal tono solenne.
“Richy!” esclama la voce. “Chi è?” esclama Richy stupita. “Io” “Io chi?” “António!” “Da Padova?” “Macchè, da Lisbona!” “Oh scusate, adesso non posso, tengo la pentola sul fuoco, lasciate pure il depliant sotto la porta.” “Io non ho bisogno di depliant, sono il tuo capo!” “Uuuh signore, scusate tanto, avete detto Antonio ho pensato al santo. Cosa posso fare per lei?” “Hai letto le 15 tavole che ti ho mandato?” “Sì.” “E?” “Sono carine, fanno proprio un bel figurone in salotto.” “Devi rispettarle e farle rispettare tutte!!!” “Tutte?” “Sì.” “Anche quella della migrazione dei pesci?” “Sopratutto quella.” “Ammazza che culo!” “Vai e diffondi nel mondo col sorriso!” “Sia fatta la sua volont… ehm… ok.”
E come è venuta, la voce sparisce, tra risate alcoliche e di chiodi di garofano.
Oh che investitura! Ma che bello. E che onore. Che responsabilità. Che eccetera eccetera! Tra il bere, i profumi, gli ordini e la nuova fantastica avventura creativa, Richy si sente eccitata e frenetica, in cerca di carta e penna ove scrivere di getto… cosa? L’ispirazione, si sa, nasce dove l’occhio cade e l’occhio cade, si sa, mosso dal desiderio e il desiderio di Richy, si sa, è concentrato sulle splendide tavole: Giornata mondiale dello snowboard! Fantastico, ecco l’abbrivio! Si volta verso il computer e un pensiero urgente l’assale: Giornata mondiale del backup! Un sospiro di sollievo, come se ideandola si fosse materializzato l’evento. Magico. Chissà se funziona anche con le lingue straniere: Dia internacional del Tango! Ah, che ispirazione seducente, tanto seducente, troppo: Giornata mondiale delle zone umide, e Giornata mondiale dell’orgasmo! Doppietta!
L’aver pensato alla Giornata mondiale dell’orgasmo le fa tornare alla mente quelli avuti prima di lasciarsi col suo fidanzato, e dal ricordo di tanti momenti felici pensa alla Giornata mondiale dell’uccello migratore. Ma lo spremersi le meningi manda in crisi Richy, anche perché riempire 15 tavole non è uno scherzo. Con lo sguardo della disperazione, alza per un attimo la faccia e vede il frigo. Una certa fame inizia a prenderla sentendo brontolare lo stomaco come se fosse un temporale. Ricordandosi che ha ancora della pizza avanzata dalla sera prima, le viene il colpo di genio: Giornata internazionale della pizza italiana, che insieme a quella delle torte ci sta proprio bene. “Cavoli, perché non ci ho pensato prima?” e scrive e mangia. “Che vada al diavolo la dieta!” esclama con tono solenne. Nel mentre che mette il tutto nero su bianco, l’occhio le cade su una rivista che stava guardando con la pagina aperta sull’evoluzione dell’uomo, e quale occasione migliore di questa nel comporre una lista che verrà ricordata dall’umanità intera? “Chissà cosa avrebbe pensato Darwin di questa nostra evoluzione… Ci sono! Facciamo il Darwin Day così per ricordarmi di tutto questo.” In realtà pensa anche ad altri tipi di evoluzioni ma meglio non scriverle. Gli occhi a questo punto cominciano a diventare sempre più pesanti fino a quando non si addormenta sul tavolo. Nasce così al suo risveglio la Giornata mondiale del sonno.
“Antò.” “…” “Antòòòò! Ho fatto.” “Sto giocando a frisbee. L’hai inserita la Giornata mondiale del frisbee?” “No.” “Non importa, mi piace che resti uno sport di nicchia. Dimmi dunque.” “Ho finito.” “Vediamo, sì, buon lavoro, ma manca ancora una giornata fondamentale. Vai ai Bagni di Trevi e…” “La Fontana di Trevi.” “Non è la stessa cosa con quel bel piscinozzo?” “No.” “Allora ti ordino di immergerti, fare due bracciate, pescare qualche monetina e avrai l’ispirazione ultima e fondamentale. Corri!” “Adesso?” “Adesso!”
Richy obbedisce anche se con molte perplessità. E se non avesse trovato le monetine? E se i vigili l’avessero trovata nuotando e fatto un mazzo tanto? E se i trentatrè trentini non entrano a Trento? Una volta arrivata a destinazione, si immerge furtiva nella fontana alla ricerca delle Monetine della Sacra Ispirazione Ultima (MSIU). Nuotando con la stessa grazia e agilità dei pesci migratori che vanno incontro al proprio destino, Richy tenta di compiere il suo ultimo incarico con le sacre monetine, e avendone trovate solo qualche migliaio, i dubbi aumentarono ancora di più. In compenso, però, pensava a come spenderle. Dopo aver raggiunto per un attimo la pace interiore immaginando l’armadio pieno come un outlet, un cartello la riporta alla dura realtà: le monetine se le deve scordare. “Aaaaaaa mannaggia i pescetti!” esclama con un certo disappunto. Piena di tristezza per aver fallito la missione che le era stata affidata, sta per scavalcare il muretto della fontana quando all’improvviso vede una monetina più scintillante delle altre. In quel preciso momento è come folgorata sulla Piazza di Trevi ed è lì, finalmente, che trova la sua ultima e definitiva ispirazione per la giornata mondiale mancante all’appello: quella della carbonara.
Lo amo già. È stato più forte di me. Dapprima gli ho resistito, ma poi è stata fatta e così sono diventata una grandissima fan di una nuova figura mitologica: il Ticinese a Milano.
Spiego. IlTicinese a Milano è un diversamente italiano che per vari motivi stanzia provvisoriamente sul territorio del nostro bel Paese.
Uso diversamente italiano poiché il termine straniero sarà presto rimosso dal vocabolario-politicamente-corretto. La tendenza si muove in questo senso e lo si evince dalla massiccia sostituzione del lemma.
Qualche esempio. Lo straniero è connotato come:
clandestino (quando dimostra di non avere i requisiti per entrare nella UE);
immigrato (quando, quando, quando? Il concetto di migrazione parla di uno spostamento; con le sue varianti immigrazione ed emigrazione chiede che si specifichino i luoghi di partenza e approdo);
forza lavoro (magari a buon mercato);
nuovo italiano (se di seconda generazione e in attesa del conferimento della cittadinanza, perciò, fino a quel momento, sostanzialmente apolide);
contribuente (eh sì, anche lo straniero paga le tasse e le pensioni di chi ne fruisce… lo straniero passa, stanzia e paga);
turista (per soli due mesi, ma di pacchia per chi lo accoglie);
investitore (altra figura mitologica).
Ma torniamo al Ticinese a Milano, perché appassionarsene?
1) Perché ne sono affascinata. Ogni volta che dal macro passo al micro mi appassiono alle storie personali. 2) Perché mi serve. Lui, il Ticinese a Milano, mi aiuta a capire qualcosa che non è di facile comprensione e lo fa come solo uno svizzero può, ponendo domande precise e pretendendo risposte precise.
LE IPOTESI L’introduzione della certificazione verde rinforzata dal 6 dicembre solleva parecchie domande sulla compatibilità con il pass europeo, il trattamento dei dati sensibili e le modalità di controllo – La normativa europea è chiara, ma il paradosso potrebbe essere dietro l’angolo – L’app Verifica C19 verso l’aggiornamento
Il via libera al super green pass da parte del Consiglio dei ministri sta creando confusione tra i turisti che intendono recarsi in Italia dopo il 6 dicembre. Il nuovo decreto, infatti, fa acqua da più parti, soprattutto per quanto riguarda la compatibilità tra la certificazione verde rinforzata e il pass europeo, il trattamento dei dati sensibili le modalità di controllo.
Italiani no, turisti sì? Anche il quotidiano italiano «Il Sole 24Ore» si è interrogato sul nodo della compatibilità e sul possibile paradosso che potrebbe verificarsi con l’introduzione della certificazione verde rinforzata. In buona sostanza, lo scenario che si potrebbe palesare sarebbe quello in cui il cittadino italiano, non vaccinato o guarito, potrebbe sì vedersi chiudere le porte in faccia di un ristorante o un di cinema, ma la stessa sorte non toccherebbe a un turista svizzero oppure a uno francese perché esonerati da qualsiasi restrizione alla libera circolazione. Una matassa da sbrogliare non di poco conto per il Governo capitanato da Mario Draghi visto anche l’avvicinarsi del periodo natalizio. La normativa europea in materia di certificazione sanitaria non lascia spazio a libere interpretazioni e stabilisce che il pass UE – ottenibile con certificato di vaccinazione, guarigione o con tampone negativo – venga accettato da tutti gli Stati membri. Inoltre, si legge sul sito dell’UE, «gli Stati membri dovranno astenersi dall’imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato Covid digitale dell’UE, a meno che esse non siano necessarie e proporzionate per tutela della salute pubblica» e, in tal caso, gli Stati devono «informare la Commissione e tutti gli altri membri e giustificare tale decisione». Fonti di governo riferiscono tuttavia che, per i turisti stranieri, varranno le medesime regole che dovranno rispettare gli italiani. Tradotto: chi non è vaccinato potrà sì entrare in Italia e soggiornare in albergo con il tampone, ma non potrà andare al cinema, a teatro e nemmeno a mangiare nei ristoranti al chiuso.
Risposte in questo senso non sono ancora arrivate dal Governo italiano, proviamo quindi a sollevare qualche domanda sul procedimento di verifica che dovrebbe avvenire per quanto riguarda il super green pass e i certificati sanitari adottati dagli altri Stati membri UE. Premessa: ricordiamo che dal 6 dicembre fino al 15 gennaio i vaccinati o i guariti potranno accedere a ristoranti, locali, eventi e manifestazioni culturali e sportive, mentre con il tampone negativo ci si potrà unicamente recare al lavoro e utilizzare i mezzi pubblici. Detto questo, ipotizziamo che un ticinese munito di tampone negativo si rechi in treno a Milano il 7 dicembre e, dopo essere arrivato in stazione Centrale, decida di prendere la metropolitana incappando in un controllo. L’app di verifica del controllore è diversa da quella del ristoratore? Teoricamente, dovrebbe dare luce verde sulla metropolitana e luce rossa all’entrata del ristorante. La domanda in questo caso allora è lecita: l’applicazione come fa a distinguere dove si trova il ticinese? Al momento non ci sono risposte chiare sul procedimento.
La questione della privacy Il problema della compatibilità tra il super green pass e il pass europeo è collegato inevitabilmente alla questione della tutela dei dati sensibili. Le criticità non sono di poco conto, visto che in Italia nessuno avrebbe diritto – a parte le autorità – di chiedere se una persona è vaccinata o meno. Ecco, il problema nasce proprio qui. Pare evidente, dal punto di vista tecnico, che con due tipi di permesso (super green pass e green pass base, ndr) occorrerà distinguere anche il documento che comprova l’avvenuta vaccinazione o il tampone. I ristoratori, ad esempio, dovranno avere la possibilità di distinguere chi può entrare e chi no. Parecchi grattacapi, quindi, per il Garante della privacy.
A tal proposito, appare chiaro che non ci sarà una nuova applicazione per eseguire i controlli. Verifica C19, oramai consolidata fra gli esercenti, sarà «semplicemente» aggiornata. I dettagli sono ancora da definire, ma secondo fonti di governo all’interno della stessa app vi saranno due funzioni distinte: la verifica del super green pass e quella del green pass di base. L’esercente, promettono sempre le fonti governative, non verrebbe a conoscenza dello stato vaccinale del cliente: la privacy, insomma, verrebbe salvaguardata. Ma, appunto, per il momento siamo ancora nel campo delle ipotesi. Pasquale Stanzione, il garante, ha ribadito più volte che vanno assolutamente evitate «discriminazioni in base alle scelte vaccinali» oltre alla necessità di garantire sempre «la riservatezza» in merito alle «scelte da ciascuno compiute in ordine alla profilassi vaccinale»
Controlli sui mezzi pubblici? «Impossibile» L’obbligo del green pass base sui mezzi pubblici si prospetta come un flop clamoroso. I dubbi sulla reale fattibilità aumentano ora dopo ora e i controlli sembrano fare acqua da tutte le parti, senza contare il caos e i rallentamenti nelle corse. Secondo diversi media italiani, tra le ipotesi al vaglio del Governo ci sarebbero l’utilizzo dell’esercito e l’allungamento dei turni del personale, anche se l’idea ventilata sta facendo storcere il naso ai sindacati. Al Ministero dell’Interno, però, l’unica cosa chiara di questa disposizione pare essere l’impossibilità di controllare ogni persona che sale su un treno regionale o prende la metropolitana. L’Azienda dei Trasporti Milanesi, da noi contattata, fa sapere che attualmente non è giunta nessuna comunicazione da parte del Governo, nonostante stia circolando la bozza di un documento (non ancora firmato dalle autorità) in cui non si esclude la possibilità di limitare ai soli treni regionali l’obbligo del green pass.
@didiluce ha scattato attimi che trovo di un’infinita serena intimità. La ringrazio per avermeli concessi. Ringrazio anche il Muso per il rischio preso! Ho provato ad aggiungere il testo.
Buona visione e buona lettura!
Dei
Ti ricordi quando il mondo tra le mani era perfetto? Ancora piccolo, ma grandioso e alla nostra portata. Sfera che rifletteva sogni, vi si nutriva, e noi pure. Beati, lì, rapiti, a giocare agli Dei.
E poi noi. Sai. Ci siamo visti strani, per la prima volta. Senza capire abbiamo mescolato tutto, anche i nostri profili. E non c’è stata gioia più grande. E il mondo ha inclinato l’asse.
“I figli sono gioie, felicità ecc. ma anche maligni amplificatori biologici che si infettano con virus per loro quasi innocui, li replicano potenziandoli logaritmicamente e infine li trasmettono con atroci conseguenze per l’organismo di un adulto”.
Roberto Burioni via Twitter
Leggere cose di questo tipo fa male al fegato. I bambini hanno già il feroce senso di colpa di poter infettare genitori e nonni, glie lo insegnano a scuola (e non solo) che sono potenziali assassini delle persone alle quali vogliono bene.
Riporto questo articolo di psychiatryonline.it, visto che non ci si rende conto dei limiti è bene metterne qualcuno.
Il prof. Roberto Burioni, il virologo che durante la pandemia ha occupato grande spazio nelle trasmissioni televisive, senza apportare un grande contributo né alla conoscenza scientifica né alla nostra informazione, ha lanciato, tramite Twitter, un’ammonizione contro il “maligno” che minaccia la nostra esistenza. Il contenuto è espressione di una mentalità diffusa che attribuisce funzione pedagogica all’induzione della paura: “I figli sono gioie, felicità ecc. ma anche maligni amplificatori biologici che si infettano con virus per loro quasi innocui, li replicano potenziandoli logaritmicamente e infine li trasmettono con atroci conseguenze per l’organismo di un adulto”.
Il messaggio è testimonianza di un vissuto persecutorio che attecchendo nel nostro mondo interno, fa della paura il regolatore normativo di un assetto mentale e affettivo chiuso in se stesso. Il rischio dell’infezione in caso di pandemia si affronta con una serie di precauzioni (anche drastiche) che motivate da una sana percezione del pericolo non devono essere tuttavia dettate dalla paura (l’indispensabile stato d’allerta che di per sé non offre alcuna via d’uscita), ma dalla ragionevole valutazione dei rischio e delle soluzioni possibili (quelle di emergenza e quelle di più lunga prospettiva).
Al netto di tutti i gravi errori del passato (a partire dalla mancanza di dispositivi di prevenzione seri e funzionanti e dalla crisi della salute pubblica in quasi tutto il mondo) che, restando irrisolti, continuano a minare i nostri sforzi di uscire dallo stato di necessità, senza cadere in un altro, l’umanità non manca certo di strumenti per fronteggiare il problema sanitario. La pandemia non ci spazzerà via sul piano biologico. In gran parte grazie ai vaccini (al di là della logica di speculazione che sottende la loro produzione). Un problema ben più importante è la nostra tenuta psichica. Su questo piano rischiamo di subire effetti molto negativi di lunga durata: uno stato depressivo persistente e una percezione paranoica della nostra relazione con gli altri. Non è questo lo stato d’animo migliore per progettare il nostro futuro.
Investire sulla paura (facendo leva su quella fisiologicamente esistente per intensificarla) per educare i cittadini ai giusti comportamenti di fronte a un pericolo, è sempre controproducente. L’eccesso di paura, producendo destabilizzazione psichica e angoscia, facilita reazioni impulsive e incoerenti o sfocia in un diniego del pericolo. Inoltre, la paura induce obbedienza e scoraggia il senso di responsabilità. Pensare che di fronte a una minaccia grave, una massa di individui obbedienti possa funzionare meglio di una comunità di cittadini responsabili (consapevoli dei loro interessi comuni), fa parte di una mentalità militare. Questa mentalità non solo non va bene per venire a capo dei problemi legati alla precarietà del nostro sistema sociale; ha dimenticato anche la lezione della sconfitta dei Persiani da parte degli ateniesi a Maratona.
I fautori della fobia come mezzo di persuasione non si rendono conto di esserne abitati silenziosamente e di agire non per uscire dall’esposizione a un pericolo, ma per rendere lo stato di paura permanente e usarlo come fattore di stabilizzazione interna. Questo è un circuito perverso in cui l’eccesso destabilizzante della paura viene attutito con un assetto fobico che estroverte la destabilizzazione, convertendola in minaccia che viene da fuori. L’irrigidimento difensivo della propria posizione nel mondo, che crea una falsa sicurezza, sposta imprevedibilmente la percezione del pericolo da un oggetto a un altro, senza che ce ne sia coscienti. Crea diffidenza ostile anche nei confronti di ciò che si ha di più caro. I bambini saranno vaccinati solo su indicazione della scienza e non perché posseduti dal demonio. Contro i virus non abbiamo bisogno di esorcisti.
(l’italico in grassetto è mio, scusate l’intromissione – endorsum)
Se il tuo pediatra non lo conosce, traducilo per lui.
Un Amico (che ringrazio molto!) mi ha indicato questo documento. Lo ritengo importante poiché indica ai pediatri come curare i casi di miocardite e pericardite dopo la vaccinazione mRNA COVID-19 nei bambini.
Non si fa retorica, è una procedura dedicata alle persone competenti (i pediatri) per affrontare al meglio la nuova realtà.
Compito di un genitore è accertarsi che queste nozioni siano in possesso del medico curante, affinché possa svolgere al meglio il suo lavoro.
Il testo è in inglese ed è facilmente traducibile con traduttori gratuiti in linea, se il medico non ha confidenza con l’inglese.
Autore: The Hospital for Sick Children (“SickKids”)
“This document aims to provide interim guidance based on consensus opinion for clinicians who will be assessing pediatric patients who develop myocarditis or pericarditis after mRNA COVID-19 vaccination and should not replace best clinical judgment. This document will be revised as further information on this condition is gained. The management and clinical decision algorithm can be found at the end of this document.”
– Hai visto lì? – Una sfera in mano. – Bellissima, è una sfera magica! – Ma no, non è magica. – È magica di sicuro, levita! – Sì, forse hai ragione, qualcosa di magico ce l’ha. – Te l’ho detto! – Ma c’è anche un indizio scientifico, quella lente di ingrandimento indica l’analisi, il bisogno di capire. – Indica miopia! – Ma come? Distruggi così la mia interpretazione? – Sei troppo materiale. – Tu lo sei stato con la storia della miopia!. – Scherzavo, ti prendevo in giro. – E se ti dico che ci sono due murene in amore? – Romanticismo, è chiaro! – Romanticismo eh? – Molto, moltissimo romanticismo. – Potrebbe essere perfino un complimento. – In compenso c’è un pesce Mago. – Non credo proprio. – Io quei colori li spiego solo con una volontà fantasiosa di darsi un tono. – Sì, un tono sopra le righe: un pagliaccio. – Ecco, dal romanticismo al dileggio, deciditi. – E quello nascosto? – Dirai che è timido. – Lo dico sì. È timido. – E io dico che aspetta solo di sferrare il suo attacco migliore! – Non mi piace come sta andando, facciamo piazza pulita di tutto? – Non ci penso proprio, alle mie opinioni ci tengo. – E ho anche insistito per portarti qui oggi! – Avrai voluto il mio parere. – Magari la tua compagnia. – Sì, può anche essere… come due farfalle allora? – Sembrano proprio due farfalle. – Siamo finalmente d’accordo. – Sono stupende, non credi? – Come noi? – Noi un po’ meno. – Non ti lasci mai prendere, come quella stella marina, anzi, lei si è lasciata prendere. – Non gradirà la presa di sicuro. – Sei così… così! Sei come quell’essere dagli occhi blu! – E tu il solito merluzzo! – Non so se è un merluzzo. – Nemmeno io. – Però felice che tu abbia insistito per portarmi. – Lo sono anch’io. – Pesce per cena? – Facciamo gallinacei.
Mesi, ti eri detto. Quanti mesi. Prima di. E quel giorno era giunto docile, senza forzare la presa, semplicemente aspettando. Poi avevi dovuto rivolgere una richiesta, diretta, decisa, ma senza enfasi e il gioco si era messo in moto: i tempi maturi, la situazione giusta e l’avevi lasciata venire. Sì. Fin sotto il tuo sguardo.
Ah, quanta bellezza! Vestita solo di coriacea resistenza, ancora, anche così, impudente e nuda.
La tua saliva bloccata intorno alla lingua. La curiosità sfrenata. Le mani immobili e timorose d’errori. Lo sguardo affamato, di una visione esplicita, per te, tutta per te.
Pronto, in fondo pronto ad averla, a toccarla. Pronto a scoprirne il sapore segreto. La sola idea a farti aprire le labbra, e a leccarle, di punta, con il brivido del bagnato accarezzato dall’aria. I denti a morsa, imprigionando il labbro inferiore, per trattenere un pensiero proibito.
Lei lì, come mai prima. Distesa, sicura in offerta. Quasi violenta su quel bianco e in attesa di un gesto, di un’intenzione.
E tu ancora assente, presente, consapevole d’essere senza quella speciale perizia per addentrarti. In lei. Intimamente.
Il coraggio forse, o l’audacia. Magari.
Facesti l’unica cosa sbagliata e l’aggredisti, incapace d’altro. Al tocco della lama lei schizzò via. Dal piatto. Rossa di vergogna, per te.
– Le porto un’altra arogosta?
– No, non la merito.
Dua Lipa – We’re Good I’m on an island Even when you’re close Can’t take the silence I’d rather be alone I think it’s pretty plain and simple We gave it all we could It’s time I wave goodbye from the window Let’s end this like we should and say we’re good We’re not meant to be like sleeping and cocaine So let’s at least agree to go our separate ways Not gonna judge you when you’re with somebody else As long as you swear you won’t be pissed when I do it myself Let’s end it like we should and say we’re good No need to hide it Go get what you want This won’t be a burden if we both don’t hold a grudge I think it’s pretty plain and simple We gave it all we could It’s time I wave goodbye from the window Let’s end this like we should and say we’re good We’re not meant to be like sleeping and cocaine So let’s at least agree to go our separate ways Not gonna judge you when you’re with somebody else As long as you swear you won’t be pissed when I do it myself Let’s end it like we should and say we’re good Now you’re holding this against me Like I knew you would I’m trying my best to make this easy So don’t give me that look, just say we’re good We’re not meant to be like sleeping and cocaine So let’s at least agree to go our separate ways Not gonna judge you when you’re with somebody else As long as you swear you won’t be pissed when I do it myself Let’s end it like we should and say we’re good
Sono su un’isola Anche quando sei vicino Non sopporto il silenzio Preferisco essere solo Penso che sia abbastanza chiaro e semplice Abbiamo dato tutto quello che potevamo È il momento di salutare dalla finestra Finiamola come dovremmo e diciamo che siamo a posto Non siamo fatti per essere come il sonno e la cocaina Quindi almeno accettiamo di andare per la nostra strada Non ti giudicherò quando sarai con qualcun altro Finché giuri che non ti incazzerai quando lo farò io Finiamola come dovremmo e diciamo che siamo a posto Non c’è bisogno di nasconderlo Vai a prendere quello che vuoi Questo non sarà un peso se entrambi non serbiamo rancore Penso che sia abbastanza chiaro e semplice Abbiamo dato tutto quello che potevamo È il momento di salutare dalla finestra Finiamola come dovremmo e diciamo che siamo a posto Non siamo fatti per essere come il sonno e la cocaina Quindi almeno accettiamo di andare per la nostra strada Non ti giudicherò quando sarai con qualcun altro Finché giuri che non ti incazzerai quando lo farò io Finiamola come dovremmo e diciamo che siamo a posto Ora me lo stai rinfacciando Come sapevo che avresti fatto Sto facendo del mio meglio per renderlo facile Quindi non guardarmi così, dì solo che siamo a posto Non siamo fatti per essere come il sonno e la cocaina Quindi almeno accettiamo di andare per la nostra strada Non ti giudicherò quando sarai con qualcun altro Finché giuri che non ti incazzerai quando lo farò io Finiamola come dovremmo e diciamo che siamo a posto Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
Il testo è stato ispirato da una fotografia di Yolanda. Grazie per avermi permesso di portarla qui sulle pagine beige! (Il testo è tradotto in inglese con deepl.com)
The text was inspired by a photograph of Yolanda. Thank you for allowing me to bring it here on the beige pages! (The text is translated into English with deepl.com)
E così sei tu il secondo, il lindo, quello chiaro. Il gemello buono che la notte dorme. Il fratello senza buchi nei calzini. L’amico sorridente e con la ragazza giusta, la principessa del quartiere.
Sempre tu. Fedelmente vicino. Ostinatamente accanto, sempre impegnato in giuste cose, e quanti altri smaglianti aggettivi potrei trovare per le tue cose.
Non ti avevo mai visto di fronte, ho sempre e solo avuto la vicinanza del costone rugoso. Consola che l’uso logori anche te. Non abbastanza, mai abbastanza, un bel confronto non c’è che dire.
Potrei morire appassito per questo confronto, ma so, io so: tu sei lo specchio che non riflette.
English version
Stubbornly alongside.
So you’re the second one, the clean one, the clear one. The good twin who sleeps at night. The brother with no holes in his socks, The smiling friend with the right girl, The neighbourhood princess.
Always you. Faithfully close. Stubbornly near, always engaged in the right things, and how many other bright adjectives could I find for your things.
I had never seen you in front of me, I only had the proximity of the wrinkled edge. it’s comforting that use wears you down too. Not enough, never enough, a good comparison no doubt.
I could die withered by this comparison, but I know, I know: you are the mirror that does not reflect. (in Italian the verb reflect also has the meaning of think.)
Starò via qualche giorno. Lascio qui tutti i miei articoli e anche Musalogia (alcuni articoli dedicati alle Muse sono programmati e saranno pubblicati in automatico).
Non fate cose che io non farei e fate cose che io farei, poi, fate cose che io non farei e non fate cose che io farei 🙂
Mi chiedevo, rispolverando un antico termine/concetto ormai desueto, i Padroni, esattamente, di cosa sono padroni? E di seguito, di cosa vogliono ancora essere padroni? E poi, i cittadini, mi chiedevo, di cosa sono padroni? E di cosa dovrebbero essere padroni?
Pensando e pensando mi sono anche chiesta qualcosa sulla fatica.
Ode alla fatica (che ode non è).
Ho visto un uomo robusto un po’ sovrappeso decisamente sovrappeso ciccione (eee checcazz!).
Ho visto un uomo molto vestito vestito pesante molto pesante con la corazza (eee porcaputtan!).
Ho visto un uomo camminare veloce in corsetta correre correre come un quattrocentista (maaa che è?).
Ho visto un uomo avvicinarsi a un uomo seduto rivolgersi all’uomo seduto sovrastare con il corpo robusto l’uomo seduto manganellare senza sosta l’uomo seduto (eee mavaffanc!).
Ma la fatica, mi sono chiesta la fatica? mi son richiesta.
A parte la fatica di trattenersi dal manganellare.
Ma la fatica, mi sono chiesta la fatica? mi son richiesta.
A parte la fatica di picchiare un inerme inoffensivo.
Ma la fatica, mi sono chiesta la fatica? mi son richiesta.
A parte la fatica di pestare il tuo datore di lavoro.
E mi son chiesta:
MA LA FATICA DI UN UOMO DI MEZZA ETÀ SOVRAPPESO BARDATO DA GUERRA CHE CORRE COME UN UNDICENNE E RANDELLA FINO ALLA BAVA ALLA BOCCA
I processi propri dell’ispirazione sono un mistero, sì, ne convengo.
Buona lettura.
Ava
Giandomenico è Ava. Da 35 anni.
L’occhio verde, l’arco sopracciliare, la fossetta al mento. Il naso no, è diverso.
Per lui è normale aver collezionato 35 anni di onorato lavoro notturno in un locale dedicato al travestitismo, come si diceva una volta.
Giandomenico è Ava di notte e un serio professionista di giorno, anche questo per lui è normale. Adesso è normale quasi per tutti, lo sdoganamento ha fatto molto. Troppo. Negli ultimi vent’anni la clientela è aumentata proprio per la sua notorietà in quanto Ava. Ne è stato lieto durante i primi anni.
«Ava, dove hai detto che ti sei fatta la ceretta l’ultima volta?» «Non l’ho detto.» «Che strano, ma da chi sei andata?» «Da un’estetista qualsiasi. Devi firmare questo.» «Ah, sì, scusa, ma un’estetista qualsiasi, che risposta è? Non è da te!» «Domani portami tutte le fatture.» «Ah, certo, ma per la pelle del viso, dico, per la pelle hai fatto qualcosa?» «Mi rado con un rasoio a mano libera.» «Ma dai! Fantastico!» «Insegnamento paterno.» «Stupendo!» «Sì. Ciao, adesso ho un altro cliente.» «Io non sono capace.» «Succede. Ciao.» «Questo gusto antico per le tradizioni, il passaggio generazionale di un gesto…» «Infatti. A domani.» «È un rimasuglio di mascolinità così pittoresco!» «Pittoresco un par di palle! È UNA COSA PER UOMINI VERI!» Lo urla esasperato con voce da baritono. Ecco, questo per Giandomenico non è normale. Il cliente si zittisce, strabuzza gli occhi, le mani sulla bocca aperta in stupore, un flap-flap di ciglia e, con voce soprana, ribatte eccitato. «Mi insegni?!»
Ci siamo, le fini son giunte… Sono tante e bellissime!!!
Ognuno può scegliere la propria, quella che sente più vicina. Io le amo tutte-tutte e ringrazio chi ha partecipato a questa avventura!
Presto produrrò la resa ultima dello Story-Lenny, nel frattempo buone letture!
(Non c’è una data di scadenza, i finali sono aggiungibili, per chi desiderasse proporne altri.)
Buon divertimento!
(STORY-LENNY CONTINUA A ESSERE UN TESTO MANIPOLABILE DAL LETTORE, SIA NELLA SINGOLA PUNTATA CHE NELLA TRAMA COMPLESSIVA, A PIACERE.)
BREVE RIASSUNTO Il Narratore irrompe nella quotidianità di un suo personaggio: Cara. Considerandola una propria creatura, assume l’atteggiamento di un Creatore Onnipotente. Cara reagisce e resiste, ha una vita e in essa è presente Lenny. Il Narratore, invaghito, alterna seduzione e irrispettoso interventismo per costringerla a lasciare Lenny e dedicarsi a lui soltanto. Lenny ha però raggiunto la maturità dell’eroe e, con uno stratagemma, va a riprendersi Cara, portandola via dall’appartamento. Il Narratore resta in casa di Cara solo e sconsolato.
Silenzio. Poi un canto in lontananza che si avvicina sempre di più alla porta. Odore di incenso e fumo provenire dalla fessura sotto la porta.
Chi è? Quali personaggi staranno arrivando e a chi farò fare il MIO racconto?
Non distinguo bene le parole ma sembrano in una lingua strana, forse antica. Latino. Sembra latino. Non ne sono sicuro, ma delle lingue che conosco, questa non mi risulta familiare. Ci sarà sempre tempo per indagare, o per farmelo dire.
Ancora silenzio.
I passi, che prima si udivano sotto il canto di tante voci, si sono fermati improvvisamente insieme ad esso. Passano secondi interminabili, rotti soltanto dal movimento della maniglia della porta con un cigolio familiare.
La porta si apre piano con movimento diffidente. Una donna non più giovane ma vestita elegante entra dentro per vedere chi ci possa essere dentro l’appartamento.
È Jane Fonda.
Si ferma al centro della stanza muovendo la testa in ogni angolo per scrutare il posto dov’è entrata, domandandosi cosa ci facesse lì e perché. Non mi sembra vero che sia lei, e controllo e ricontrollo per vedere se sia vera o è solo una mia allucinazione dovuta alla mancanza di colei che c’era prima.
Cara mentre si trova ad una festa al ristorante insieme alle sue amiche, intravede Lenny in compagnia di un’altra ragazza e con grande tristezza, si rende conto che lui la tradisce. Cara ferita nei suoi sentimenti, scoppia in lacrime e si allontana in auto lasciando il locale e rientra a casa. Si dirige tremante verso la sua camera e si butta sul letto piangendo a dirotto. Il narratore, nel frattempo lontano da casa, percepisce il dolore di Cara e decide, mosso dai suoi sentimenti nei confronti della ragazza, di ritornare da lei e si materializza nuovamente a casa di Cara.
Nuovamente al suo fianco, resta in silenzio per osservarla, non sopporta di vederla piangere .
« Mia Cara sono tornato da te. Sapevo che Lenny non era sincero nei tuoi confronti… l’ho sempre saputo, è per questo che cercavo di allontanarti da lui, ma tu ingenua e innamorata com’eri, non te ne rendevi conto. Il mio amore per te è più forte del rancore, non ti abbandonerò mai a differenza di Lenny…»
Cara riconosce quella voce così profonda e calda, autoritaria ma accogliente, si volta di scatto. Il narratore è nuovamente al suo fianco.
« Sei tornato… dopo tutto quello che ti ho fatto senti ancora dei sentimenti per me…» sussurra in un filo di voce roca dal pianto.
« Non ho il coraggio di abbandonarti, ti amo perdutamente nonostante tutto e se mi permetti un consiglio, non devi piangere per Lenny, non merita le tue lacrime. Avanti, ora riprenditi e guarda verso il futuro, hai tutta una vita davanti, non permettere a delle persone false, di spegnere la tua luce meravigliosa! »
Quelle parole così cariche di affetto ma severe al contempo, scuotono Cara nel profondo. Come presa da una nuova carica di vitalità, si alza dal letto, ha gli occhi ancora arrossati dalle lacrime, è bellissima, pensa il narratore.
« Non pensavo che provassi ancora dei sentimenti per me, io che ti ho sempre ignorato e mi ostinavo a stare fra le braccia di un uomo che non mi ha mai amata… mentre rientravo a casa pensavo a te che non eri più al mio fianco e che, probabilmente, ti avevo perso per sempre…» Cara abbassa lo sguardo, le lacrime colmano ancora una volta i suoi occhi, avrebbe voluto buttarsi fra le sue braccia per consolarla, ma non può poiché lui è un essere immateriale.
« Narratore… perdonami per tutto ciò che ti ho fatto… solo ora mi sto rendendo conto che ti ho sempre amato, ma accecata com’ero dai miei sentimenti per Lenny, non l’avevo mai capito. Non voglio più mentire, ho sofferto molto la tua lunga assenza, era come se un vuoto si fosse formato nella mia anima, era la nostalgia… mi sono resa conto che senza di te non posso vivere…» Cara solleva il viso rigato dalle lacrime come per guardare negli occhi il suo interlocutore, pur sapendo che non è possibile.
« Cara… le tue parole mi lasciano senza fiato… purtroppo la vita ci è avversa e il destino ha voluto che io fossi un essere immateriale, un Ultracorpo, così come viene chiamata la nostra specie, la nostra relazione a livello fisico è impossibile. Ma potrò stare al tuo fianco sempre e comunque. Vivo in te, nella tua mente e questo mi permette di viverti ogni attimo. »
Cara stringe le braccia attorno al suo corpo come per simulare un abbraccio. È così che Cara e il narratore sono diventati inseparabili.
Indovina. Ti aiuto, fa’ attenzione. Risate dal pianerottolo. Sul pavimento della stanza imballi sballàti. Mai sottovalutare un imballo. Il mistero, le potenzialità. Soprattutto in un Finale poi.
– Non può esserci un Finale adesso, lascio una porta aperta nel caso che Cara…
SBAM! Non tornerà, Caro. Il tuo sguardo appassionato ma limitato ha escluso certi amici di Cara e Lenny, ed eccomi qua.
– Io non ti vedo.
Lo so. Caro crede ancora di essere un Narratore. Si sforza ma non capisce cosa è successo. Non può farlo perché è legato alle sue consuetudini narrative. Inutili. Ero in quell’imballo, Caro. Ero ma non ero. Ora però sono.
– Ho mal di testa.
Lo so, Caro. Poi ti passa.
– Non ti ho vista uscire dall’imballo.
Indosso un muta integrale a specchio, Caro. Ma già non sono più qui, non più di quanto sia là. Questo Caro lo capisce, ma ci sono dei passaggi troppo ostici per lui. Ha bisogno di logica. Della sua. Si sente perduto. Lo è.
– Ma cosa vuoi?
Voglio solo guardarti, Caro. Amarti da lontano, amare te e tutti i tuoi atteggiamenti e i tuoi piccoli vizi. Ti sentirai forse un po’ meno libero, ma la tua Narratrice si prenderà cura di te e ti regalerà un corpo giovane e prestante. Caro sorride fra sé a quel pensiero, già pregustando momenti di estasi.
“Il Narratore, nel buio d’una notte illuminata dalla luna, lasciò che Lenny fissasse la sua immagine riflessa nello specchio e in quel preciso istante Lenny intuì che il riflesso di Narratore non era altro che il suo Ego. Capì che Narratore mai si sarebbe sottomesso a nessuna rinuncia. Sfrontato, arrogante, sfacciato, con tutti e soprattutto con Cara di cui voleva possederne il corpo.
Lenny pensò subito a Cara e avrebbe voluto in quell’istante dirle tutto per metterla in guardia. Ma come avrebbe reagito Cara? Già, Lenny immaginava che a Cara sarebbe piaciuta una situazione misteriosa e intrigante, sarebbe andata fino in fondo per capire se il desiderio nascosto di Narratore, che pulsava nel suo Ego e nelle sue mutande, fosse per amore o soltanto per un desiderio carnale. Si ma perché, si sarebbe chiesta Lei? Cara era forse bella, interessante, intrigante a tal punto da scatenare la passione in quell’Ego così spudoratamente sfrontato? E allora Jane Fonda era interessante quanto Lei o soltanto una banale tattica utilizzata da Narratore per farla Ingelosire?
Lenny conosceva bene Cara, il suo interesse verso gli uomini così spavaldi, conosceva i suoi pensieri, le sue voglie, le pulsioni più recondite.
Lenny guardò Narratore e poi si guardò anche lui allo specchio. Ma vide la stessa immagine, quella di un uomo sottomesso, senza particolari pulsioni, senza interesse verso il piacere estremo e il godimento della carne e dello spirito. Lenny, ammise allo specchio guardando l’Ego di Narratore, che Lui non era così. E, in questo scontro con l’immagine di Narratore, a Lenny venne un’intuizione. Era forse il figlio dell’Ultracorpo? Il figlio nascosto dell’Ego, di Narratore? Il figlio della colpa?
Lenny da quell’istante non ebbe più pace e capì che questa storia, l’intreccio con Cara, di Narratore, il suo Ego ultracorpale, sarebbe durata in eterno, non avrebbe mai avuto la parole fine. Oppure era soltanto un sogno, un’elucubrazione onirica da cui prima o poi si sarebbe svegliato?”
– Hai lasciato gli occhiali nel lavabo… – Impossibile! – Ti dico di sì. – Li hai spostati tu per farmi sembrare rincoglionito. – No. – Sì! – No ti dico, non c’è nessun bisogno che ti aiuti in questo. – Puttana! – Abbiamo passato da tempo quella fase. – Zoccola! – Anche quella. – Bel mignottone porco. – Ah, quella poi. – Sceriffa! – Durata poco. – Moglie! – Ma mi prendi in giro? – Suocera! – Ok, ti sei rincoglionito. – No!!! – Ma sentiti! – Mh, non hai torto. – E quindi? – Badante! – Badante no! Facciamo che li ho spostati io?
Ci siamo, la fine è giunta… Sarei tentata dalla retorica del caso, ma dirò solo: puoi scrivere un finale o scegliere quello che ti piace di più!
Buon divertimento!
(QUESTO È UN TESTO MANIPOLABILE DAL LETTORE, SIA LA SINGOLA PUNTATA CHE LA TRAMA COMPLESSIVA, A PIACERE.)
BREVE RIASSUNTO Il Narratore irrompe nella quotidianità di un suo personaggio: Cara. Considerandola una propria creatura, assume l’atteggiamento di un Creatore Onnipotente. Cara reagisce e resiste, ha una vita e in essa è presente Lenny. Il Narratore, invaghito, alterna seduzione e irrispettoso interventismo per costringerla a lasciare Lenny e dedicarsi a lui soltanto. Qui, siamo al punto in cui il Narratore dopo essersene andato per un battibecco, va a casa di Lenny per spaventarlo e convincerlo a lasciare Cara.
– Sola. Alla fine son da sola. E per forza! Lenny scappa per colpa di Quello. Quello scappa per colpa di Lenny. Ma si può? Ma è giusto? Vigliacchi tutti e due! Non si fa così, non se ci sono io di mezzo! Ecco! Ecco… oh mioddio… che dubbio brutto brutto! Non è che magari? Eh? Non è che magari quei due si stanno comportando come innamorati spaventati all’idea di amarsi? Oh mioddio-mioddio! Non è che il premio non è altro che la scusa per incrociare le spade? Eh? Eh??? … Naaaa. Avranno studiato all’Accademia Dell’In Amore Vince Chi Fugge, ma se fuggono entrambi chi cazzo rimane? Io. Sempre io… Lenny, Lenny, sei così tenero, audace, fantasioso e così pavido certe volte. Il Narratore non è mica un fantasma, ma chi te lo spiega? Mi prenderesti per pazza credendo a ciò che si crede di solito quando le porte si aprono e si chiudono da sole (contraria a parte). Già, le porte, non sbattono più, non si aprono quando ho la spesa in mano, non si chiudono se me le dimentico aperte. Narratore, Narratore, cosa ci fai intorno a me sempre a rompere piani e sequenze? Chi ti ha mandato? E chi mi ci ha messa in questa situazione? Intanto adesso non c’è nessuno. Dalla porta alla finestra. Vuoto vero. Silenzio. Non l’ho nemmeno chiusa, la finestra, non si sa mai. Anche in bagno ci vado meno volentieri da quando non mi devo più nascondere. La tua presenza, l’esserci sempre, sempre troppo, troppo e con invadenza! Ma l’esserci… Ci si abitua a tutto. Quando ci si abitua alla presenza, arriva anche la mancanza. Mi manchi. Un po’. Un po’ tanto. Non ha senso. Non ha davvero senso: dai, alzati e telefonagli, che la vita continua. Dove ho messo il cellulare? Ah, eccolo. Chiama… Ciao Lenny, come stai?… davvero? … no-no, non c’è più il fantasma! … sei quasi arrivato? … Lenny, vieni!
La porta si apre piano e un giovane uomo sta per varcare la soglia.
TA-DÀ!!! Sono il Narratore! E non sono un fantasma!
La porta si chiude piano. Cara è sul divano, lancia le scarpe al vento. Urla. Un urlo delizioso.
– Non puoi fare sempre così!
Sì, posso.
– No, non puoi!
Sì, posso!
– Sono stufa di te!
Non è vero!
Cara si alza dal divano col broncio e un piagnucolio senza lacrime, va buttarsi sul letto.
– Non entrare!
Entro.
Il pianto senza lacrime continua, la faccia sprofondata nel cuscino, le spalle in sussulti ritmici. Nulla si bagna. Poi un sospiro lungo. E… un pisolino.
Passa il tempo. Cos’è cambiato in mia assenza? Qualche vestito nuovo (interessante), la spazzatura quasi come quando me ne sono andato (preoccupante), gli appunti e i libri di studio in un luogo diverso (strano), alcuni titoli freschi d’acquisto (caspiterina), uno di questi sul comodino (perdindirindina!). Cara si sveglia al suono della mia voce. Sto recitando a memoria alcuni brani del testo ora vicino al suo capo. Riconosce le pagine (le prime, per non sbagliare), allunga il braccio e inizia a leggere ad alta voce, sostituendomi. Il tono le si ammorbidisce, come la postura, il respiro inizia ad affannarsi, le labbra si inumidiscono e le cosce, oh le cosce si cercano piano. Eccola, è lei, è proprio lei, quella che ho sempre desiderato.
DLIN-DLONG!
– Sei stato tu?
No.
– Vado a vedere.
Si alza svelta abbandonando il poemetto erotico sul letto. Risponde al citofono, sorpresa preme l’interruttore del portone d’ingresso e apre la porta, aspettando.
– È Lenny! Proprio adesso?
Non guardarmi così, non ne so nulla.
Il giovane uomo è già sulla soglia. Con un gesto rapido toglie dalle tasche dei pantaloni due tappi di cera e li infila fulmineo nelle orecchie. Lo sguardo è risoluto, troppo risoluto e… dove vai? Fermati!
BUÙ! TA-DÀ! SONO UN FANTASMA! NON È VERO, SONO MOLTO PEGGIO: SONO IL NARRATORE… CAZZO FERMATI!
Il giovane uomo afferra Cara per la mano, risucchiato dalla visione delle labbra umide la bacia appassionatamente. Lei ricambia, già ingentilita dalla lettura. In breve i corpi si pretendono. Lei si stacca un attimo, come riavendosi da un sogno.
– Lenny, non scappi?
Muto, sorride malizioso.
COSA RIDI STRONZO! SCAPPA! SCAPPA FIFONE DEI MIEI STIVALI!
Si srotola la fune cinta in vita, la lancia in bagno e, con sguardo fiero, prende in braccio Cara, trasportandola nella zona franca. Chiude la porta a chiave. Rumori di discesa (dalla finestra).
Silenzio.
Lenny? (14)
Jane Fonda, 83 anni, alla premiazione degli Oscar 2020 (immagine presa da qui)
Luce. Penombra. Buio. Penluce. I giorni si consumano cambiando rifrazione. Porta e finestre aperte ad accogliere. Un profumo di fiori di ciliegio ad aggraziar la vita in quattro mura. Desolazione a tratti. E a punti. A suggerire linee dall’imminente senso compiuto. Ribelle al segno tracciato da una volontà non mia, ripercorro gli angoli del perduto amore e trovo, negli oggetti che vi stanziano, il rarefatto pulviscolo di momenti sempre a filo di tangente. Cara, Mia Cara, te ne sei andata. L’abbandono brucia gli occhi di un Narratore senza corpo, occhi di fuoco, occhi d’inappetenza e fame, occhi brulicanti angoscia, che solo quella vedo in riempimento all’aria vuota. Di te.
Cara, Mia Cara… quando cazzo torni?
Non torni, già so, senza potere e inerme sto.
Oh, ecco, la porta si apre piano. Entrano uomini nerboruti dotati di imballi. Fuori dalla porta… Lenny?
BRUTTO BASTARDO FIGLIO DI PUTTANA!
Ma non sente, nessuno mi sente più.
Va bene. Si faccia: cambio genere!
Abbandonare il noto per il nuovo è eccitante e controverso, ma che sia! Solo uomini nelle future stesure! Monaci, magari! Monaci e di altri tempi, che la mia voce salga a equiparare quelle note! Non temo alcun confronto! Monaci, sì! E poche donne! Magari ottuagenarie!
SÌ, SOLO OTTUAGENARIE!
I FINALI POSSIBILI
Finale A
gioco di specchi in cui anche il narratore è narrato…
Silenzio. Poi un canto in lontananza che si avvicina sempre di più alla porta. Odore di incenso e fumo provenire dalla fessura sotto la porta.
Chi è? Quali personaggi staranno arrivando e a chi farò fare il MIO racconto?
Non distinguo bene le parole ma sembrano in una lingua strana, forse antica. Latino. Sembra latino. Non ne sono sicuro, ma delle lingue che conosco, questa non mi risulta familiare. Ci sarà sempre tempo per indagare, o per farmelo dire.
Ancora silenzio.
I passi, che prima si udivano sotto il canto di tante voci, si sono fermati improvvisamente insieme ad esso. Passano secondi interminabili, rotti soltanto dal movimento della maniglia della porta con un cigolio familiare.
La porta si apre piano con movimento diffidente. Una donna non più giovane ma vestita elegante entra dentro per vedere chi ci possa essere dentro l’appartamento.
È Jane Fonda.
Si ferma al centro della stanza muovendo la testa in ogni angolo per scrutare il posto dov’è entrata, domandandosi cosa ci facesse lì e perché. Non mi sembra vero che sia lei, e controllo e ricontrollo per vedere se sia vera o è solo una mia allucinazione dovuta alla mancanza di colei che c’era prima.
Cara mentre si trova ad una festa al ristorante insieme alle sue amiche, intravede Lenny in compagnia di un’altra ragazza e con grande tristezza, si rende conto che lui la tradisce. Cara ferita nei suoi sentimenti, scoppia in lacrime e si allontana in auto lasciando il locale e rientra a casa. Si dirige tremante verso la sua camera e si butta sul letto piangendo a dirotto. Il narratore, nel frattempo lontano da casa, percepisce il dolore di Cara e decide, mosso dai suoi sentimenti nei confronti della ragazza, di ritornare da lei e si materializza nuovamente a casa di Cara.
Nuovamente al suo fianco, resta in silenzio per osservarla, non sopporta di vederla piangere .
« Mia Cara sono tornato da te. Sapevo che Lenny non era sincero nei tuoi confronti… l’ho sempre saputo, è per questo che cercavo di allontanarti da lui, ma tu ingenua e innamorata com’eri, non te ne rendevi conto. Il mio amore per te è più forte del rancore, non ti abbandonerò mai a differenza di Lenny…»
Cara riconosce quella voce così profonda e calda, autoritaria ma accogliente, si volta di scatto. Il narratore è nuovamente al suo fianco.
« Sei tornato… dopo tutto quello che ti ho fatto senti ancora dei sentimenti per me…» sussurra in un filo di voce roca dal pianto.
« Non ho il coraggio di abbandonarti, ti amo perdutamente nonostante tutto e se mi permetti un consiglio, non devi piangere per Lenny, non merita le tue lacrime. Avanti, ora riprenditi e guarda verso il futuro, hai tutta una vita davanti, non permettere a delle persone false, di spegnere la tua luce meravigliosa! »
Quelle parole così cariche di affetto ma severe al contempo, scuotono Cara nel profondo. Come presa da una nuova carica di vitalità, si alza dal letto, ha gli occhi ancora arrossati dalle lacrime, è bellissima, pensa il narratore.
« Non pensavo che provassi ancora dei sentimenti per me, io che ti ho sempre ignorato e mi ostinavo a stare fra le braccia di un uomo che non mi ha mai amata… mentre rientravo a casa pensavo a te che non eri più al mio fianco e che, probabilmente, ti avevo perso per sempre…» Cara abbassa lo sguardo, le lacrime colmano ancora una volta i suoi occhi, avrebbe voluto buttarsi fra le sue braccia per consolarla, ma non può poiché lui è un essere immateriale.
« Narratore… perdonami per tutto ciò che ti ho fatto… solo ora mi sto rendendo conto che ti ho sempre amato, ma accecata com’ero dai miei sentimenti per Lenny, non l’avevo mai capito. Non voglio più mentire, ho sofferto molto la tua lunga assenza, era come se un vuoto si fosse formato nella mia anima, era la nostalgia… mi sono resa conto che senza di te non posso vivere…» Cara solleva il viso rigato dalle lacrime come per guardare negli occhi il suo interlocutore, pur sapendo che non è possibile.
« Cara… le tue parole mi lasciano senza fiato… purtroppo la vita ci è avversa e il destino ha voluto che io fossi un essere immateriale, un Ultracorpo, così come viene chiamata la nostra specie, la nostra relazione a livello fisico è impossibile. Ma potrò stare al tuo fianco sempre e comunque. Vivo in te, nella tua mente e questo mi permette di viverti ogni attimo. »
Cara stringe le braccia attorno al suo corpo come per simulare un abbraccio. È così che Cara e il narratore sono diventati inseparabili.
Indovina. Ti aiuto, fa’ attenzione. Risate dal pianerottolo. Sul pavimento della stanza imballi sballàti. Mai sottovalutare un imballo. Il mistero, le potenzialità. Soprattutto in un Finale poi.
– Non può esserci un Finale adesso, lascio una porta aperta nel caso che Cara…
SBAM! Non tornerà, Caro. Il tuo sguardo appassionato ma limitato ha escluso certi amici di Cara e Lenny, ed eccomi qua.
– Io non ti vedo.
Lo so. Caro crede ancora di essere un Narratore. Si sforza ma non capisce cosa è successo. Non può farlo perché è legato alle sue consuetudini narrative. Inutili. Ero in quell’imballo, Caro. Ero ma non ero. Ora però sono.
– Ho mal di testa.
Lo so, Caro. Poi ti passa.
– Non ti ho vista uscire dall’imballo.
Indosso un muta integrale a specchio, Caro. Ma già non sono più qui, non più di quanto sia là. Questo Caro lo capisce, ma ci sono dei passaggi troppo ostici per lui. Ha bisogno di logica. Della sua. Si sente perduto. Lo è.
– Ma cosa vuoi?
Voglio solo guardarti, Caro. Amarti da lontano, amare te e tutti i tuoi atteggiamenti e i tuoi piccoli vizi. Ti sentirai forse un po’ meno libero, ma la tua Narratrice si prenderà cura di te e ti regalerà un corpo giovane e prestante. Caro sorride fra sé a quel pensiero, già pregustando momenti di estasi.
“Il Narratore, nel buio d’una notte illuminata dalla luna, lasciò che Lenny fissasse la sua immagine riflessa nello specchio e in quel preciso istante Lenny intuì che il riflesso di Narratore non era altro che il suo Ego. Capì che Narratore mai si sarebbe sottomesso a nessuna rinuncia. Sfrontato, arrogante, sfacciato, con tutti e soprattutto con Cara di cui voleva possederne il corpo.
Lenny pensò subito a Cara e avrebbe voluto in quell’istante dirle tutto per metterla in guardia. Ma come avrebbe reagito Cara? Già, Lenny immaginava che a Cara sarebbe piaciuta una situazione misteriosa e intrigante, sarebbe andata fino in fondo per capire se il desiderio nascosto di Narratore, che pulsava nel suo Ego e nelle sue mutande, fosse per amore o soltanto per un desiderio carnale. Si ma perché, si sarebbe chiesta Lei? Cara era forse bella, interessante, intrigante a tal punto da scatenare la passione in quell’Ego così spudoratamente sfrontato? E allora Jane Fonda era interessante quanto Lei o soltanto una banale tattica utilizzata da Narratore per farla Ingelosire?
Lenny conosceva bene Cara, il suo interesse verso gli uomini così spavaldi, conosceva i suoi pensieri, le sue voglie, le pulsioni più recondite.
Lenny guardò Narratore e poi si guardò anche lui allo specchio. Ma vide la stessa immagine, quella di un uomo sottomesso, senza particolari pulsioni, senza interesse verso il piacere estremo e il godimento della carne e dello spirito. Lenny, ammise allo specchio guardando l’Ego di Narratore, che Lui non era così. E, in questo scontro con l’immagine di Narratore, a Lenny venne un’intuizione. Era forse il figlio dell’Ultracorpo? Il figlio nascosto dell’Ego, di Narratore? Il figlio della colpa?
Lenny da quell’istante non ebbe più pace e capì che questa storia, l’intreccio con Cara, di Narratore, il suo Ego ultracorpale, sarebbe durata in eterno, non avrebbe mai avuto la parole fine. Oppure era soltanto un sogno, un’elucubrazione onirica da cui prima o poi si sarebbe svegliato?”
(Lenny ha un anno! Lo ripropongo per rientrare nel clima per poter andare in chiusura dello Story-Lenny, tra 2 giorni. Per chi volesse fare un salto nel passato o nel futuro, ecco la pagina dedicata a Lenny: Il mondo di Lenny)
– Ma quale cara e cara, io non mi chiamo “cara”. Lenny? Dove sei finito?
Non c’è.
Cara smette di girare per la stanza e inizia a fissare gli angoli del soffitto.
– Da dove viene la voce? Ci sono delle telecamere?
No.
– Palle.
Io non mento mai, cara.
– La smetti? Lenny!
Cara è indecisa se cercare l’uomo o apparecchiature tecnologiche. Toglie il cellulare dalla borsa e avvia una chiamata.
– Lenny, santo cielo, rispondi… ciao Lenny, sono io, sono nel tuo appartamento, la porta era aperta, dove sei finito? Ti aspetto qui per una decina di minuti, poi vado, ciao. – Biiiiit –
Non verrà, cara.
– Come sarebbe a dire? E cosa ne sai tu?
Sono il Narratore, io so tutto.
– E ‘sti cazzi?
Ah! Ah! Ah! Sei simpatica.
– Ma vaffanculo!
Cara, non essere volgare.
– Senti non so chi sei e non sai chi sono, non potremmo finirla qui?
No, non potremmo, devo finire il racconto.
– E che devi raccontare? Di come mi muovo in un appartamento cercando chi non c’è?
Anche.
– Frustrato!
Non offendere.
– Cioè, fammi capire, io sarei un tuo “personaggio”?
Esattamente.
– E mi farai fare ciò che credi?
Per esempio.
– No! No caro!
Cara parla voltando alternativamente il capo a destra e a sinistra (con un piglio singolare, in effetti).
– Stai parlando di me?
E di chi altrimenti?
– Non mi piace.
Non ha importanza.
– Stronzo!
Attenta…
– È una minaccia?
Non amo definirla in questo modo.
– Ah! Sei clemente con te stesso!
Se mi garba, lo sono.
– Ma che gran pezzo di merda! Senti un po’ onnipresente e onnisciente, se esco da qui continuerai a rompermi i cosiddetti?
Non ho ancora deciso.
– Allora, se non dico parolacce da scaricatore di porto, mi lasci uscire da qui senza seguirmi?
Mi stai proponendo un patto?
– Figliodiputtanarompicoglionimaledetto!
Su cara, non ti donano, davvero, non ne esci bene.
Chi avrebbe mai potuto anche solo immaginare di sperare di ricorrere, in esclamazione, a un soggetto mitologico appartenuto FORSE alle più rosee e colorite fantasie gergali?
Ebbene, ora posso. È con infinita gioia e soddisfazione che urlo: PESCE PORCO!
“… Il suo nome deriva da una peculiarità: nell’emergere dall’acqua, solitamente emette un suono molto simile a quello del grugnito di un maiale…”(cit.)
Versione italiana in pdf con le firme (47 pagine) | English version in pdf with all signatures (45 pages)
Questo è un documento di allarme sul periodo Covid-19 e sulla sua gestione. Il presente Comunicato offre infatti la visione professionale di 900 psicologi e psichiatri italiani relativa ai fattori che hanno determinato forti scosse sul versante psicologico e comportamentale a carico della popolazione; è finalizzato a non ripetere gli stessi errori e, soprattutto, a sollecitare una ripresa realmente rispettosa ed attenta alle esigenze esplicite ed implicite delle persone.
Il presente documento era stato scritto a Maggio 2020 e inviato il 23 Giugno dello stesso anno al Governo Conte (Presidenza del Consiglio, Ministro dell’Istruzione, Ministro della Salute, Presidenza della Camera dei Deputati e Presidenza del Senato).
Dopo circa un anno, il nostro documento si è rivelato un’attenta e lucida previsione di quanto avevamo messo in luce, come evidenziato dai fatti e dall’abbondante letteratura scientifica pubblicata successivamente in merito alle questioni anticipate. Per tale ragione reputiamo opportuno, ancorché necessario, riproporlo all’attenzione dell’attuale Governo Draghi.
Il Comunicato è rivolto:
alle autorità, con l’obiettivo di offrire sia una delucidazione sulle dinamiche emerse durante questo periodo, sia delle proposte attuabili a breve termine;
a tutta la popolazione, affinché sia possibile tutti insieme affrontare le criticità, compiere delle scelte e far sentire la propria voce, nel pieno rispetto dei diritti Costituzionali.
Il Comunicato
Introduzione
Il presente Comunicato è frutto di osservazioni, dibattiti, esperienze e studi di psicologi, psicoterapeuti e medici psichiatri preoccupati delle conseguenze negative di alcune misure adottate per affrontare e contrastare la diffusione del COVID-19, che rischiano di non limitarsi al solo periodo attuale.
Il nostro fine, coerente con il nostro lavoro e le nostre ricerche, è quello di promuovere, tutelare e proteggere il benessere psico-fisico individuale e sociale.
Le segnalazioni, le riflessioni e le richieste contenute in questo documento hanno lo scopo di rendere consapevoli i nostri governanti e la popolazione intera degli effetti collaterali e dei pericoli che certe azioni hanno e potranno avere sulla salute mentale e sul benessere della comunità a 360 gradi.
Questo Comunicato, fondato su dati e ragionamenti scientifici, si pone come osservatore della situazione attuale da punto di vista psicologico, e desidera fornire degli strumenti per evitare l’innesco di dinamiche patologiche pericolose per l’individuo e la società intera.
I punti che verranno toccati sono 3:
I danni psicologici conseguenti al lockdown e alla sua gestione
2. I pericoli di una comunicazione contraddittoria e fondata sulla paura
3. Preoccupazione sulle conseguenze di una ripresa non sistemicamente ragionata
In ultimo, verranno avanzate delle proposte e delle richieste.
Questo comunicato è apartitico, dunque non vuole essere oggetto di strumentalizzazione da parte di alcun partito politico.
1. I danni psicologici conseguenti al lockdown e alla sua gestione
La prima sollecitazione a creare il presente Comunicato è rappresentata dalle gravi condizioni psicologiche che la natura e la gestione del lockdown ha comportato nelle diverse fasce della popolazione. Brevemente ed in modo sommario elenchiamo le più evidenti:
Isolamento
I repentini cambiamenti nello stile di vita e nella limitazione della libertà personale, ha decretato l’avvio di una serie di dinamiche ben conosciute dalla letteratura medica e psicologica al riguardo. In particolare l’isolamento è da sempre associato a conseguenze sul piano psichico e somatico che comportano una caduta sulle possibilità di resilienza (fino a disturbi di tipo funzionale) e di corretto funzionamento del sistema immunitario. Siamo esseri viventi con una natura intrinsecamente relazionale, indispensabile per un vivere salubre.
Sintomi depressivi
Molteplici survey ed osservatori clinici, hanno rilevato un aumento dei sintomi depressivi nella popolazione, che variano da un umore depresso difficilmente contenibile alla perdita di motivazione, dal senso di affaticamento fisico e cognitivo a sentimenti di autosvalutazione. Nuovamente, tali sintomatologie hanno una ricaduta sul sistema immunitario, diminuendone la funzionalità ed espongono dunque maggiormente gli individui a varie forme di patologie.
Violenza e aggressività
La limitazione della libertà, la paura e la preoccupazione per il futuro hanno dato l’avvio a risposte disforiche con aumentata propensione al danneggiamento di altri e di se stessi. La violenza domestica è aumentata, così come episodi di aggressione verbale e fisica tra individui familiari o non familiari. La sospettosità paranoide nei confronti degli altri, come “portatori di malattie” e untori, è ormai l’oggetto principale della disgregazione della comunità.
Senso di incoerenza
La percezione di sempre più marcate contraddizioni nelle comunicazioni ufficiali da una parte, e una esplicita forma di censura di altri punti di vista autorevoli, ma non riconosciuti dal mainstream, dall’altra (debunking scientisti, gogne pubbliche, lesioni alla libertà di espressione), è un fattore predittivo dell’alterazione della salute, ben rilevabile dai principi e dai test di salutogenesi.
Controllo individuale e sociale
La progressiva concretizzazione di scenari orwelliani, giustificati da una necessaria urgenza per la protezione della salute fisica, sono proporzionali ad un aggravamento della salute psichica e un impoverimento della cultura. Tale aspetto appare inspiegabilmente come una preoccupazione minoritaria o addirittura non degna di nota. In altre parole emerge in modo sorprendente un’ossessiva attenzione a proteggere l’aspetto quantitativo dell’esistenza umana, a discapito dell’aspetto qualitativo.
Overdose tecnologica
Per quanto la tecnologia possa offrire indubbie comodità in vari ambiti del quotidiano e rivelarsi per qualcuno un’utile soluzione richiesta dalla situazione emergenziale, è pericoloso cavalcare il periodo contingente per un suo potenziamento indiscriminato. L’evoluzione tecnologica non può essere associata all’evoluzione dell’individuo e della società; in diversi casi può compromettere infatti le normali capacità cognitive e la regolazione emotiva. La tendenza attuale è di porre l’uomo al servizio della tecnologia, non viceversa. Non tutto ciò che può essere fatto, deve per forza essere fatto.
Sviluppo e crescita dei minori compromessi
Allarma il drammatico e brutale accantonamento delle pratiche a tutela dello sviluppo dei bambini. Scelte e strutturazioni di percorsi validate nel corso di anni ed anni di ricerca psicopedagogica, vengono dismessi e sostituiti da sconfortanti soluzioni posticce, sotto l’egida di comunicati “scientifici” come quello dell’OMS che suggerisce l’utilità dei videogiochi per far trascorrere il tempo ai più piccoli (la stessa OMS che, negli ultimi vent’anni, ha invitato noi operatori della cura a creare e realizzare progetti per un uso consapevole della rete internet al fine di prevenirne la dipendenza e l’abuso) o da idee di rientro inaccettabili come l’uso di braccialetti elettronici per il distanziamento o, ancora peggio, soluzioni a lungo termine di video-educazione.
2. I pericoli di una comunicazione contraddittoria e fondata sulla paura
Riguardo alla comunicazione ufficiale sui mezzi di maggiore diffusione – come televisione, testate giornalistiche, radio e social network – mettiamo qui in luce gli elementi macroscopici che hanno condotto la popolazione a maturare uno stato di ansia generalizzata e terrore, con le conseguenze – unite alla preoccupazione rispetto al proprio lavoro o alla perdita di esso, e ad altri fattori di disagio – sopra esposte.
Enfasi sui valori assoluti e numeri aumentati sui giornali, senza contestualizzazione e senza dimostrazione della loro veridicità, specie riguardo al numero di contagi e morti attribuibili al virus ma non comprovati come tali.
Medici e virologi hanno comunicato in maniera allarmante e con dati pilota non sempre attendibili, senza alcuna sensibilità sul versante psicologico, e senza precisare il valore ipotetico delle affermazioni, date le incertezze scientifiche in merito.
La comunicazione non è stata sobria né chiara, assumendo spesso connotazioni più simili a quelle di un salotto televisivo o, sul versante opposto, veicolando un’idea di scienza dogmatica e riduzionista, ben lontana dalla complessità degli elementi in gioco.
Il metodo di ricerca scientifico presentato è un decadentescientismo, attraverso il quale viene imposto all’opinione pubblica la mitologica idea di scienza in grado di offrire soluzioni matematiche e risposte a tutto, piuttosto che riconoscerne con onestà intellettuale i reali limiti e le incertezze.
La comunicazione ufficiale non ha responsabilizzato i cittadini ma ha utilizzato come mezzo di controllo comportamentale la paura (contagi, sanzioni, minacce di prolungamento del periodo di emergenza, passaporti sanitari).
I danni si sono evidenziati in modo pandemico e si evidenzieranno ulteriormente a breve e a lungo periodo. L’ansia generalizzata, infatti, produce effetti sul versante psicologico e comportamentale che si sono evoluti in disturbi post traumatici da stress o sintomi depressivi, burn-out, disturbi ossessivo compulsivi, disturbi antisociali, come sopra esposto, unitamente a problemi alimentari, disturbi del sonno, problemi psichiatrici. Tutto questo, sommato alla preoccupazione per il futuro, può sviluppare ulteriori effetti non prevedibili.
3. Preoccupazione sulle conseguenze di una ripresa non sistemicamente ragionata
La natura umana è intrinsecamente relazionale e il nostro cervello si sviluppa solo grazie a relazioni di una certa natura. Le relazioni familiari quanto quelle sociali, per potersi strutturare ed evolvere, hanno bisogno di potersi appoggiare continuativamente ad una presenza fisica e di poter essere vissute con fiducia, e non con sospetto o paura. Ogni surrogato tecnologico in tal senso, sarà sempre deficitario.
Instillare nelle persone, e ancora di più nei bambini, il timore di un “nemico invisibile” di cui il prossimo può essere portatore, equivale ad impoverire od annichilire ogni possibilità di crescita, scambio, arricchimento; equivale in sostanza a cancellare ogni possibilità di vita intensa e felice.
Soluzioni economiche per famiglie e lavoratori disattese o concretizzate in modo non conforme rispetto alle promesse fatte, fomentano i timori, il disagio e l’ansia legata alla propria sopravvivenza, un’ansia attanagliante già drammaticamente presente e pervasiva nella vita di molte persone. Il senso di impotenza in merito aggrava la già precaria situazione psicologica. Il tasso di suicidi rischia di aumentare esponenzialmente, generando problemi alla salute pubblica non certo inferiori a quelle legate a un virus.
Proposte e richieste
Ripristinare una comunicazione realmente democratica e pluralistica, libera e di confronto.
Il disagio psichico indotto dal radicale sovvertimento degli stili di vita delle persone è variegato ed assume contorni psicopatologici diversi, ma sempre accomunati da drammaticità di esordio e gravità clinica.
Il primum movens di tutte le situazioni psicopatologiche manifestatesi è rappresentato dal binomio perdita di speranza/paura: se la comunicazione reitera incessantemente e monocraticamente contenuti terrorizzanti, stigmatizzando punti di non ritorno reali o fantasmatici, in automatico si ingenerano tali vissuti che fungono da trigger per evoluzioni patologiche e psicosociali gravissime.
Il ripristino di una comunicazione realmente pluralistica, dove le voci fuori da quello che appare un coro autorizzato (spesso anche molto differente da quello di cori autorizzati di altri paesi), darebbe la possibilità di poter confrontare differenti ipotesi di realtà, differenti visioni future e differenti sviluppi di vita possibili per fronteggiare scenari profetizzati come apocalittici ed inevitabili.
Allo stato attuale l’espressione di un’opinione non accettata dal mainstream non appare praticabile senza ritorsioni, minacce o pubbliche gogne mediatiche: una voce dissonante viene inevitabilmente bollata come fake news o complottismo, immediatamente aggredita e processata non attraverso seri e più che leciti dibattiti ma con ostracismo radicale a priori dal sistema mediatico, negando ogni forma di dubbio o di pensiero alternativo, a costo della menzogna o della delegittimazione personale. Si tratta propriamente di una devianza comunicativa che sta raggiungendo livelli estremamente pericolosi.
In un sistema democratico e garantito da una Costituzione tra le più belle del mondo, nessuno dovrebbe imporre come e dove attingere le informazioni, trattando di fatto il destinatario come un infante ingenuo e non in grado di intendere e di discernere. La risultante è un’informazione monocolore, che spinge sui pedali dell’uniformità di pensiero attraverso la paura, defraudando di fatto la ricchezza e l’evoluzione della cultura, e atrofizzando la libera ricerca ed espressione di sé.
Rivendichiamo pertanto il diritto di ogni cittadino a poter ascoltare le differenti opinioni in gioco per poterle approfondire, se lo reputa opportuno, nei modi e dalle fonti che reputa più affidabili, per trarre le sue ragionate conclusioni. Rivendichiamo inoltre il suo legittimo diritto a diffondere le sue opinioni con serenità.
2. Promuovere una cultura della salute
Secondo i dati provenienti da più fonti mediche, il decorso della malattia portata dal Covid-19 per la maggior parte delle persone è blando, ovvero presenta sintomi lievi. Le persone decedute, secondo i dati dell’ISS, avevano in essere altre patologie. Le persone sane corrispondono infatti a quell’ampia percentuale di casi che ha contratto il virus ma che ha riscontrato sintomi leggeri o che addirittura non si è accorta di nulla, costruendo presto gli anticorpi necessari.
Ormai è noto in qualsiasi ambito scientifico del settore che condurre uno stile di vita più sano irrobustisce e forgia il sistema immunitario. Mangiare sano, fare movimento, conoscere e gestire lo stress, non fumare né assumere sostanze tossiche, dovrebbe rappresentare un impegno per ognuno di noi, ed i mezzi di comunicazione dovrebbero trasmettere informazioni a tal riguardo senza posa. Appare dunque desolante e dal preoccupante sapore retrogrado osservare il faro dell’attenzione pubblica quasi esclusivamente orientato verso la patogenesi piuttosto che sulla salutogenesi.
L’importanza di uno stile di vita sano che tocchi in modo sistemico i fattori che rendono resiliente l’organismo e rinforzano il sistema immunitario dovrebbe diventare parte di una società pronta ad affrontare le sfide complesse sotto ogni punto di vista, in primis quello della salute. Una comunicazione mediatica in tal senso risolverebbe al contempo diverse criticità:
solleciterebbe le persone a riappropriarsi della responsabilità sulla propria salute, piuttosto che sentirla sotto minaccia dei comportamenti altrui;
aumenterebbe il senso di fiducia e speranza nelle proprie possibilità, piuttosto che delegare ad altri ogni scelta vitale;
diminuirebbe il timore e la vulnerabilità rispetto agli eventi patogeni, riducendo di fatto le conseguenze dell’effetto nocebo;
restituirebbe la dignità all’essere umano fornendo indicazioni di rilievo per il suo benessere;
alleggerirebbe il sistema sanitario nazionale ed i professionisti della cura, oltre a migliorare il clima di rispetto e fiducia tra i cittadini e gli enti medesimi.
3. Evitare l’innesco e la crescita di ulteriori forme di discriminazione
La comunicazione mediatica sul COVID-19 ha alimentato paure esagerate ed irrazionali. Sono state discriminate o attaccate persone senza mascherina che passeggiavano per strade deserte, operatori sanitari, piccoli imprenditori e autonomi disperati che manifestavano pacificamente rispettando le distanze.
Nuovamente, occorrerebbe scoraggiare tali condotte sollecitando la cooperazione costruttiva e diffondendo buone pratiche, case histories ed esempi concreti dove in primo luogo possa emergere il valore della libertà personale e non lesiva, l’aiuto reciproco e la sinergia tra i governanti e la popolazione.
4. Riconoscere pubblicamente gli errori commessi
Fermo restando che nessun vertice politico e medico fosse pronto per un’emergenza del genere, sono stati fatti degli errori. Questo ha generato sfiducia e sconforto a livello di sentiment popolare. L’autorevolezza tuttavia non si ottiene non sbagliando mai, ma ammettendo e facendo ammenda sui propri errori, per ripartire in maniera più consapevole e ragionata.
Alcuni eventi che hanno generato fermento generale – come il caso di un TSO a un ragazzo che esprimeva il suo dissenso pacificamente o la derisione da parte di personaggi pubblici verso le proposte provenienti da specialisti difformi all’opinione ufficiale – sono fatti gravissimi e sotto gli occhi di tutti, ed un’ammissione di errore in tal senso non è solo moralmente corretta, ma è necessaria per il ripristino della credibilità di chi ha permesso tutto questo.
5. Stimolare il confronto tra studiosi e specialisti ufficiali e studiosi e specialisti indipendenti
Ciò che maggiormente è saltato all’occhio è l’enorme divario tra le comunicazioni ufficiali ed unidirezionali enfatizzate nel mainstream, e quella di altri professionisti nelle medesime aree provenienti da fonti indipendenti. Il ruolo dei social network, quando non ha spregevolmente alterato o oscurato taluni contributi, ha ben messo in luce tali discrepanze, fomentando acredine e – nuovamente – sfiducia e paura.
Una visione con maggiore coscienza di realtà la si osserva quando questa tende ad unire e non a dividere, o comunque ad incentivare il dialogo costruttivo di tutte le voci del coro. Questa è forse una delle più grandi sfide alla quale tutti siamo chiamati.
6. Ripristino dei diritti civili
Il diritto civile non riguarda solo la giurisdizione, ma rappresenta a tutti gli effetti un prerequisito indissolubile per il mantenimento dell’equilibrio psichico e comportamentale. Durante il lockdown si sono paventati diversi obblighi ed imposizioni:
quello che mette a rischio la libertà di scelta delle cure e delle soluzioni mediche (primariamente vaccinali) come condizione/minaccia per un ripristino della normalità;
quello di tecnologie potenziate come soluzione alternativa alle solite interazioni sociali;
quello dell’adozione di presidi sanitari per tutti che, oltre a non essere di chiara efficacia per evitare il contagio del virus, di certo non sono privi di rischi sul piano psicologico.
quello dell’isolamento, del controllo (attraverso forze di polizia o strumenti tecnologici) e dell’uniformità di pensiero come già delineati sopra.
Rivendichiamo la necessità di riportare al centro l’idea del cittadino come essere vivente con qualità e necessità fisiche, psichiche e spirituali, innalzandolo dal livello di mero consumatore in cui è decaduto. Rivendichiamo inoltre il suo diritto alla libertà di pensiero, di espressione e di scelta di cura.
Tali libertà sono garantite dalle fondamenta della Costituzione, e non sono solo diritti inalienabili dei cittadini ma rappresentano il necessario terreno per il mantenimento di una salute psico-fisica individuale e sociale.
Conclusione: la centralità della salute mentale come bene irrinunciabile dell’individuo
Nel contesto del drammatico stravolgimento nelle modalità del rapportarsi sociale, affettivo e lavorativo, emerge una marcata superficialità del livello di attenzione che è stato posto – da parte delle autorità e dei vari team di esperti arruolati per l’occasione – sulle drammatiche conseguenze in termini di disagio psichico globale.
Appare incomprensibile a livello logico vedere applicato in modo esasperato il principio di precauzione sanitaria per prevenire i possibili effetti di un virus, e osservare la quasi negazione di tale principio per altri aspetti della salute, come se i danni provocati da un virus fossero più rilevanti di quelli che riguardano l’equilibrio psichico e gli altri aspetti citati nel Comunicato.
Appare bizzarro che nel momento in cui si profetizzano riprese ed accensioni assolutamente non prevedibili sotto il profilo medico ed epidemiologico, non sia stato posto tra i foci attentivi dell’azione un progetto serio e valido per la tutela della salute mentale e per il corretto sviluppo personalogico dei minori.
La realtà è stata stravolta, e dalla clinica emergono già allo stato attuale incrementi drammatici dei principali indicatori psicopatogenetici, come sopra esposto.
Dubitiamo che sia necessario ricorrere alla fenomenologia per comprendere quali eventi critici possano generare dal senso di deprivazione dello spazio, percepito come inaccessibile e irrimediabilmente perduto, e dal senso di deprivazione del tempo, vissuto in un presente fisso e cristallizzato, dove il futuro è esso stesso chiuso da una cortina impenetrabile costituita da angoscia e senso di perdita.
Appare stupefacente appellarsi paternalmente al senso di responsabilità dell’individuo quando lo si spinge di fatto – isolandolo socialmente ed affettivamente, abbandonandolo in molti casi anche economicamente, privandolo della possibilità di sostentare i propri cari e senza visione del futuro – verso gravi scompensi psicopatologici.
Le conseguenze psicocopatologiche (derivabili in maniera precisa e scientifica, non semplicemente prevedibili o profetiche) sono drammatiche, ma per di più si accompagnano ad eventi tragici dal punto di vista socio-familiare: sono qui presenti infatti tutte le principali motivazioni che possono facilmente condurre a eventi drammatici quali suicidi ed omicidi.
Oltre a ciò, le interferenze sullo sviluppo personalogico dei bambini è brutalmente inficiato dall’impossibilità di relazionarsi con i coetanei, di esperire la realtà liberamente, dovendosi in molti casi confrontare con genitori disperati e spaesati e non in grado di supportarli affettivamente, né di spiegare loro lo scorrimento di una realtà che essi stessi non comprendono.
Sarà fondamentale porre nuovamente al centro dell’attenzione un particolare che, in maniera stravagante, sembra sia stato curiosamente omesso: l’essere umano, con i suoi bisogni fondamentali, con la sua forza, ma anche con la sua sofferenza e vulnerabilità. Un tale essere vivente viene evocato quale fantasma ogni qualvolta ci si dimentica di considerarlo essere umano in quanto tale, e non solo pedina economica e politica da manovrare.
Di fatto, allo stato attuale ci sono tutti i presupposti per poter individuare gli elementi in gioco di una forte manipolazione psicologica delle masse da parte di una visione, un pensiero e un approccio alla vita dominante che cerca di imporsi come unico e indiscutibile, di caratteristica indubbiamente settaria.
Noi specialisti della salute psichica, in unione e costante confronto con tutte le figure professionali che lavorano quotidianamente per il benessere delle persone e della società, ci impegneremo a sostenere tutti quei comportamenti virtuosi in grado di favorire il maggior benessere psico-fisico, e ci impegneremo a promuovere la bellezza e la ricchezza del libero pensiero.
È ancora possibile sottoscrivere il Comunicato compilando questo form. Il proprio nominativo e i dati indicati verranno aggiunti alla lista presente sulla pagina “Chi siamo”.Invia un modulo.
PER CHI FOSSE INTERESSATO A CONOSCERE LA RISPOSTA DELLA POLITICA, LASCIO QUESTO LINK, CORREDATO DA UNA GENEROSA LETTERATURA SCIENTIFICA (difficile da trovare di questi tempi) – endorsum
«Sono stanca, voglio dormire.» Disse assecondando le palpebre. E il lenzuolo l’avvolse morbido. «150 anni.» Finì di dire. E il piumino la coprì fino alle labbra. Le porte si sbarrarono, così le finestre; la temperatura variò. Un profumo di lavanda irruppe nell’aria e il mondo si chiuse fuori.
La dimora sprofondò nella terra. Il tetto divenne un parcheggio, di quelli belli, verniciati di fresco, pieno di vita diurna, di incontri notturni, ricco di rollii, chiacchiere e del prezioso disinteresse al luogo.
Quando un’amministrazione locale decise di sostituirlo con un parcheggio sotterraneo, arrivarono dei sacralizzatori di terreno, che lo sacralizzarono. Al posto del parcheggio fu edificata una piccola struttura lignea sotto la quale iniziarono a essere dispensati buoni auspici di varia natura, per modiche cifre.
La struttura presto si trasformò in uno stabile in muratura e al cambio di religione potè sfoggiare un’enorme insegna luminosa gialla visibile da diversi chilometri di distanza. Il culto fu florido e lo stabile conobbe una ricca vita diurna, incontri notturni, scalpiccii, chiacchiere e un prezioso interesse al luogo.
Quando giunse l’abolizione dei culti, lo stabile fu raso al suolo. Al suo posto comparve un cerchio di terra battuta adibito all’insegnamento dell’equitazione. Non durò a lungo, la nuova tipologia di governo dimostrò in poco cupidigia e sul cerchio fu costruito un palazzetto cilindrico.
Quanti rumori concilianti il sonno da quella meraviglia architettonica! Ma fu troppo sensibile all’usura. Esplosioni programmate le fecero vibrare le palpebre. Cambiò il fianco d’appoggio e continuò a dormire.
In sostituzione del palazzetto cilindrico fu innalzata una grande scultura moderna; metalli con memoria cambiavano continuamente lo schema compositivo, per la gioia di tutti. Terminati gli anni dell’abbuffata tecnologica, alla scultura furono assegnati schemi naturalistici e, tra una figura d’aria e una floreale, lei aprì gli occhi. Il tempo era infine passato.
La dimora emerse. Nel trambusto, i metalli confusi cercarono strutture nella terra mossa e poi nei muri. Non potendo più eseguire gli schemi si raccolsero intorno alle parti metalliche della casa e scoprirono, con sorpresa, di potersi aggregare in nuovi schemi-non schemi già attivi. Cambiamento.
Quando lei alzò il busto seduta sul letto, notò gli insoliti spessori per casa e anche qualche libera iniziativa, come le ciabattine in lega leggerissima e un paio di orecchini filiformi appoggiati sul piumino. Sorrise. Sbadigliò e salutò il giorno.
CONTINUA…
Per chi vuole provare la lettura con un accompagnamento musicale, questa è la mia proposta.
Nature and Organisation – Skeletontonguedworld And as she sleeps around her bed The blinding deadbled world spins Black sightless firepierced black universe Empty the fire as she sleeps The sleepy skeletontongued world Massed blast of storms and sand rolls Oh lovely world – come alive for me The longtongued god is not real He drags the chain clasped in his wickerfingered hands This brother is paperthin – form but no substance Neverlived so he is not dead This is man’s fear made trash… …And as you light the incense stick I pray that your fingers may burn
E mentre lei dorme intorno al suo letto Il mondo accecante e stordito gira Universo nero senza vista e pietrificato dal fuoco Vuoto il fuoco mentre lei dorme Il sonnolento mondo dalla lingua di scheletro Un’esplosione massiccia di tempeste e rotoli di sabbia Oh, bel mondo, prendi vita per me Il dio dalla lingua lunga non è reale Trascina la catena stretta nelle sue mani di vimini Questo fratello è di carta sottile – forma ma non sostanza Non ha mai vissuto quindi non è morto Questa è la paura dell’uomo resa spazzatura… …E mentre accendi il bastoncino d’incenso Prego che le tue dita possano bruciare Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
Quel giorno lì cambierà la pagina di apertura e ci sarà un po’ più di ordine per cercare vecchie e nuove cose.
Quel giorno lì ci sarà un raccontino, meglio, l’incipit del Romanzo breve in cerca di immagini.
Quel giorno lì la colonna sonora sarà questa qui.
Si capisce che mi mancate? 🙂
Buon fine agosto a tutti!
Nature and Organisation – Skeletontonguedworld
And as she sleeps around her bed The blinding deadbled world spins Black sightless firepierced black universe Empty the fire as she sleeps The sleepy skeletontongued world Massed blast of storms and sand rolls Oh lovely world – come alive for me The longtongued god is not real He drags the chain clasped in his wickerfingered hands This brother is paperthin – form but no substance Neverlived so he is not dead This is man’s fear made trash……And as you light the incense stick I pray that your fingers may burn
E mentre lei dorme intorno al suo letto Il mondo accecante e stordito gira Universo nero senza vista e pietrificato dal fuoco Vuoto il fuoco mentre lei dorme Il sonnolento mondo dalla lingua di scheletro
Un’esplosione massiccia di tempeste e rotoli di sabbia
Oh, bel mondo, prendi vita per me Il dio dalla lingua lunga non è reale Trascina la catena stretta nelle sue mani di vimini Questo fratello è di carta sottile – forma ma non sostanza Non ha mai vissuto quindi non è morto Questa è la paura dell’uomo resa spazzatura…… E mentre accendi il bastoncino d’incenso
Due filosofi e un sociologo, 9 mesi fa, in una discussione ricca d’informazioni e spunti di riflessione, hanno previsto i rischi di un’estrema e pericolosa polarizzazione dell’opinione pubblica.
Il vaccino che propongono – sul finale – per questa PANDEMIA DEL VIVERE CIVILE è da ascoltare (la metafora pandemica è mia).
Epidemie e Controllo Sociale – dialogo sulle narrazioni tossiche con Andrea Miconi, professore di Sociologia dei Media allo IULM Milano, Piero Consentino e Andrea Colamedici (di Tlon).
Dopo l’ultimo articolo di ilnoire, mi è stato impossibile astenermi. Di seguito il guanto di sfida.
“L’anello di congiunzione tra passato e presente… il rimasuglio di quella stirpe che erano i dinosauri, uccelli che tutt’ora sono le creature (dopo i micro organismi e le zanzare) più resistenti e forti della Terra. Un paio di (innocui) uccelli di scogliera scacciano un orso affamato a colpi di becco… becco con cui spaccano il guscio delle ostriche. Ed ecco il là per un nuovo racconto (potresti scriverlo tu!).”
È così che ilnoire mi ha buttato una provocazione creativa. La raccolgo. (E qui la sua ripubblicazione! Grazie 🙂 )
Buona lettura!
Che quel becco abbia scacciato un orso, è ormai storia (ne porta ancora i segni). Che quello stesso becco abbia aperto l’ostrica, invece, è storia in divenire.
Stremato dopo il lungo viaggio, la vista di cibo pronto su una barca a vela bialbero è un dono, il dono di benvenuto in questo luogo caldo.
E il dono è raccolto in un canestro metallico di facile accesso, quindi lo si ghermisce, lo si porta in alto e dall’alto lo si lascia cadere su una pietra: che s’apra. E poi ancora a picco, sulle valve esposte, a mangiarne.
Così, da resto, il guscio vuoto ha ora la sua storia, rotolando a riva, trovando alla fine un assetto non banale, incastrandosi tra cocci levigati e sassi appena baciati dall’acqua dolce.
«Serrate i ranghi! Serrate i ranghi!» Esclama l’uomo con gli auricolari e fermo sulla battigia. L’ordine è indiscutibile ed è l’unico sensato per evitare il declino. Dall’altro capo della conversazione si odono rumori di una serrata confusa; disordine; mezze frasi. L’incombenza del declino agita l’uomo e gli provoca un reflusso esofageo, ma si piega, raccoglie la conchiglia vuota per ricevere conforto dal toccarne l’interno liscio. Sembra funzionare.
Raddrizza la schiena. Parte un altro ordine. «Che non si dica! Che non si nomini la sconfitta!» Invece eccola che si autoavvera: la perdita. Ma non della partita, che chissà se di quella importa ancora. Ma di lei.
«Lei lei. Mia bella lei. Dove sei? Chi si avvicina alle tue labbra? Chi si riscalda il cuore?» Si domanda a voce bassa l’uomo. (Come se non lo sapesse, con tutti i pedoni perduti in piccoli passi. Ce n’è una lista: quello bellicapelli, quello senzacapelli, quello dallo sguardo sprezzante, quello dallo sguardo intenso…) «Lei lei. Mia bella lei. Cosa fai? Cosa farai? Smetterai di giocare alla cazzo?» Si domanda con voce isterica l’uomo. (Giocatrice non certo scaltra, no, ha solo quel maledetto intuito e quei maledetti pedoni a regina, in una moltiplicazione infinita di mosse a spruzzo. A spruzzo, porcaputtana! Come si fa a giocare in modo così arrangiato e far cadere uno a uno i pezzi migliori?)
«Le sono rimasto sotto io!» Grida una torre. «Ce l’ho! Ce l’ho!» Gli risponde il cavallo impagliato. Silenti gli alfieri, suicidati quando troppo vicini.
«Che manica d’imbecilli! … Regiiiina!» E con moto di stizza lancia in acqua la conchiglia vuota.
La Regina non ama occuparsi del lavoro sporco, soprattutto se per garantire il successo al Re (eh no!) e la malavoglia la prende in un modo così indolente e sfacciato da provocarle l’arresto, a un passo da lei.
«No, no, noooooooo! Perché devo occuparmi di tutto io? Sempre! Pezzi di scacchiera malandati! Pezzi di scacchiera usata! Pezzi di sc-ACCO!» Urla l’uomo.
Una speranza! Finalmente una mossa buona! Ci voleva ingegno-astuzia-conoscenza da giocatore esperto e così non perderà, in ordine: la faccia, la speranza, lei.
Peccato, l’ordine dei 3 elementi è errato.
La conchiglia ritorna al piede, spinta dalla scia di un motoscafo. Lì, da vuoto, gli lambisce un vuoto. Poi rotola in risacca. (Ma questa è un’altra storia.)
IL BLOG CHIUDE PER FERIE. SI RIAPRE A SETTEMBRE. BUONE VACANZE A TUTTI!
Вера Брежнева – Я не святая Ты понимаешь, тут такое дело – В двух словах не скажешь то, что накипелось давно. Ты понимаешь, я сказать хотела – Был то плюс, то минус, а теперь вдруг стало равно. [Переход]: Не потому, что мне так кажется; Не потому, что всё надоело мне – А потому что не хочу каяться И разбираться, кто виноват. Я не могу в пол силы любить тебя И потому мне снова покоя нет. И потому, когда душа мается – Я повторяю эти слова: [Припев]: Я не святая и грехи свои точно знаю, Но ты не хочешь их делить на двоих. Я не святая, иногда мы не совпадаем – Только взять себя в руки, я смогу если в руки твои. Я не святая и грехи свои точно знаю, Но ты не хочешь их делить на двоих. Я не святая, иногда мы не совпадаем – Только взять себя в руки, я смогу если в руки твои. [Куплет 2, Вера Брежнева]: Ты понимаешь, тут такое дело – Просто утомилась, то взлетать, то падать на дно. Ты понимаешь, я сказать хотела: Был то плюс, то минус – а теперь вдруг стало равно. [Переход]: Не потому, что мне так кажется; Не потому, что всё надоело мне – А потому что не хочу каяться И разбираться, кто виноват. Я не могу в пол силы любить тебя И потому мне снова покоя нет. И потому, когда душа мается – Я повторяю эти слова: [Припев]: Я не святая и грехи свои точно знаю, Но ты не хочешь их делить на двоих. Я не святая, иногда мы не совпадаем – Только взять себя в руки, я смогу если в руки твои. Я не святая и грехи свои точно знаю, Но ты не хочешь их делить на двоих. Я не святая, иногда мы не совпадаем – Только взять себя в руки, я смогу если в руки твои. [Инструментал] [Припев]: Я не святая и грехи свои точно знаю, Но ты не хочешь их делить на двоих. Я не святая, иногда мы не совпадаем – Только взять себя в руки, я смогу если в руки твои.
Vera Brezhneva – Non sono una santa Vedi, il fatto è questo. Non puoi dire in due parole quello che si è accumulato per così tanto tempo Sai, stavo per dire. C’era un più o un meno, e ora è tutto uguale. [Transizione]: Non perché ne ho voglia; Non è perché ne ho avuto abbastanza. È perché non voglio pentirmi E non voglio sapere di chi è la colpa. Non posso amarti la metà di quanto dovrei Ecco perché non posso riposare di nuovo. Ed è per questo che quando la mia anima soffre Ripeto queste parole: [Coro]: Non sono una santa e conosco i miei peccati, Ma non vuoi condividerli. Non sono una santa, a volte non corrispondiamo. Posso prendere me stesso nelle mie mani solo se ti tengo nelle mie mani. Non sono una santa e conosco i miei peccati, Ma non vuoi condividerli. Non sono una santa, a volte non siamo uguali Posso prendere me stesso nelle mie mani solo se è nelle tue mani [distico 2]: Sai, il fatto è questo – Sono solo stanco, ora vado su e ora vado giù. Sai, volevo dire: C’era un più, poi un meno – E ora è improvvisamente uguale. [Transizione]: Non perché ne ho voglia; Non è perché sono annoiato È perché non voglio pentirmi E non voglio sapere di chi è la colpa. Non posso amarti la metà di quanto dovrei Ecco perché non posso riposare di nuovo. Ed è per questo che quando la mia anima soffre Ripeto queste parole: [Coro]: Non sono una santa e conosco i miei peccati, Ma non vuoi condividerli. Non sono una santa, a volte non corrispondiamo. Posso prendere me stesso nelle mie mani solo se ti tengo nelle mie mani. Non sono una santa e conosco i miei peccati, Ma non vuoi condividerli. Non sono una santa, a volte non siamo uguali Posso prendere me stesso nelle mie mani solo se è nelle tue mani. [Strumentale] [Coro]: Non sono una santa e conosco i miei peccati con certezza, Ma non vuoi condividerli. Non sono una santa, a volte non corrispondiamo. Posso prendere me stesso nelle mie mani solo se è nelle tue mani Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
SBLOCCO DEI LICENZIAMENTI! SIGNORE E SIGNORI, SI INIZIA…
La vicenda riguarda il licenziamento dei lavoratori di un intero stabilimento (422 ai quali seguiranno i 500 dell’indotto, in tutto un migliaio di famiglie): lo Gkn di Campi Bisenzio (Firenze).
In quest’epoca di dematerializzazione è bastata una sola e-mail e un buon indirizzario: una scelta davvero greeeen!
Qui pubblico la loro lettera e di seguito, per chi volesse approfondire, l’articolo di TVPRATO.it. L’articolo è interessante anche perché rende piuttosto chiara la differenza tra ECONOMIA e FINANZA, così, tanto per capire le conseguenze di chi scommette nel gioco ai dadi.
Quando imbocchi la strada per andare al Mise, imbocchi la strada percorsa da migliaia di altre vertenze. Lungo quella strada si sono persi quasi tutti. Cotti a fuoco lento da una girandola di tavoli e promesse, piegati dai peggiori ricatti, dalla rassegnazione o dalla disperazione economica. Noi non abbiamo la presunzione di essere più bravi, più coraggiosi o semplicemente migliori di chi ci ha preceduto. Siamo fragili. Con le nostre paure e i nostri egoismi. Non c’è nulla da idealizzare in noi. Sappiamo di avere a che fare con dei professionisti della miseria e della divisione dei lavoratori. Noi siamo uguali a tutti coloro che ci hanno preceduto. Ci portiamo dietro tutte le ferite e le sconfitte delle precedenti vertenze. Siamo e siamo stati i minatori sardi, gli operai dell’Alfa Romeo di Arese, di Termini Imerese, siamo gli operai della Bekaert ecc. ecc.
Ma proprio perché li portiamo tutti con noi, perché li sentiamo sulla nostra pelle, noi possiamo provare a essere diversi. Saremo diversi se saremo tutti. Si perde sempre, tranne quella volta che si vince.
Noi siamo in fabbrica. Questa è casa nostra. Da qua non ci muoviamo.
Un’ordinanza, con effetto immediato, che introduce il divieto di avvicinamento al perimetro aziendale dello stabilimento di Gkn per i mezzi pesanti. E’ quanto firmerà nelle prossime ore il sindaco di Campi Bisenzio (Firenze), Emiliano Fossi, che conferma quanto pubblicato oggi da Repubblica. “Voglio dare un segnale amministrativo e politico chiaro che non accettiamo lo smantellamento dello stabilimento da parte della proprietà”, spiega Fossi. “Stiamo vagliando tutte le possibilità per richiamare l’azienda, che si è comportata in modo così vile, alle proprie responsabilità – continua – ma la partita non si gioca sul campo del comune, è una vicenda nazionale, bisogna che si muovano il Mise e la Presidenza del consiglio”. Intanto all’interno della fabbrica, conferma Fossi, va avanti l’assemblea permanente dei lavoratori iniziata venerdì sera dopo l’annuncio di 422 licenziamenti.
“C’è un presidio costante dei dipendenti – spiega Fossi – che stanno portando avanti la loro legittima battaglia in modo dignitoso e corretto. C’è un continuo flusso di cittadini, che portano cibo e bevande ai lavoratori, ma anche dei rappresentanti istituzionali. L’attenzione è forte”.
E in tarda mattinata è giunta la notizia che il governo ha convocato le parti per un confronto. E’ stato convocato per giovedì 15 alle ore 14 al ministero dello Sviluppo un tavolo per affrontare il nodo dei licenziamento dei lavoratori di Gkn. Lo rende noto la sottosegretaria Alessandra Todde che presiede il tavolo che si svolgerà in videoconferenza e prevede la partecipazione del ministero del Lavoro, delle organizzazioni sindacali, dei rappresentanti di Gkn Firenze, Gkn Automotive e Melrose, oltre alla Regione Toscana e agli enti locali.
Giani: “Sospendere la procedura dei licenziamenti, che è immotivata”
L’obiettivo, spiega Eugenio Giani – che da giovedì scorso segue passo passo la vicenda Gkn – è e resta quello di “sospendere la procedura dei licenziamenti, che è immotivata”. Secondo il governatore servono determinazione, vicinanza ai lavoratori e la forza di parlare con Melrose “per indurre atteggiamenti di ragionevolezza” perché il primo passo è affidato alla capacità di tutto il sistema delle istituzioni, del movimento movimento sindacale e della rappresentanza dei lavoratori di “essere costante nel chiedere l’interruzione della procedura”.
Stamani Giani ha ricevuto la comunicazione della viceministra Alessandra Todde sull’invio della convocazione per il tavolo nazionale e infatti, ribadisce il presidente, si tratta di “una questione nazionale perché quanto accaduto a Campi può ripetersi altrove”. In questo caso si parla di Gkn e cioè di componentistica di semiassi per autonomobili che poi vengono assemblati da Fiat Stellantis, ma i proprietari si chiamano ‘fondo Melrose’ con sede in Inghilterra”. Lo stabilimento di Campi d’altra parte “produce, non è in crisi, non è privo di commesse. Negli ultimi tempi sono stati fatti forti investimenti in robotica per la produzione di componenti auto che poi sono assemblati per la produzione Fiat Stellantis”. E qui il presidente mette in campo il secondo punto d’impegno: “Vogliamo che Fiat Stellantis, che è al tavolo nazionale automotive con il Governo per gli aiuti alla transizione del settore, sia consapevole del fatto che uno dei suoi principali produttori di componenti si comporta così”.
“Bisogna trarre la lezione da quanto accade e la legislazione italiana deve adeguarsi – continua il presidente -: oggi non hai più di fronte gli imprenditori che comunque hanno a cuore capacità produttiva e l’immissione di prodotti sul mercato”. La logica che ha portato a dire ‘si chiude’ non è infatti “una logica di produzione ma finanziaria”, come si desume dai “brevi contatti avuti con gli esponenti locali di Gkn, con i quali il ragionamento che viene fatto è quello della riorganizzazione aziendale: questo non può esistere”. Quindi, spiega Giani “Ci attiveremo come Regione per un codice etico e per un obbligo di comunicazione preventiva in caso di rischi di chiusura che, qualora non siano rispettate, dia luogo a sanzioni molto forti. L’obiettivo infatti è dare tempo alle istituzioni per intervenire con proposte e soluzioni già sperimentate in diversi casi, evitando che i lavoratori siano scaricati senza remore”.
Il presidente parla di “cinismo estremo” e di “procedura di estrema arroganza” da parte di Gkn e sottolinea che se c’è un aspetto che letteralmente grida vendetta con il richiamo ‘etico’ che campeggia sullo stesso sito del fondo che, spiega Giani “descrive la propria attività come quella di chi “compra, valorizza, rivende: in questo caso sta facendo esattamente l’opposto. Il lavoro è un elemento determinante nella vita della comunità e non si può pensare che nel 2021, in Italia, si mettano a casa oltre 422 lavoratori e l’indotto con una semplice mail, non preavvertita da alcuna comunicazione alle istituzioni e parti sociali”.
Una doccia fredda insomma, anche perché, come chiarito da Valerio Fabiani, consigliere del presidente Giani per lavoro e crisi aziendali, i rapporti degli ultimi mesi con Gkn erano stati difficili, faticosi e mentre dalla parte della Regione si era “pronti a parlare di nuovo piano industriale e di un protocollo d’intesa per dare una cornice istituzionale, loro sono venuti a dirci che non avevano neanche più bisogno degli ammortizzatori sociali”.
Lettera dei lavoratori della Gianetti di Ceriano Laghetto in solidarietà ai lavoratori della Gkn.
Domanda idiota. Non vedi? Sto per uscire dal portone, con tutte e due le borse colme e la voglia di essere altrove, via, lontano da quella voce allarmata. La macchina mi aspetta, c’è un uomo alla guida (un bell’uomo) e il fragore del traffico tra poco mi avrà a riempirlo. Inutile la presa del polso, il trattenermi impulsivo. Strattono. Sono già con un piede fuori e la luce del giorno colora la scarpa di amaranto acceso. Inutile togliermi la borsa dalle dita e appoggiarla a terra, sono davvero decisa e la riprendo con tutto ciò che contiene, non uno spillo di meno. Anche l’altra scarpa si è tinta alla luce e la mia schiena non è un messaggio sufficiente per capire di che natura siano le intenzioni? Infantile cercar di trattenere le spalle. Le scuoto a liberarmi di mani e pensieri e la portiera si apre e un braccio mi cinge la vita e il mio è un urletto d’esasperazione perché prima o poi si deve mollare, perché una donna che ti lascia indietro ha un motivo e il motivo è la macchina che si accende, la portiera aperta, l’uomo che sorride e… graffio. Sì, graffio la pelle scoperta e l’esclamazione sorpresa e dolente accompagna la mia libertà. Sii coraggioso, non ululare di un graffio, non sprecare parole indecenti e lasciami i capelli, cazzo! Mi volto, ci guardiamo. Lui è affranto, vedermi gli occhi gli crea un dolore e lascia. I capelli. La donna. La mattina di sole. Salgo in macchina.
«40 foulard d’Hermes. Parti!» «Bel colpo.»
Un contributo che ci sta a pennello (grazie Tony Pastel!)
The Smiths – Shoplifters Of The World Unite (Official Music Video) Learn to love me /Assemble the ways /Now, today, tomorrow and always /My only weakness is a list of crime /My only weakness is… well, never mind, never mind Oh, shoplifters of the world /Unite and take over /Shoplifters of the world Hand it over – Hand it over – Hand it over Learn to love me /And assemble the ways /Now, today, tomorrow, and always /My only weakness is a listed crime /But last night the plans of a future war /Was all I saw on Channel Four /Shoplifters of the world /Unite and take over /Shoplifters of the world Hand it over – Hand it over – Hand it over A heartless hand on my shoulder /A push – and it’s over /Alabaster crashes down (Six months is a long time) /Tried living in the real world /Instead of a shell /But before I began… /I was bored before I even began / Shoplifters of the world /Unite and take over Shoplifters of the world /Unite and take over /Shoplifters of the world /Unite and take over /Shoplifters of the world /Take over. “I taccheggiatori del mondo si uniscono” Impara ad amarmi /Riunisci i modi /Ora, oggi, domani e sempre /La mia unica debolezza è una lista di crimini /La mia unica debolezza è… beh, non importa, non importa /Oh, taccheggiatori del mondo /Unitevi e prendete il controllo /Taccheggiatori di tutto il mondo /Consegnatela -Passamela -Passamela Impara ad amarmi /E riunisci i modi /Ora, oggi, domani e sempre /La mia unica debolezza è un crimine elencato /Ma ieri sera i piani di una guerra futura /Era tutto ciò che ho visto su Channel Four /I taccheggiatori del mondo /Unitevi e prendete il controllo Taccheggiatori di tutto il mondo /Consegnatela – Consegnalo – Passamela Una mano senza cuore sulla mia spalla /Una spinta – ed è finita /L’alabastro crolla /(Sei mesi è un tempo lungo) /Ho provato a vivere nel mondo reale /Invece di un guscio Ma prima di iniziare… /Mi annoiavo prima ancora di iniziare /Taccheggiatori del mondo Unitevi e prendete il controllo /Taccheggiatori di tutto il mondo /Unitevi e prendete il controllo /Taccheggiatori di tutto il mondo /Unitevi e prendete il controllo /Taccheggiatori di tutto il mondo /Prendere il controllo. Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
PING PONG è un racconto un po’ furetto. Ovviamente ci sono palline, punti, giocatori e un prima, un dopo. Vado a giocare la mia partita (non esattamente quella qui descritta). Vediamo chi la vince.
Esce dalle labbra a mo’ d’acuto spasmo e rientra in risucchio verso la macina sciocca dei denti. Il collo issa un capo pesante d’ingombri e gli occhi si aprono piano in controllo. Nessuno.
«Alvì-na!»
Dall’ombra si palesa la donna; premura e azione animano un corpo stanco.
«Signora?»
«Le ciabatte.» la e è ancora nell’aria quando il collo cede all’estrema fatica, e molla: planf!
«State bene Signora?»
«Ma sì… ho sete.»
«Quella sete, Signora?»
«Mh.»
Alvina raccoglie l’abito a teli di georgette arancione ed esce dalla camera senza produrre un rumore.
«Ah…» suono troppo evanescente: si riprova «Aaaah»; non basta «AAAAAAAH!!!» bene, ora si ode. Una mano esce furetta allo scoperto, saggia il mento, la mobilità del naso e spiana la fronte di palmo. La gemella la raggiunge e coordinate massaggiano piano le tempie.
«Porca vacca che ciucca!»
Che ciucca? La bocca si apre, i ricordi li organizza così. Dunque: cena da Gianna (discreta); spostamento al cinema per caricare Patrizio (non guida); rientro da lei con Gianna e Patrizio per la partita di ping pong (settimanale). Punto.
Chi ha vinto? Lei, Gianna, Patrizio. Ok. Arriva Lenny (Lenny…). Il gioco non s’interrompe (e perché mai). Lenny arriccia il naso e in sala accende l’impianto hi fi (si distrae). Il gioco non s’interrompe. Lui si impegna preparando dei cocktails (come in uso). Il gioco non s’interrompe. Lenny vede bene di cadere portando da bere (porcazzozza!). Ha il punto.
Il punto a Lenny l’ha dato Onorina al pronto soccorso che, sul finir del turno, si è proposta per il 4° in coppia. Rientro. Lenny, dopo il punto, ha visto bene di non vincere altro e si è accasciato in poltrona col braccio pendulo.
«Lenny! La pallina è finita da te!» lui guarda la piccola e insignificante rompicazzo, abbandona la poltrona per andarle incontro e, con suola decisa, la schiaccia: crack! Al suono si affacciano i quattro con diverse modulazioni d’insulto. Punto a Lenny.
Gliel’ha dato Onorina, dopo che Gianna ha tirato furiosa la clutch gioiello, prendendogli il naso.
E dopo?
Dopo, il nostro imbastisce una lunga lamentela quasi esiziale, con accuse d’insipienza agli amici. Passaggio di mano in mano di un colmo bicchiere di whisky scozzese. Approdato alla salda stretta del tumefatto, la richiesta è, a lingua scoccata al palato, di aver compagnia. Gianna lo punzecchia, Onorina gli controlla il cucito, Patrizio si serve un cognac.
E poi? Non ricorda. Punto.
Si alza dal letto, nuda. Le duole una natica, palpeggia. Si sposta allo specchio a parete e si torce. Segno di denti.
«Merda!»
Doccia, intimo e un sospetto. Apre piano la porta e osserva la scena: sull’enorme divano firmato un intreccio carnoso a quattro corpi sogna, boccheggia, russa. Sorride, si veste in silenzio e piano esce, sorpassa i sopravvissuti agli amplessi e raggiunge la cucina. Alvina le serve il dovuto, le mostra una busta e le consegna il telefonino.
«Hanno chiamato cinque volte, Signora.»
«Grazie.»
Mangia con infinita lentezza e sul finire fuma la sigaretta mattutina. Qualche boccata e la spegne. Ricorda. Sorride. Adesso ha fatto il punto.
«Pensa tu ai ragazzi. Questa notte non torno. Resto in convento con le consorelle.»
– Ciao, ti trovo splendidamente! – Anche tu Mister! – Ci beviamo qualcosa? – Volentieri. – Sai, ti ho pensata di recente. – Strano. – Sì, lo so. Lo è. – Ma sei ancora un collezionista? – Sempre. – Già, “Alla natura non si comanda” dicevi. – Qualche volta dispiace. – Ma non direi, troppo impegnato nella ricerca di quella successiva, no? – Sì, ah ah ah, è così in effetti. – Quindi non capisco. – È che tu sei… – Sono? – Tu sei… così schietta. – No, ho sempre usato guanti di velluto con te. Sarà stata un’altra. – Ah. Ok. Allora: tu sei sempre stata così… comprensiva. – Ti ho lasciato una cicatrice (a forza di reprimere, eh!). – Ah. Sì, ma quale cicatrice? – Quella lì, tra indice e medio. – Giusto. È che tu sei stata talmente difficile da soddisfare… – No, guarda, quello non è mai stato un problema tra noi. – Mh. Sei intrattabile. – Neanche. – Sadica. – Riprova. – Impegnata. – Ce la puoi fare. – Snodata. – L’ho conosciuta la tua snodata. – Ecco, bene, cioè male, ma sì, bene dai. – E quindi? – Tu sei così… – Cosa ci fai qui Mister? – Non ricordo cosa sei stata, mi manca il tassello. – Quando sono troppe sono troppe, o la stronzaggine, o l’età: scegli.
Abito da sposa ottenuto riciclando 6.512 tappi di bottiglie di plastica e 13.880 etichette – di Michelle Brand (immagine da qui).
Le perle sono quelle cose che rimangono tra i denti quando mangi un’ostrica. Mai successo? Nemmeno a me, ma facciamo finta, l’immagine è così poetica e terrorizzante insieme che sarebbe un peccato cambiarla. Le perle sono spezzoni di conversazioni raccolte qui e là.
– Ha detto che vuole un diamante. – Perché? – Perché è per sempre. – Allora va bene anche la plastica.
Due giovani uomini con indosso la maglietta dall’inconfondibile scritta “Lello stüpid!”, seguiti da altri 4 giovani uomini con indosso un’identica maglietta, tutti in fase addiocelibale. Località turistica iseana. Domenica 13 giugno, ore 17:30.
Sui blog capita, si litiga. Il mezzo aiuta. Una battuta infelice, un puntiglio, l’incomprensione, una fulminea comprensione, la mancanza del tono di voce, la diversità dei caratteri, la superficialità e via d’elenco.
I modi di litigare sono molti e fantasiosi, dovendo usare solo le parole. Fatto sta che le relazioni sono relazioni ovunque.
Non entro nel merito dei conflitti in corso, gli scazzi secondo me riguardano i protagonisti, con torti e ragioni, ragioni e torti.
Spiace vedere le persone restarci male. Spiace vedere energia male investita. Credo però che le litigate servano, segnano le differenze (e non è certo un male); sull’onda delle emozioni fanno fermare a pensare e pensare non è mai sbagliato. È sbagliato non farlo.
Mettere in posa: per fotografare qualcuno/qualcosa in un determinato momento; posizionare in un luogo ad hoc, allogare. Qualunque sia il significato scelto, mi auguro che aiuti, con una visuale a distanza, a comprendere il meglio per sé.
Pace e pene (nel senso del sostantivo maschile singolare; è un felice augurio di prolungato funzionamento).
Di contorno abbiamo le verdure in tazza (cotte o crude).
Questo è quanto.
No, niente pastasciutta. Il menù è deciso dal cuoco giorno per giorno: “procedo per suggestioni”, dice. Ieri sera, prima di andare a dormire, gli sono piaciute le doppie in zeta. Ogni suo desiderio è un ordine. No, non ciò che desidera Lei, ciò che desidera lui.
Sì, qui funziona così. Cosa vuole che le dica, ogni giorno ha un capriccio nuovo e qualcuno ci ha fatto passare dei guai, guai seri, intendo. Io annoto sempre, abituato a prendere le comande, annoto tutto, su questo blocchetto, vede?
No, non posso sedermi al tavolo, sono in servizio.
Ah, è interessato a ciò che ho scritto, sì, e cosa ordina nel frattempo? Razza all’acqua pazza e tazza di zucchine. Da bere? Davvero vuole gazzosa? 1 bicchiere di gaz-zo-sa. Sì, mi dica.
Guardi, secondo il mio modesto parere dovrebbe chiedere prima al cuoco, è roba sua, io sono solo un testimone. Ma, mi scusi, Lei di cosa si occupa? Ah, scrittore.
Non è un titolo complottista, un affronto No-Vax all’attuale gestione politico-sanitaria della recente pandemia da SARS-CoV-2. È un’esigenza legittima di ogni cittadino italiano e del mondo, e suo è il diritto di avere informazioni chiare e veritiere, risposte univoche ed esaurienti, per non subire soltanto la pressione di dover sottostare a una serie di direttive e imposizioni di utilità estremamente dubbia.
Ciascuno di noi, in questi giorni, è chiamato a “scegliere” se vaccinarsi e, in caso affermativo, a prenotare la sua dose di siero, con scarsa possibilità di esprimere una preferenza, per poi recarsi presso gli hub e ricevere la tanto agognata iniezione: piccolo grande passo verso la riconquista della libertà.
Bellissimo, emozionante, a tratti commovente, se non fosse per il fatto che in pochissimi sono pienamente consapevoli di ciò che il siero contiene davvero. Invece ogni cittadino che si reca a farsi vaccinare dovrebbe farlo con vera consapevolezza, per libera scelta, affinché il suo sia davvero un gesto responsabile ed una decisione informata. E solo la conoscenza dà la vera libertà.
Cos’è un vaccino? Ne abbiamo fatti tanti, tutti, da infanti, e anche più in là con l’età, magari per evitare l’influenza stagionale o per poter viaggiare in zone particolari del mondo. Ogni vaccino introduce nel nostro corpo qualcosa che stimola il nostro sistema immunitario, tale che poi esso possa riconoscere uno specifico agente patogeno (batterio, virus) e annientarlo prima che possa riprodursi e scatenare un’infezione sistemica nel nostro corpo. Uno strumento prezioso, un patrimonio della salute mondiale.
A partire dal XIX secolo, con la rivoluzionaria scoperta di Jenner sul vaiolo bovino, che poteva essere utilizzato sull’uomo come “vaccino”, appunto, contro il molto più pericoloso vaiolo umano, enormi progressi sono stati fatti sullo sviluppo di sieri vaccinali sempre più efficaci e sicuri, passando dagli organismi patogeni attenuati o inattivati, alle tossine prodotte dall’agente infettante, alle proteine del capside virale, i cosiddetti antigeni, purificati o riprodotti per via ricombinante in laboratorio. Cioè materiale inattivato, proteico o polisaccaridico, adiuvato da opportune sostanze per stimolare maggiormente il sistema immunitario umano e assicurare una protezione efficace e duratura in caso di esposizione al vero agente patogeno, vivo e riproduttivo.
Ciascuno dei vaccini sviluppati e somministrati all’uomo fino ai giorni nostri ha avuto alle spalle decenni di sperimentazione, fino ai più recenti vaccini anti-HBV (epatite B) e anti-HPV (papillomavirus), cosiddetti vaccini a proteine ricombinanti o purificate. Tutto questo ci ha assicurato l’efficacia dei sieri, e soprattutto la loro sicurezza, sia breve, sia a lungo termine.
Ciò che fino ad ora non è stato mai utilizzato in un vaccino è materiale genico, i cosiddetti RNA (nello specifico mRNA) e DNA. La recente pandemia da SARS-CoV-2 ha rappresentato l’inizio dell’utilizzo dei cosiddetti “vaccini genici”, ossia vaccini che invece di mettere l’organismo umano a contatto con l’antigene immunizzante, lo fanno produrre direttamente in cellula iniettando al loro interno materiale genetico in gergo tecnico “codificante per l’antigene”. In parole povere, la ormai famosissima proteina spike del coronavirus, che fa produrre i nostri anticorpi, non viene introdotta col siero vaccinale, ma si forzano le cellule a sintetizzarla artificialmente. E a questo scopo viene introdotto a vario titolo materiale genetico estraneo (mRNA in nanoparticelle lipidiche, o DNA plasmidico in vettore virale) all’interno delle nostre cellule.
Ciò che potrebbe sembrare e rappresentare un enorme progresso della scienza, come tanti ce ne sono stati per fortuna nel corso della storia, e declamato oggi come tale da una vasta platea di medici e politici di tutto il mondo, in realtà per le modalità e la rapidità con cui è arrivato dai banconi di laboratorio alla produzione e all’approvazione per l’utilizzo sugli individui, dovrebbe invece destare forti preoccupazioni. Se ne possono citare solo alcune, tutte adeguatamente documentabili: pochi mesi di sperimentazione a confronto dei decenni necessari; mancanza di linee guida specifiche ed esaustive da parte di FDA ed EMA per poter assicurare l’adeguatezza dei vaccini proposti, poiché le tecnologie coinvolte non sono mai state utilizzate prima; protocolli per la valutazione dell’efficacia spesso non codificati e non comparabili tra di essi; mancanza assoluta di dati sugli effetti collaterali a lungo termine.
Pur volendo credere a quanto asserito da chi ha progettato tali vaccini genici, ossia che questi mRNA e DNA introdotti in cellula umana siano opportunamente ingegnerizzati da non andare ad integrarsi con il materiale genetico proprio dell’organismo (nonostante manchino dati sperimentali esaurienti), è indiscutibile che non si abbia nessuna evidenza esaustiva di quale sia la risposta immunitaria dell’organismo umano all’introduzione di tale materiale genico estraneo. Studi scientifici di diversi anni fa, mettevano in guardia, ad esempio, sulla possibilità di far sviluppare anticorpi anti-RNA o anti-DNA, o di andare ad interferire con la normale risposta immunitaria incrementando la produzione di interferone, con il pericolo di sviluppare malattie autoimmuni. Nessun dato sulla carcinogenesi, sugli effetti sulla fertilità e la riproduzione sono attualmente disponibili, e ogni cittadino che si vaccina ne solleva dalla responsabilità il produttore firmando il consenso informato.
La rapidità con cui questi prodotti genici sono stati approvati è allarmante, e non giustificabile dall’emergenza pandemica in atto.
In questo panorama, è inquietante immaginare la somministrazione di tali vaccini genici a bambini, adolescenti, addirittura neonati. Organismi in fase di crescita e sviluppo per i quali ogni risposta dell’organismo è rapida ed amplificata, in cui il sistema immunitario va formandosi, ed ogni processo differente da quello fisiologico avrà presumibilmente effetti sull’organismo per tutta la vita. L’idea di vaccinare tutta la popolazione pediatrica sana, oltretutto fascia di età non soggetta agli effetti gravi del Covid, con prodotti dei quali non si conoscono gli effetti a lungo termine sulla crescita e lo sviluppo, è al di fuori di qualsiasi logica e rigore scientifico, ogni morale e ogni buonsenso.
La mortalità da SARS-CoV-2 non è tra le più alte riscontrate per altre patologie infettive, bassissima se non quasi azzerata in neonati, bambini e adolescenti, come si evince dai dati ufficiali INED (National Institute for Demographic studies) aggiornato al 23/5/2021, e dunque non si riesce a capire quale possa essere il beneficio derivante da una vaccinazione non esente da rischi, ed è bene ricordare come il medico debba tenere sempre a mente il principio cardine del “primum non nocere”.
Interessante notare come in Corea non vi siano state vittime sotto i 20 anni, a differenza di quanto accaduto nel mondo occidentale.
“Questi sono vaccini sperimentali, non è concessa licenza per alcuna indicazione.” È la precisazione della FDA stessa nel momento del loro autorizzo in via emergenziale.
Sarebbe stato forse preferibile investire su cure più adeguate e su sieri vaccinali basati su tecnologie magari meno innovative ma testate e affidabili. Strada che è stata invece bruscamente ostacolata, in duplice modalità: più vaccini e meno cure, più vaccini genici e meno vaccini tradizionali.
Perché il compito dei bioreattori, apparati di laboratorio che rappresentano il passo industriale aggiuntivo richiesto nella produzione di un vaccino proteico invece che genico, sarà svolto dalle nostre cellule. A che prezzo per noi, lo scopriremo.
Questo però, è un prezzo che non possiamo far pagare ai bambini. Non vi è traccia di ragionamento logico che giustifichi la sperimentazione su di loro, come fatto notare con una lettera aperta ai governi ed enti regolatori da un nutrito gruppo di medici inglesi (Open Letter from UK doctors: Safety and Ethical Concerns Surrounding COVID-19 Vaccinationin Children to Dr June Raine, Chief Executive, MHRA). America’s Frontline Doctors ha avviato una azione legale contro il “Secretary of the U.S. Department of Health and Human Services”, e contro lo “U.S. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES” per la vaccinazione sui bambini.
A casa nostra, alcuni colleghi hanno fatto partire una petizione su change.org per tentare di bloccare l’accesso dei bambini alla sperimentazione in atto. Cliccate qui per partecipare, se il contenuto di questo articolo vi sembra logico e sensato.
Prof. G. Frajese
N.B. Il contenuto del presente articolo rappresenta una mia personale riflessione, e non rappresenta in alcun modo l’opinione della Università presso cui presto servizio (Università di Roma “Foro Italico”), né l’OMA/WFO (Organizzazione Mondiale degli Agricoltori) di cui coordino il comitato scientifico.
– Eccola! – Eccolo! – Mi sei mancata. – Tu per niente. – Ah ah ah! Caustica! – Ogni tanto. – Ma proprio con me? Che ti ho fatto di male? – Ho l’elenco. – Qui? – Certo! – Anch’io! – Davvero? – Sicuro! – Ok, quanti punti hai segnato? – 10, come al solito. Tu? – 95. – Minchia! Ma davvero? – Guarda! Non scherzo. – Ma, no, dai, non è possibile, sono troppi. – L’idea è stata tua, vorrei ricordare. – Sì, mi picciono queste cose, le liste, sono un fanatico delle liste. – Lo so bene, è il punto numero 29! – Ma dai, cosa ti hanno mai fatto le mie liste, a parte, lo ammetto, buttarti addosso un po’ di ansia? – Un po’ di ansia? Ti fossi limitato a compilarle per te non sarebbero state un problema. – Ma sì, lo sai, mi piace programmare, avere tutti sotto controllo. – Sì, è il punto 7. – Hai proprio messo tutto? – Basta preliminari: scambiamocele. – Noooooo! Non la voglio leggere! – C’è! È la numero 12!