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La vergogna

Afrodite (da qui)
Ecco una nuova emozione regalatami da ALESSANDRO GIANESINI (Ale dove seiiiii?). Non aggiungo altro, questo racconto è da bere ghiacciato, per sentire il brivido di pudore.
Buona lettura!
(GRAZIE ALE!)

Perché tutti mi fissano? Ho qualcosa che non va col vestito? È sporco?

Osservo le maniche e la gonna del tailleur gessato: sembra tutto in ordine, nemmeno una grinza. Allora perché mi sento tutti i loro occhi addosso? Ci dev’essere qualcosa che non va, ne sono sicura, ma cosa?

Ecco: ce n’è uno che ride sotto i baffi, lo vedo e quando i nostri occhi si incrociano lui smette e finge di sistemare un foglio.

Sarò diventata di tutti i colori, ci scommetto. Che abbia sbagliato a truccarmi? Eppure… No, no. È tutto a posto, mi sono data un’ultima controllatina prima di scendere dall’auto.

Continuano a fissarmi, mentre mi siedo. I loro occhi mi spogliano e io non riesco a sollevare la testa. Le gambe tremano. Continuo a muoverle, a farle oscillare con le mani che tengono giù l’orlo, tirandolo fin quasi alle ginocchia. Se continuo così me la strappo questa gonna e allora sì che ci sarà da divertirsi.

Ma già lo fanno. Un risolino, un altro. Eccone un altro che sogghigna, vicino alla finestra.

Deglutisco e li fisso, seduti davanti a me, ma loro sono impassibili e mi scrutano con ostinata voracità. Ma che vi ho fatto per meritarmi tutto ciò? Nemmeno fossi un carnefice che viene messo alla gogna davanti al popolo che ha terrorizzato fino al giorno prima. Sento che le lacrime sono a un passo dallo scorrere giù dagli occhi e sì, a quel punto il trucco andrebbe a farsi benedire e sarei ridicola.

Le mani tremano e lascio il segno del sudore dei palmi sulle cosce.

Perché tutte le volte è così? Non mi piacciono quegli sguardi che frugano nella mia intimità, come se fossi alla loro mercé, senza niente addosso, con anima e corpo esposti al pubblico ludibrio: sono una persona, abbiate rispetto di me e del mio pudore!

Prendo un profondo respiro e sollevo appena gli occhi. Il brusio cresce e io mi schiarisco la voce.

Il silenzio è pure peggio, ora ho la loro attenzione, ma i loro sguardi sono taglienti e sento addosso le ferite che mi infliggono.

Faccio scorrere lo sguardo su di loro, ma levo pian piano le mani dalla gonna e le allungo, prendendo tra le dita quella copertina azzurra, consunta e sdrucita agli angoli: ne sfoglio alcune pagine e poi torno all’inizio.

Una risata, qualche altra parola bisbigliata e un “iniziamo?” mi sferzano le orecchie.

Sento le guance in fiamme.

«Ra… ragazzi, ora si… silenzio. Fa… fa… facciamo l’a… l’a… l’a… l’appello.»

122 risposte su “La vergogna”

Comunque, leggendo anche il tuo intervento successivo, secondo me non hai consierato l’insieme dei racconti, che non volevano (ipotizzo) raccontare un singolo fatto, in che realtà sono immersi, o altro, ma semplicemente rendere lampante un’emozione da parte da chi la prova.

Poi magari sto dicendo una scemata, eh. Prova a vederla in quest’ottica, assieme agli altri racconti che ha pubblicato endorsum.
Poi mi dirai se posso averci azzeccato o meno… 🙂

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Ma, che dire? I racconti di endorsum hanno un’ apertura narrativa notevole. Non solo, ma c’è anche un linguaggio che spinge a riflettere, è davvero stimolante, e sai bene quanto sia importante…soprattutto se pretendi di fare, non dico letteratura, ma almeno composizione (i temini, per capirci), ma in ciò che ho letto non trovo un granché, magari se avesse aggiunto (appunto per la questione delle emozioni, che sono proprio il primo livello letterario) qualcosa di più introspettivo…Boh, magari sono io che ho riferimenti culturali diversi o non sincronici con l’autore di quel pezzo. O dico sciocchezze. Ciao

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Non ci siamo proprio capiti: da quanto ho inteso io, l’autore ha fatto tutta una serie di racconti per far passare il proprio concetto di una tal emozione, in questo caso la vergogna. Poi, che sia passato o meno, dipende da persona a persona e da raccontino a raccontino.

In quell’ottica dicevo di fare una lettura più ampia, senza limitarsi al singolo brano.
Poi, chiaramente, alcuni possono piacere, altri no. O anche nessuno, ci mancherebbe altro.

Comunque, ribadisco, credo di aver capito che endorsum è in contatto con l’autore, quindi lui potrebbe rispondere alle tue domande… e magari darci modo di comprendere meglio se sto/stiamo dicendo, passami il francesismo, minchiate! 😜

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I racconti sulle emozioni sono stati un regalo risalente ai tempi della collaborazione sul suo blog. Nati per provare a indagare altri generi e voci, sono riusciti nel compito, segnando il suo passaggio verso altri registri e un approccio più espressivo. Li sto pubblicando con lentezza per mantenere vivo il ricordo di Ale fino a quando si sarà rotto di stare in altre faccende affaccendato e potrà in autonomia farsi ricordare essendoci 😉

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Chiedo scusa, soprattutto a endorsum (lei sa, come le ho confidato, che credo non sia educato fare polemiche sui blog degli altri, ma…a volte, come si dice: quando ci vuole…), chiedo scusa, ripeto, per il mio irriverente intervento sul raccontino da educande di Alessandro Gianesini. Che cazzo voleva dire? Pudore? Stupore? Sensualità? Inutilità?
Ma che voleva dire? Eh, se ti capita come personaggio una strafiga con un tailleur gessato…e non gli riesce di scrivere tipo: alla fine lei era stanca, quella mattina…eh, non riusciva di agganciare l’ultimo (sottointeso gancio: ah, usava il reggicalze, che scandalo nel 2020, pure fuori moda, e la ‘moda’ è tutto, sticazzi!!!) alle calze e partire per andare al lavoro. Quindi: che c’è da raccontare se non un racconto, in qualche modo, erotico, come qualcuno ha detto, altrimenti quel che scrive l’Alessandro dottor Gianesini è una sciocchezzuola, direbbe John Fante.
Quindi dove stanno il pudore? (“…quella cosa che costruisce l’individuo e rende possibile la vita in comune” Monique Selz). Dove l’erotismo? ( “la ricerca del piacere fin dentro al morte” Georges Bataille)…
Che racconto è? Non dice niente. La signora in questione era al suo primo tailleur gessato? Al suo primo privé? Ah, aveva letto la sera prima Balzac? Mah…

"Mi piace"

Con una prima persona singolare ci sta, il personaggio dice quel che vuole (e fa il pudico, l’insicuro, il riottoso… insegnanti con il panico della classe ne ho incontrate) Con il narratore in gioco, be’, certo cambierebbero angolazione, prospettiva, movimento degli elementi in campo. 😊

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sì, c’è chi ci ha fatto anni di analisi, risolvendo poi solo con la pensione. Spesso (non sempre ovviamente, dipende dall’intelligenza della persona) coincide con un’eccessiva rigidità di giudizio al fine di ottenere rispetto. 🙂

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carinissimo questo racconto, mi ha divertita. A me è capitata più volte di sentire quella sensazione .. una volta mi era rimasto un collant (dimenticato dal giorno prima)che mi scendeva da un pantalone.. un’altra volta mi ero abbottonata male il golf ed era tutto sbilenco.. un’altra volta in sala insegnanti mi ero messa una giacca di una collega e mi stava larghissima (mi sembrava la mia..). Ho la distrazione tipica dei matematici, non ti dico che risate 🙂

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diciamo che li rendono un po’ “imbranati” ..io potrei scrivere un’enciclopedia sulle mie distrazioni. I ragazzi ormai mi conoscevano e un po’ ridevano e un po’ mi aiutavano :-).. (encomiabile la loro complicità quando qualcuno mi sussurrava: “prof..ha il giacchetto abbottonato male” …ahahahah)

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ho sempre avuto un ottimo rapporto con i miei studenti. Un rapporto basato sul rispetto al di là di tutto..sulla lealtà.. sulla condivisione..e sull’importanza della loro formazione che li ha portati a diventare cittadini consapevoli (quasi tutti). Pensa che su facebook, ho circa 2500 “amici” e la maggior parte di loro sono ex alunni 🙂 Mi piace rimanerci in contatto. Qualcuno dei primi alunni ora sono nonni

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